What’s spoiler?
Prima di raccontarvi qualcosa della mia esperienza a Pandemic Legacy Season 2, per prima cosa dobbiamo chiarirci su cosa voglia dire “spoiler” e darci un confine, che cercherò poi di non superare.
La Treccani alla voce spoiler dice: “Nella lingua colloquiale, anticipazione di una parte della trama di un racconto, romanzo, film o simili, in particolare se data a qualcuno senza preoccuparsi di rovinargli la sorpresa.”
Io invece di voi mi preoccupo, come vedete, e nel tentativo di darvi delle informazioni senza spoilerare ho interpretato la definizione soprastante nel seguente modo: non vi dirò nulla che non possiate sapere dal mero unboxing della scatola e lettura delle prime pagine del regolamento. Nulla sulla trama che si svilupperà durante i dodici mesi di gioco, nulla sulle meccaniche… oltre a quanto già potete sapere per aver giocato alle molteplici versioni di Pandemia.
Legacy or not legacy?
Per sfatare uno dei dubbi più comuni su questo tipo di giochi, parto però da più lontano: da quando alla Play del 2016 un noto caporedattore della Tana mi fece cambiare idea, dicendomi che secondo lui Pandemic Legacy non era una mera speculazione commerciale, ma un nuovo sistema di gioco che girava piuttosto bene e aveva un suo perché (ok, me l’ha sicuramente argomentata meglio… ma questo è ciò che ricordo oggi!).
Gli diedi fiducia, organizzai un bel quartetto di giocatori e la prima epidemia mondiale ebbe inizio. Un successone… e a coloro che ancora pensano che scrivere sui componenti di gioco e strappare carte sia uno scempio ignobile, chiarisco che questo tipo di giochi deve essere visto come un’esperienza ludica collettiva e immersiva, dove il gioco in scatola è uno strumento, non un oggetto da collezione...
Questa mia prima esperienza ad un legacy, che si è prolungata per sedici serate di quasi due ore l’una, è valsa la spesa di 18 €uro a testa? Cento volte sì! E a me tanto basta.
Ma ora passiamo al Season 2!
“Il mondo è quasi finito 71 anni fa”.
Questo il titolo a pagina 3 del “Manuale di istruzioni per una vita migliore nei rifugi”.
Ambientato infatti 71 anni dopo la prima stagione, il gioco inizia descrivendo un pugno di uomini e donne che, scomparsi d’improvviso i loro leader, devono rimboccarsi le maniche per salvare il destino dell’umanità. Il fatto che queste persone siate proprio voi non vi coglierà, penso, affatto di sorpresa…
Più interessante è invece l’introduzione, di derivazione videoludica, della “fog of war” (nebbia di guerra): la mappa del mondo, una volta aperto il tabellone, non è infatti interamente visibile, anzi: solo una porzione di oceano e tratti di costa di alcuni continenti sono a noi noti all’inizio del primo mese di gioco. Come nella prima stagione, infatti, il gioco si dipanerà in 12 mesi, da gennaio a dicembre, e ogni mese giocheremo una partita, se sarà vincente, oppure due, se nella prima avremo perso.
Ma come riusciremo ad assimilare le nuove meccaniche di gioco? E quanto sono nuove? Chiarisco subito che, ancor più della prima stagione, il secondo capitolo della saga non è un gioco per tutti. Non è certo da consigliare a giocatori alle prime armi… i neofiti si perderanno nei meandri delle regole in continua evoluzione, delle tante sfaccettature anche terminologiche, e dove non sbaglieranno nell’applicare correttamente il regolamento, troveranno il gioco sicuramente difficile e frustrante, nonostante il sistema di autoregolazione della difficoltà che i designer hanno inserito.
Venendo alle due domande sopra esposte, Matt Leacock e Rob Daviau questa volta si sono inventati la possibilità di giocare un Prologo, ovvero una partita standard con un setup base che non va a modificare le componenti di gioco e che si può rigiocare quante volte si vuole, fino a padroneggiare le meccaniche e raggiungere una sufficiente coesione tra i giocatori.
Per mantenermi coerente con il mio proposito iniziale di non spoilerare nulla, cosa posso dirvi delle meccaniche? Forse che chi ha già giocato a Pandemic: Fall of Rome (la bella versione in stile peplum di Pandemia a cura di Leacock e Paolo Mori) percepirà delle analogie con il sistema di gioco di Pandemic Legacy Season 2...
Team vs Alpha player
Ho parlato prima di coesione della squadra… beh, ancor più che nel primo episodio qui bisognerà spremersi le meningi per non finire schiacciati dagli eventi, e la forza e la coesione del gruppo di giocatori saranno davvero determinanti (noi eravamo in quattro… ma come tutti i capitoli della serie Pandemia, anche questo può essere giocato in due, tre o quattro persone).
A mio parere, infatti, uno dei fattori fondamentali per la buona riuscita di questa esperienza ludica è proprio la scelta del gruppo. Avere delle persone affiatate e, direi, concilianti nel modo di prendere le innumerevoli decisioni che il gioco vi prospetterà è un aspetto davvero essenziale, e non solo per vincere le partite ma per il completamento stesso della stagione…
Inoltre, la crescente complessità delle regole di gioco impone una certa dedizione da parte dei giocatori: noi ci siamo quasi sempre incontrati una volta a settimana, finendo il gioco in 4 mesi esatti. Come nel primo capitolo della serie, infatti, lasciar passare un mese o più tra una partita e l’altra porta a una noiosa rivisitazione del regolamento di gioco e dei componenti (non entro in dettaglio!) che aggraverà la già importante durata delle singole partite. A differenza di Pandemic Legacy Season 1, infatti, la stagione 2 ci ha richiesto più tempo, in media, per ogni partita. Dipende molto ovviamente dai giocatori… ma noi siamo passati da circa 90 minuti a partita a 120-150 minuti, compresa la fase iniziale di preparazione. Difficile dunque pensare di fare, come ci era capitato con la Stagione 1, due partite in una sera!
Nessun pericolo di Alpha player, invece.
Per Alpha player (o Giocatore dominante) intendiamo, come ben descritto qui, colui che per attitudine personale o perché conosce meglio il gioco, tende ad imporre, a volte anche con una certa energia, il proprio gioco agli altri.
Questo è il tallone d’achille di molti cooperativi, ma non ho riscontrato in maniera evidente questo difetto nelle due stagioni di Pandemic Legacy per il principale motivo che è quasi impossibile, per un singolo giocatore, riuscire a gestire tutte le informazioni e le regole che vanno a delinearsi durante una partita, e che soprattutto si evolvendosi tra una partita e l’altra.
Conclusioni
Certo, non c’è l’effetto “wow” della prima stagione… d’altronde Capa Rezza ci ricorda che “il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un artista” è sempre uno dei luoghi comuni più apprezzati.
Certo, il gioco è tosto e richiede un investimento di tempo per niente indifferente… parliamo di circa quaranta ore di gioco, sempre con lo stesso gruppo di persone! La possibilità di rovinare un’amicizia per non aver preso quel volo per New York è bassa, ma affatto da escludere.
E sì, si continuano a strappare carte, a scriverci sopra, ad attaccare adesivi e grattare riquadri argentati come se non ci fosse un domani… più di quei disperati che passano il tempo a raschiare “gratta e vinci”.
Però ci è piaciuto proprio… per certi versi più del primo, anche se il mio voto, per quel che conta, considerato tutto scende dal 9 del primo episodio all’8,5 di questo secondo.
Le partite si sono rivelate tutte tese, fino all’ultimo. La tensione al tavolo si è percepita, il senso di crescita e di evoluzione della narrazione c’è stato. Tra aprile e maggio abbiamo passato un momento nero… ma poi ne siamo usciti, rinforzati e più consapevoli di quel che facevamo.
Chiudo questa “non” recensione, in cui ho cercato di trasmettervi le nostre emozioni, non potendo parlarvi di meccaniche e di ambientazione, anticipandovi che quest’anno sembra debba uscire la terza e ultima (?) stagione! L’aspetterò con trepidazione, perché da quel genio di Leacock, che è riuscito negli anni a rinnovare continuamente la meccanica di gioco, semplice quanto geniale, di Pandemia, sfornando gioconi come Iberia (con Torres Castro), Rising tides (con Jeroen “Splotter” Doumen), Fall of Rome (con Mori) e i due Legacy (con Daviau), c’è da attendersi sempre qualcosa di buono!