Nel Giappone feudale del XVI secolo il potere dell’Imperatore si sta indebolendo a favore dei Samurai. Fra tutti lo Shogun Ashikaga, figura emergente nel panorama politico, pronto a seminare caos e disordine fra i vari signori per giungere al controllo del Giappone.
Nobunaga, Hideyoshi e soprattutto Tokugawa non sono dello stesso avviso e nella cruenta guerra fatta di risvolti e tradimenti che porterà all’unione del Giappone, si opporranno sostenuti dai loro vassalli.
Tutto questo per dirvi che i vari clan sono riconosciuti dai MON, gli stemmi che danno il titolo al gioco, che poi è un gioco di carte astrattissimo e quindi di che stiamo parlando?
Materiali
54 carte, divise in tre colori ognuna col suo Mon diverso.
18 segnalini per i punteggi, nei colori dei sei giocatori. Tutto qui.
Carta e cartoncino di media fattura ma ben disegnate.
Completa il corredo per diventare Shogun, gentilmente fornitoci da
Studio SuperNova, il foglietto del regolamento piegato in quattro parti, molto breve ma pure molto chiaro.
2-6 giocatori.
Circa 15 minuti a unificazione di Giappone (onesto).
Poco meno di 20 euro e sarà vostro.
Regolamento
Sulla scatoletta che contiene il gioco troverete scritto 8+ come fascia di età consigliata: c’è da dire che in effetti si tratta di un titolo molto semplice, adatto praticamente a tutti, che fa dell’estrema linearità della sua unica meccanica, la sua forza (ma anche suo limite?) .
Null’altro da aggiungere quindi procederei con...
Il gioco in breve
Il gioco ha un
setup diverso a seconda del numero dei giocatori. Numero di partenza e totale delle carte in mano
differiscono se si gioca in due oppure fino a sei.
A seguire la carta di partenza in tavola (un "5" oppure uno "0") bisogna piazzare una carta più alta dalla propria mano.
Ne avremo di tre colori dall’1 al 18. Ogni carta ha disegnato sopra/sotto al Mon uno spazio dove piazzare il proprio segnalino per il punteggio (da 1 a 4 punti a seconda del valore della carta) che va prontamente aggiunto appena giocata.
Il giocatore seguente può scegliere di piazzare secondo questa regola la sua carta, in una delle tre corsie possibili, oppure di giocare una carta più bassa dello stesso colore, ma più alta di quella precedente.
Quando la carta viene coperta, il segnalino punteggio ritorna al suo proprietario e la carta “sotto” varrà un punto a fine partita per chi domina quel Mon.
Insomma metti la carta più alta. Ma di molto o di poco? Troppo alta poi me la coprono sicuro e perdo il punto, ma poi potrei giocare anche io una carta più bassa… forse.
Si, robe da incartarsi. La carta deve essere alta per fare punti “normalmente”. Più bassa, ma non più bassa della precedente, per coprire quella appena piazzata! O piazzata pure prima in effetti.
Vi faccio un disegnino che è meglio.
Scherzi e giochi di parole a parte…
Mon è molto semplice. Ogni volta
dovremo decidere se piazzare una carta più alta per fare più punti rischiando che ci venga coperta, e quindi sottratta, da una più bassa, oppure giocare una carta più alta di un solo numero e fare pochi/meno punti.
Se poi siamo bloccati dalla paralisi d’analisi e piazzare una carta ci potrebbe scoprire il fianco a mosse sovversive degli altri clan (senza ambientazione non c’è gusto!), Osami Okano, l’autore, ha pensato a tutto:
sarà possibile scartare o cambiare una delle proprie carte con un’altra delle poche rimaste nel mazzo. Quando si dice l’eleganza giapponese!
Quando un giocatore finisce le carte, si chiude il turno in corso e si contano i punti.
Scartare carte senza rimpiazzarle rende possibile chiudere prima la partita fin quando la si sta dominando … ah se il povero Ashikaga avesse avuto questa opzione!
Considerazioni
Non posso dire in tutta onestà che Mon mi abbia colpito particolarmente. Ma nemmeno che mi abbia lasciato indifferente. Azz… sono in stallo. Ho atteso un po’ prima di scrivere la recensione proprio per questo motivo. Ma niente, nessuna epifania.
Da qui un voto agzarottiano di attesa e (forse) approfondimento; no approfondimento no, diciamo di perseveranza, di “intavolamento intermittente”.
Perché onestamente la voglia di proporlo e vedere cosa succede ce l’ho ancora. E le persone a cui lo propongono restano incuriosite.
Mon intrattiene, giusto il tempo di scaldarsi per poi passare a qualcosa di più "particolare".
Probabilmente ottimo a fine serata quando c'è ancora voglia di stare insieme
ma senza troppo impegno e soprattutto col tempo contato, che a giocare a
Sekigahara si è fatto tardi!
L’idea di base per cui ogni piazzamento può implicare una trappola (i rovesci della battaglia di Sekigahara! Ah l’ambientazione mi perseguita!) spinge a non limitarsi al compitino di giocare la carta più “meno” alta possibile. E soffiare dei punti al proprio avversario è sempre un godimento… che poi tentare di unificare il Giappone in 15 minuti netti ci sta.