Ho giocato quattro partite in tre anni a Mage Knight ma non mi ha mai colpito. Estremamente inelegante, troppe regolette, in tanti turni è un esercizio di matematica con le opzioni date dalle carte. So di essere in minoranza, ma per me Mage Knight è un no: non un no tombale chiaramente, semplicemente lo trovo sopravvalutato
Mage Knight è un gioco che incute reverenza. Non è necessario informarsi sul suo peculiare sistema di gioco, basta imbattersi nella sua pomposa Ultimate Edition, al momento l’unica in stampa, talmente voluminosa che l’occhio deve girare parecchio prima di individuare l’etichetta col prezzo e rendersi conto che è dimensionato proporzionalmente alla scatola.
Ma quanti sono oggi gli ignari che si appropinquano all’acquisto di un tale catafalco di scatolone, senza aver prima ricevuto notizia della sua fama? Pressoché nessuno. L’antologia internettiana propone innumerevoli pareri, recensioni, suggerimenti che tentano di guidare il potenziale acquirente verso una scelta ragionata (sempre che le scelte sugli acquisti dei giochi siano mai state ragionate, ma questo è un altro discorso).
Eppure tale mole di informazioni spesso fallisce nel formare un’immagine realistica di ciò che si avrà in mano una volta acquisito lo scatolone. Non è un problema delle recensioni, piuttosto dell’opera alchemica che quel genio di Vlaada Chvatil è riuscito a partorire. A questo punto, forse, il miglior modo per capire Mage Knight è seguire l’autore nella sua opera di costruzione del gioco, all’interno del quale impersoneremo dei potenti Maghi Cavalieri mandati alla conquista di un mondo tipicamente fantasy.
Vlaada, il miglior barista della Repubblica Ceca
È a questo punto che entra in atto l’abilità del barman. Vlaada su questo distillato ci lavora, mescolandolo con altri spiriti, aggiungendo sapori e profumi e creando infine un cocktail complesso, strutturato, affascinante, che permette al giocatore di assaporare gusti diversi a ogni sorso. Il meccanismo doppio di decostruzione e ricostruzione è la chiave che permette di costruire un sistema di gioco non solo accessibile, ma anche godibile, che abbracci ogni sfaccettatura di un’avventura complessa come quella di un eroe fantasy, senza però derogare all’alea ogni circostanza in cui il gioco vuole testare l’abilità dell’eroe. Questa struttura sta alla base della dualità german/american con cui spesso si descrive il titolo e che va intesa come l’unione di un fondamento di regole tipico di un eurogame all’interno di circostanze di gioco americane. Potendo suddividere il gioco in due parti nette, si può dire che il giocatore fa agire il personaggio attraverso sistemi german all’interno di un ambiente di gioco american.
Einen Magier-Ritter zu züchten ist eine deutsche Sache
Soppesare le opportunità fornite dalla propria mano rispetto alla struttura della mappa e agli obiettivi finali della partita è il cuore tattico del gioco: giocare in maniera efficace cercando di spremere il massimo da ogni singola carta è fondamentale per mantenere il ritmo in partita.
La parte strategica si esplica soprattutto nella crescita del personaggio, che procede attraverso aggiunte piccole, ma determinanti; avanzando con l’esperienza si potrà dotare il personaggio di poteri attraverso un mazzo personalizzato (e responsabile in larga parte dell’asimmetria del gioco), aggiungere nuove carte tra azioni speciali, incantesimi e artefatti, e infine reclutare alleati che, irretiti dalla nostra fama, ci supporteranno nel prosieguo dell’avventura. Azioni speciali, incantesimi e alleati sono scelti da un pool noto all’inizio di ogni round, e quindi è possibile ragionare strategicamente su quali di queste carte siano più utili per la propria crescita in modo da impostare il gioco di conseguenza. Artefatti e poteri personali sono invece scelti tra due carte pescate dal mazzo apposito. Questo può sembrare, soprattutto nel caso dei poteri, un modo fortunoso per gestire la crescita di un personaggio; invece è perfettamente congeniale al gioco, tanto da meritare un articolo a parte.
Il modo per ottenere tutti questi gingilli è in effetti l’unico collo di bottiglia di un gioco che concede tantissime libertà: l’esperienza, chiamata precisamente “Fama”, aumenta pressoché solo combattendo. Pertanto le scelte su quando e contro chi combattere, anche a seconda della mano di carte, sono cruciali per garantire al personaggio una crescita costante.
Anche il combattimento è prettamente deterministico: senza entrare nel dettaglio del sistema, si farà una prima fase per bloccare gli attacchi nemici, si prenderanno ferite per gli attacchi non parati, e infine si colpiranno i mostri avversari. La gestione delle ferite è un’altra chicca del gioco: se restano in mano limitano la pesca di altre carte e se non eliminate entro fine round ritornano nel mazzo fiaccando in maniera molto realistica il nostro personaggio.
Our world grows in stars and stripes
Come già accennato, l’ambiente in cui il cavaliere mago tedesco si muove è di matrice american. La generazione della mappa è casuale, e da questo consegue che, a seconda del caso, la geografia potrebbe rendere le missioni un inferno. Ma soprattutto è american l’epopea che si crea lungo la partita. La progressione del personaggio è palese, molto più di quello che il giocatore possa immaginare dalle sporadiche aggiunte a mazzo e poteri; a fine partita è quasi sorprendente vedere come si riesca a sconfiggere un esercito di draghi e chissà quali altre mostruosità mentre solo un paio di ore prima si doveva temere anche l’orco sfigato in agguato dietro al cespuglio. La variabilità del mondo contribuisce a dare una trama unica a ogni partita: ci sarà così il Mage Knight stregone che devasta le città nemiche a suon di incantesimi, il leader che è riuscito a radunare un enorme esercito per abbattere i nemici, o il temibile campione che da solo abbatte schiere di avversari neanche fosse Obelix in mezzo ai romani. Tutto ciò purché si riesca a domare il deterministico sistema di gioco che fa da ossatura alla gestione del personaggio. È importante tenere presente che sebbene il gioco sia ibrido può essere giocato come un german ignorando la drammaticità dell’avventura, ma non può essere giocato come un american tralasciando la parte di gestione e crescita del personaggio. Questo deve essere un fortissimo campanello di avvertimento per quei giocatori che cercano avventure senza troppo impegno cerebrale: girate altrove, qui da pensare c’è tantissimo.
Infine cito il mana, l’energia magica, ottenibile principalmente da un pool di dadi più alcune carte, e necessario per attivare gli incantesimi e gli effetti più potenti delle carte azione. La natura fortemente aleatoria e il ricambio frequente di essi introduce un’ulteriore variabile casuale che esalta l’opportunismo dei giocatori capaci di capire quando è il momento migliore per sfruttare una certa fonte di energia magica.
Tutto molto bello, ma come si vince?
Mage Knight non è un gioco, ma un sistema di gioco in cui uno o più personaggi si rinforzano prima in preparazione di una o più sfide finali. Non esiste di fatto un’unica condizione di vittoria, ma una serie di scenari che i giocatori possono scegliere di affrontare. Ce ne sono di solitari, cooperativi, competitivi e molto competitivi (la differenza tra gli ultimi due è se i giocatori devono raggiungere un obiettivo meglio degli avversari, oppure menarsi direttamente tra di essi). Premetto che il gioco multiplayer non l’ho mai provato, ma sospetto che le impressioni lette in giro di downtime molto considerevoli siano corrette. Nel gioco è normale provare i turni e disfarli più volte e se questo a inizio partita può essere tollerabile, verso la fine con i combattimenti che diventano più complessi può diventare davvero pesante per chi aspetta. Sulla carta il gioco regge fino a 4 giocatori (5 con le espansioni), personalmente non avrei il coraggio di provarlo in più di tre. D’altra parte, la modalità solitaria scorre con una naturalezza sorprendente. Anzi, godere appieno dell’avventura che si crea potendo gestirsi in autonomia tempi e pause è un grande punto a favore.
Non hanno fatto un incantesimo per i materiali, però
Ma io mi accontento di farne un paio
Allora cambia gioco. Mage Knight non è semplice né elegante. Neanche abnormemente complicato per la verità, c’è molto di peggio in circolazione. Sicuramente, non è un gioco godibile entro le prime cinque partite a causa della difficoltà a tenere a mente tutti i concetti e della necessità di padroneggiare il sistema di combattimento (da cui discendono anche ragionamenti strategici su come e quando prendere carte con attacchi di fuoco/ghiaccio o armi d’assedio). Il gioco richiede una discreta quantità di impegno, ma dopo lo sforzo iniziale è in grado di ripagare tutti gli sforzi fatti. Sommando le differenze che intercorrono tra gli scenari con la variabilità introdotta dalla struttura della mappa e dalle asimmetrie dei personaggi si ottiene una longevità infinita anche con il solo gioco base.
Conclusioni
Per come è congegnata, la struttura del gioco mette il giocatore di fronte a sfide sempre stimolanti e dall’esito mai scontato. La sintesi che si crea tra l’impianto regolistico di stile euro e l’epicità di un american è ciò che rende Mage Knight un capolavoro del gioco da tavolo, frenato soltanto da una complicatezza che ne mina l’accessibilità e un downtime che compromette fortemente la scalabilità.
Espansioni
A margine della recensione inserisco anche una breve descrizione delle espansioni, ormai tutte incluse all’interno dell’Ultimate Edition in commercio, più che altro per orientare sul loro inserimento. Premetto anche che il solo gioco base con lo scenario solitario è più che sufficiente per soddisfare per diverse decine di partite.
“Shades of Tezla” aggiunge un po’ di materiale e nuovi scenari basati sugli scontri tra non-morti ed elementali, oltre alla miniatura più scialba di tutto il gioco (caro Braevalar, dopo draghi e cavalieri mi spunti tu vestito di pezza con uno spadino che piuttosto prenditi i coltelli dello Chef Tony, scusami ma sei poco credibile). L’espansione porta un po’ di varietà in più, ma è tutt’altro che imprescindibile.
Infine “Krang” aggiunge un nuovo personaggio, costruito in maniera peculiare rispetto agli altri del gioco e interessante una volta che si è esplorato tutto il resto. Anch’esso, tutt’altro che imprescindibile anche se la miniatura rispetto alle altre si staglia da un punto di vista estetico.