Monkey Temple: recensione ed Intervista agli autori

spacebaloon games

L'affiliata di Palmanova ha presentato un gioco a Essen. Scopriamo com'è.

Giochi collegati: 
Monkey Temple
Voto recensore:
8,0

Nonostante la Tana dei Goblin di Palmanova sia attiva da meno di tre anni, il gruppetto di autori che si è formato al suo interno è già riuscito a portare a casa alcuni importanti risultati. In particolare mi riferisco a ben due contratti di pubblicazione firmati nel corso dell’ultimo anno da parte di quattro autori. In questo articolo voglio presentarvi la recensione del primo di questi due giochi che è stato presentato ad Essen 2018.

Si tratta di Monkey Temple, un gioco che terrà occupati per 20-30 minuti da 3 a 8 giocatori di età minima di 8 anni. La casa editrice è l’italiana Spaceballoon Games, ma è già uscita un’edizione francese a cura di Atalia ed è prevista un’edizione tedesca a cura della Schmidt Spiele. Gli autori sono Carlo Rigon, Chiara Zanchetta e Matteo Cimenti.

Il gioco ci porta in un magnifico tempio antico dove i turisti vengono derubati da alcune scimmie cleptomani. I giocatori vestono i panni dei guardiani del tempio che devono cercare di restituire gli oggetti rubati ai legittimi proprietari prima che questi se ne accorgano e si lamentino col direttore.

Monkey Temple è un party game cooperativo basato su un meccanismo di storytelling/discussione, dedicato principalmente a un pubblico family.
Monkey Temple
Illustrazioni

I materiali:

Nella scatola troviamo, oltre al regolamento, un tabellone componibile, due mazzi di carte, 5 token rotondi, 4 segnalini a forma di scimmia ed uno a forma di guardiano. I due mazzi di carte rappresentano rispettivamente una serie di oggetti ed una serie di personaggi (ovvero i turisti del tempio).

La qualità dei componenti è in linea con le produzioni attuali, quindi mediamente alta: le parti in cartone sono abbastanza spesse e le carte sono di discreta fattura. Vista la qualità delle carte e tenendo conto che nel gioco non si mescolano spesso non è necessario imbustarle.

La grafica è piacevole ed adatta al pubblico di riferimento. Il disegnatore è Mariano de Biase che avevo già avuto il piacere di vedere all’opera in alcuni albi della Bonelli.

Il regolamento, che nella mia copia è multilingue, è scritto in modo chiaro e comprende diverse immagini di esempio.

Le regole:

Le regole sono molto semplici, di quelle che si spiegano in 2 minuti.

Ad inizio turno si pescano 4 carte oggetto disponendole nelle rientranze della parte alta della plancia e 4 carte turista disponendole nelle rientranze della parte bassa della plancia. Il giocatore di turno deve associare i quattro oggetti ai quattro turisti con la possibilità (e qua sta la particolarità del gioco) di associare un oggetto ad uno dei giocatori al tavolo invece che ad un personaggio delle carte. L’associazione tra oggetti e personaggi avviene tramite i 5 token rotondi. Sopra quattro di essi, infatti, c’è un numero che identifica la posizione di un oggetto, mentre uno è vuoto (il token vuoto ha il solo scopo di depistare). Il giocatore dovrà assegnare segretamente un token ad ogni carta personaggio, più uno ad uno dei giocatori.

Una volta terminata questa fase, gli altri giocatori dovranno cercare di indovinare le associazioni fatte discutendo tra di loro (ricordo che il gioco è cooperativo). La particolarità degli oggetti, unita alla stravaganza dei turisti rende necessario viaggiare molto di fantasia. Le associazioni vengono segnate tramite i 4 segnalini a forma di scimmia.

Se i giocatori non trovano un accordo sulle associazioni (a volte le discussioni sono molto accese) il giocatore che possiede il segnalino del guardiano ha l’ultima parola. A questo punto si girano i token rotondi e si controlla la correttezza delle associazioni. Ogni carta oggetto associata al personaggio sbagliato viene spostata di lato e resterà li fino a fine partita, mentre le altre vengono scartate.

Monkey Temple
materiali
Si giocano 5 turni ed alla fine della partita se i giocatori avranno sbagliato meno di 9 associazioni avranno vinto la partita.

Le impressioni

Monkey Temple si presenta come un ottimo party game, adatto sia per introdurre nuovi giocatori al tavolo sia per rilassare i neuroni a fine serata dopo un cinghiale. Il gioco si inserisce in quel filone di cui fanno parte ad esempio Twins (Asmodee) e Insoliti sospetti (Cranio Creations) ma rispetto a questi introduce la particolarità di far entrare i giocatori stessi all’interno del gioco dando la possibilità di associare un oggetto ad uno di essi. Questa trovata rende il gioco più frizzante specialmente in quei gruppi affiatati dove ci si conosce bene.

La parte divertente del gioco sta, ovviamente, nello stare a sentire gli altri che si arrampicano sugli specchi per spiegare perché un particolare oggetto dovrebbe appartenere ad un dato personaggio. Questo soprattutto se il personaggio è uno dei giocatori al tavolo. In questo caso, infatti, si potrà andare a pescare da aneddoti di vita vissuta per poter spiegare l’associazione. Ad esempio, ho assistito ad una partita in cui giocava una famiglia di 4 componenti in cui il padre aveva associato una saponetta al figlio delle elementari perché evidentemente era piuttosto allergico alla doccia. Inutile dire che il resto della famiglia ha indovinato l’associazione e quando è stata confermata sono tutti scoppiati in una grossa risata.

Il gioco funziona bene da 3 a 8 giocatori, ma ovviamente dà il meglio quando si è in tanti.

Trovo l’ambientazione molto originale e mi fa tornare alla mente i racconti di alcuni amici che erano in viaggio a Bali ed hanno vissuto in prima persona il furto di oggetti da parte di alcune scimmie in cerca di cibo.

In definitiva, se siete amanti di questo genere, vi consiglio di provare Monkey Temple perché potreste trovare qualcosa in più rispetto agli altri giochi dello stesso tipo, soprattutto se giocato in un gruppo molto affiatato. Se, invece, siete allergici ai giochi di questo genere è inutile dire che il gioco non fa per voi.

Intervista agli autori

Approfittando della disponibilità dei tre autori nonché della vicinanza geografica sono riuscito a fare quattro chiacchiere con loro e a raccogliere l’intervista riportata qua di seguito.

1 - Come prima cosa vi chiederei di presentarvi, di raccontarci chi siete, cosa fate nella vita e di come vi siete conosciuti.

Chiara: Ciao! Sono Chiara, un'insegnante, una mamma ed una grande appassionata di giochi, fumetti e cinema asiatico... il primo appuntamento con mio marito è stato proprio al Far East Film Festival di Udine! E a proposito di mio marito... è Matteo, anche lui coautore del gioco! Carlo invece l'ho conosciuto sul lavoro durante una provvidenziale supplenza! E da allora è nata una splendida amicizia.

Matteo. Ciao! Sono Matteo e lavoro come impiegato in un'azienda privata. Carlo me l'ha presentato mia moglie ed è una persona speciale ed un vero amico.

Carlo: Mi chiamo Carlo, sono cresciuto in un piccolo paese friulano senza semafori, sono un insegnante anche se spesso non me ne capacito, ho molti hobby che però coltivo poco o niente perché sono piuttosto incostante.

2 - Come avete iniziato con l’hobby dei giochi da tavolo? Cosa vi ha portato, poi, a diventare autori?

Chiara: Devo ringraziare un amico dei tempi dell'università. Mi fece provare "La Lepre e la Tartaruga" di Gary Kim e corsi subito a comprarlo. Poi mi innamorai di Dixit. E da lì, io e mio marito abbiamo cominciato a costruire una nostra collezione personale. Ricordo però che anche da bambina adoravo giocare in famiglia con i giochi da tavolo classici... era un momento di condivisione speciale, magico.

Matteo: Da bambino mi divertivo come un matto a giocare ad HeroQuest e StarQuest con i miei cugini... E poi un giorno mia moglie è tornata a casa con delle scatole di giochi da tavolo... In breve tempo abbiamo fatto centinaia di partite e ampliato la nostra collezione di giochi... E poi un giorno Carlo ci portato un prototipo ideato da lui... È stato l'inizio del nostro viaggio e da allora penso continuamente a meccaniche ed a nuovi giochi da creare!

Carlo: Giocare e inventare giochi è sempre stata una cosa che mi è piaciuta, fin da piccolo. Quindi, quando qualche anno fa ho riscoperto i giochi da tavolo, mi è venuto abbastanza naturale pensare di inventarne qualcuno. Il primo gioco che ho ideato si chiamava Zoorbital e i giocatori dovevano girare con le loro astronavi tra pianeti che ruotavano sulla plancia alla ricerca di strani animali per costruire degli zoo spaziali. Il gioco era un’accozzaglia di meccaniche claudicanti...esplorazione, combattimenti, elementi puzzle, ecc. Portai il prototipo a Chiara e Matteo che si dimostrarono subito entusiasti; durante lunghissimi playtest il gioco, già macchinosissimo di per sé, acquisì nuovi elementi e nuove complicazioni. Chiara tra le altre cose disegnò tutti gli animali e le carte dei capitani delle astronavi, che per qualche ragione che ora mi sfugge avevano le fattezze di Luca Giurato, Giovanni Lindo Ferretti, una sorta di Carmen Russo e qualcun altro. In breve, al primo play test con giocatori "esterni", Zoorbital si rivelò assolutamente ingiocabile: turni di trequarti d’ora l’uno, persone che guadagnavano senza un motivo preciso bonus potentissimi e così via. Per fortuna, mentre "sviluppavamo" Zoorbital, avevamo iniziato ad abbozzare idee per altri giochi.

Credo che l'ostinazione e da un lato anche l'ingenuità nel trovarci per portare avanti un gioco "sbagliato" sia stata molto importante oltre che per cementare il rapporto tra di noi anche per raffinare la capacità di cercare soluzioni sensate ai problemi di un gioco. Credo anche che le bellissime illustrazioni che Chiara faceva per i nostri primi prototipi siano state fondamentali per motivarci e per farci capire che, se non a livello di meccaniche e di regole, almeno a livello "estetico" i nostri giochi assomigliavano abbastanza ai giochi "veri" :).

3 - Che tipi di giocatori siete? Quali sono i vostri giochi preferiti?

Chiara: Gioco a qualsiasi tipo di gioco, ma do il mio meglio nei giochi con forte componente tattica. Come generi, amo in particolare gli astratti ed i giochi tematici, soprattutto fantasy. Tra i miei giochi preferiti ci sono Blood Rage, Sagrada, Sulle Tracce di Marco Polo, Mechs vs Minions e La Furia di Dracula. Ma da quando abbiamo un bimbo piccolo e pochissimo tempo, sul tavolo di casa nostra si trovano sempre una miriade di filler, come Jaipur e 7 Rosso!

Matteo: Gioco a qualsiasi tipo di gioco. Me la cavo bene nei giochi strategici e di bluff, un po' meno in quelli narrativi. Mi piacciono in particolare gli astratti, i giochi gestionali ed i tematici. Come
Monkey Temple
Gli autori
autore apprezzo tantissimo anche i titoli con materiali particolari. Tra i miei preferiti ci sono Blood Rage, GalaxyTrucker, Mage Knight e Sulle Tracce di Marco Polo.

Carlo: Anche se ormai gioco da tanto credo di essere rimasto una specie di “casual gamer” e quindi tra i miei preferiti ci sono giochi come Above and Below, Dixit, For Sale, The Island, Citadels...

4 - Come vi è venuta in mente l’idea alla base di Monkey Temple? Quanto è durato lo sviluppo del prototipo?

Chiara: Se non ricordo male il primo prototipo risale a fine 2016... All’inizio il gioco era competitivo, playtestando il prototipo però abbiamo pensato di renderlo cooperativo, per massimizzare il tempo dedicato alla discussione. In seguito è nata l'idea del gettone vuoto e di quello da assegnare agli altri giocatori, aggiungendo un piano di “metagioco”. Quindi abbiamo lavorato alla definizione dell'ambientazione ed infine ci siamo soffermati a lungo sulla scelta dei soggetti delle carte, vero cuore del gioco. In particolare, abbiamo ragionato su come creare un bilanciamento tra abbinamenti più ovvi ed altri più astrusi all'interno dei turni, inserendo ad esempio alcuni oggetti / personaggi ambigui o ambivalenti. Quella della scelta delle carte è stata una fase davvero molto divertente, nella quale sono emerse delle idee deliranti! 

5 - Ricordo che la prima volta che ho provato il prototipo di questo gioco ad una serata della Tana dei Goblin di Palmanova, aveva un’ambientazione completamente diversa. Ci potete raccontare com’è evoluta da quella volta l’ambientazione e come siete arrivati a quella definitiva? Ci sono altri aneddoti divertenti relativi allo sviluppo di Monkey Temple che potete raccontarci?

Carlo: Può sembrare strano visto che il gioco è ambientato in un paese tropicale, ma l'idea di Monkey Temple è nata in pieno periodo e clima natalizio... Avevamo pensato a un gioco in cui Babbo Natale deve consegnare i regali a vari personaggi, ma non sa bene, per un qualche motivo a chi consegnare cosa. La meccanica dei due mazzetti di carte, uno per gli oggetti e uno per i personaggi, è nata praticamente subito. Sul perché Babbo Natale non sapesse a chi consegnare i regali erano sorte varie idee, dalla più estrema - Santa Claus is Dead! era uno dei primi nomi del gioco - a cose un po' meno estreme come Babbo Natale ha l’influenza – o è completamente ubriaco – e allora i regali devono essere consegnati dagli elfi che però, essendo analfabeti, non sanno leggere le letterine e quindi li consegnano come meglio possono. Purtroppo (o per fortuna) l'idea di fare un family con Babbo Natale sbronzo o morto non convinceva tanto i ragazzi della SpaceBalloon, quindi abbiamo iniziato a pensare ad altre ambientazioni. Alla fine è venuta fuori l'idea delle scimmie che rubano oggetti ai turisti: dava un tocco di vivacità e di colore al gioco. Quindi è nato il prototipo di Grand Hotel Macaques poi trasformato in Monkey Temple.

6 - È stato difficile trovare un editore interessato al vostro gioco? Come siete arrivati a Spaceballoon Games? Come è stato lavorare con loro?

Matteo: Abbiamo avuto molta fortuna perché la Spaceballoon è stata una delle prime case produttrici a cui abbiamo presentato il prototipo. Eravamo rimasti molto colpiti dal loro primo gioco: Brides and Bribes, che ci era parso molto originale sia per quanto riguarda le regole (un mix di german e bluff) che per l'ambientazione e la sua resa grafica; inoltre ci aveva colpito come fossero riusciti a finanziare su Kickstarter, da compagnia sconosciuta, un gioco ambizioso e originale. Ci siamo incontrati con Elisa e Pietro in un pomeriggio e abbiamo mostrato vari prototipi; alla fine sono rimasti colpiti da quello che a noi sembrava più lontano dalla loro produzione e che abbiamo tirato fuori solo a fine serata. Forse li abbiamo presi per sfinimento…

Carlo: I ragazzi della Spaceballoon poi sono stati fantastici, è nata una bella amicizia, più che una collaborazione. La lista dei personaggi e degli oggetti l'abbiamo stilata assieme e, soprattutto, sono stati gli Spaceballoon a trovare Mariano de Biase, il bravissimo illustratore del gioco. Non è piaggeria, ma in un gioco come questo le illustrazioni sono assolutamente fondamentali: dei disegni poco evocativi avrebbero reso il gioco estremamente piatto. Mi fa un sacco piacere che ancora oggi, dopo moltissimi playtest, alcuni giocatori (bambini, in particolar modo) mi facciano notare dei particolari di un personaggio o di un oggetto a cui non avevo mai fatto caso. Significa che Mariano ha fatto un ottimo lavoro, anche perché ha lavorato su nostre indicazioni che a volte rasentavano lo psichedelico.

7 - Cosa ne pensate del lavoro in squadra quando si sviluppa un nuovo gioco?

Chiara: Credo che il lavoro di squadra sia fondamentale! Personalmente amo sviluppare prototipi in compagnia di mio marito e dei miei amici. È una cosa speciale. Poi certamente penso che il confronto e l'unione di diverse capacità e punti di vista siano sempre vitali, in ogni situazione ed in ogni lavoro.

Matteo: Per me è indispensabile e fonte di grandi soddisfazioni. Mia moglie mi aiuta a playtestare, bilanciare ed arricchire i giochi di nuovi elementi e si occupa della parte grafica. E con Carlo ci troviamo spesso a "prototipare"!

Carlo: Inevitabilmente, nella stragrande maggioranza dei casi l'idea di base parte da una persona che poi presenta agli altri un primo prototipo. Fortunatamente abbiamo delle idee abbastanza simili su cosa ci piace in un gioco e quindi nella maggior parte dei casi le modifiche proposte vengono accolte bene, perché vanno nella direzione desiderata...

8 - Cosa ne pensate del movimento autoriale italiano? Che rapporti avete con gli altri autori italiani? Frequentate incontri di autori?

Chiara: Gli autori italiani stanno facendo grandi cose! Li ammiro tutti... Ed ho avuto modo di conoscerne alcuni, dilettanti e non, trovando sempre persone disponibili e cariche di entusiasmo. C'è molta strada da fare per migliorare nel game design, ma per fortuna esistono manifestazioni come IdeaG! Famiglia permettendo, adoro partecipare agli incontri di autori e frequentare le Tane dei Goblin.

Matteo: Credo la creatività sia un punto forte del nostro paese... E dato che il settore dei giochi da tavolo mi sembra in espansione, penso che gli autori italiani non possano che aumentare e migliorare sempre più. Frequento IdeaG e lì trovo una grande occasione di arricchimento e condivisione. 

Carlo: è sempre bello confrontarsi con altri autori dilettanti come noi, perché spesso ti trovi ad avere problemi molto simili e a volte un punto di vista esterno ti può dare davvero l’idea giusta per sistemare un tuo gioco…Mi auguro poi che questi incontri vengano seguiti sempre più anche da un pubblico di semplici curiosi, anche perché a volte si trovano giochi veramente belli!

9 - C'è un gioco ideato da altri autori che vorreste aver inventato voi? Perché?

Chiara: Adoro i giochi di carte di Richard Garfield... Vorrei aver inventato Keyforge! Un concept unico! 

Carlo: Domanda molto bella e molto difficile! Dato che Chiara parlava di Garfield allora direi Magic, che credo sia stata una rivoluzione copernicana nel mondo dei giochi da tavolo. E poi mi piacerebbe avere inventato alcuni giochi “minimalisti” come Blokus, Dixit o Fantasmi. Quando un gioco ha il regolamento che sta su mezza facciata o è un gioco insipido o è un capolavoro. E poi horicalcum di un ragazzo che frequenta ideaG… io spesso gli dico che lo spedisca a qualche casa editrice ma lui continua a dire che il gioco non funziona…

Matteo: Una cosa molto semplice ma geniale: Dobble! 

10 - Avete altri progetti per il futuro? State progettando nuovi giochi insieme o singolarmente?

Chiara: Certo, abbiamo sempre dei prototipi per le mani... Senza, non c'è divertimento! Stiamo lavorando sia in coppia che tutti e tre insieme a diversi progetti family o entry level. Mi sto occupando anche della grafica ed è uno spasso! 

Matteo: Sì, stiamo lavorando a diversi prototipi. La fase più esaltante per me è quella iniziale, ricca di nuove idee, entusiasmo e playtest disastrosi! Poi bisogna lavorarci e tenere duro nei momenti in cui le cose non sembrano funzionare... Oppure avere la forza di cestinare tutto, o quasi! 

Carlo: Continuare a progettare giochi, a prescindere dai risultati finali, è un passatempo che mi sta dando davvero molto, quindi credo continuerò a farlo… La cosa bella e frustrante allo stesso tempo dell’inventare giochi, come diceva Matteo, è che a volte per creare un gioco che funziona quasi bene bastano 10 minuti, per togliere il “quasi” possono volerci diversi mesi e spesso non ci si riesce!

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