Buon gioco Q.E. (credo di avertelo fatto provare io alla gobcon tra l'altro) ma davvero fragile. Ho visto partite con inflazioni che neanche il Mozambico nei peggiori anni. Con giocatori poco scafati può diventare ingestibile. D'accordo sul regolamento confusionario
"Lì tutto è permesso, lì tutto si può comprare
e ti conviene spendere senza pensare;
e se non avrai più i soldi una mattina
ti troverai dall'altra parte della vetrina."
Edoardo Bennato, Franz è il mio nome
Q.E., che dei giochi di Gavin Birnbaum – nome britannico, cognome da programma pomeridiano per bambini – è l'unico che su bigigì è votato anche da gente che non è parente dell'autore, è un simpatico titolo edito dalla BoardGameTables.com nel lontano 2019, anno in cui ancora ci parlavamo a trenta centimetri di distanza sputandoci nel caffè.
Il gioco in due parole. Anzi, in due lettere
Q.E. sta per quantitative easing, ovverosia la pratica che prova ad aumentare la moneta in circolazione mediante l'acquisto di nuovi titoli, i quali aumentano di prezzo e calano di rendimento, così da Ma che cazzo ne so, su: lavoro coi cerca.verticale su excel, è già tanto che sappia usare PayPal.
In ogni turno il banditore (che cambia ogni volta, a giro) mette all'asta uno dei titoli disponibili indicando il prezzo base (o meglio: il prezzo che è disposto a pagare per ottenerlo); dopodiché tutti gli altri giocatori scrivono con il loro bel pennarello una propria offerta che mostrano solo al banditore. Quest'ultimo, infine, deve scrivere l'offerta vincente – può essere la sua – sul retro del tesserone tondo che rappresenta il titolo e poi consegnarlo a chi ha avuto la malaugurata idea di acquistarlo. Si badi bene: l'offerta rimane segreta, a meno che quella vincente non sia quella del banditore stesso. Ultima roba del turno, il banditore – tutto lui deve fare – specifica quali giocatori hanno eventualmente puntato zero.
Alla fine dei round previsti – i giri completi in cui tutti fanno una volta da banditore – si sommano i punti ottenuti con le tessere (entro brevemente nel dettaglio nel prossimo paragrafo) e con le puntate a zero; dopodiché arriva il bello: ogni giocatore calcola quanto ha speso per le sue tessere. Chi ha scialacquato di più è, di fatto, eliminato dal gioco. Chi, invece, ha pagato di meno somma un certo numero di punti al suo totale. Il giocatore con più punti vittoria non può vincere. No, scherzo, vince lui. Che noia.
Come si fanno questi benedetti punti
Ogni giocatore ha davanti a sé una tavola della legge sulla quale può tenere traccia delle robe che si è aggiudicato. In particolare, al totale concorrono: i punti indicati sulle tessere; i turni con puntata nulla (massimo uno a round); le tessere associate al proprio Paese; infine, le serie di simboli diversi e di simboli uguali (un po' come le carte verdi di 7 Wonders: va sottolineato come ogni giocatore parta con un simbolo assegnato segretamente).
Capito tutti? Va be', dopo una partita vi è tutto chiaro, non disperate: tempo mezz'ora e giocherete con cognizione di causa.
Paesi e spaesamenti
La meccanica dell'esclusione del più spendaccione non è certo nuova: gente come Alex Randolph o Reiner Knizia l'ha proposta in tutte le salse (compare tale e quale, per esempio, nel bellissimo High Society, del 1995). Però funziona dannatamente bene a tenere il gioco controllato e a far pesare come un macigno ogni cavolo di puntata. Perché il banditore lo sa che tu, giocatore europeo, aneli tantissimo a quella tessera EU da quattro; e, se come prezzo iniziale ti spara otto miliardi di fantastiliardi, tu nel 99% dei casi punterai otto miliardi e un fantastiliardo, imprecando due volte: una volta ottenuta la tessera e a fine partita.
Q.E. q.b.
Un gioco bellissimo dove va tutto bene, insomma? Tutto sommato sì. Certo, come avrete già intuito, tra i punti di forza del titolo di Birnbaum non c'è l'originalità: alla fine è l'ennesima variante a tema del gioco feroce di aste da mezz'oretta.
Quanto alla scalabilità, posto che Q.E. gira benissimo a pieni numeri, con tutti e cinque i Paesi assegnati, va detto che, con i dovuti accorgimenti (per esempio, l'ultima tessera in tre giocatori è messa all'asta senza banditore), il gioco tiene bene anche nelle altre configurazioni. Anzi, in tre giocatori viene meno forse la roba un pelo più fastidiosa delle altre, quella dei punti per le offerte nulle, che lasciano un po' il tempo che trovano – anche perché riferire cose, segnare cose, ricordarsi che in questo round si sono già segnate cose è abbastanza palloso a livello meccanico.
Per il resto il gioco non ha particolari difetti, se escludiamo un regolamento con un paio di punti ambigui (per esempio su cosa succede in caso di offerte pari) e non chiarissimo per quanto riguarda la preparazione iniziale, visto che è tutto considerato "tessera", dai portabicchieri tondi agli zatteroni segnapunti, e soprattutto che ogni volta ci metto tipo ventidue minuti a capire che "governo" è riferito a uno dei simboli delle tessere e non ai Paesi impersonati dai giocatori.
Ma magari sono io, eh.
(Specifico che non ho letto il regolamento originale, perché ho l'edizione francese, dato che in Italia all'epoca non si trovava – e immagino nemmeno ora; del resto, il gioco è del tutto indipendente dalla lingua.)
La banca suona per noi
Titolo decisamente più tattico che strategico (anche perché – l'avrete capito – non avete idea di quanto spendono gli avversari e, ulteriormente, dovete bene o male ricordarvi quali simboli hanno già accumulato oltre a quello iniziale, segreto), Q.E. è un titolo ben pensato e decisamente divertente.
Il voto magari non vi sembrerà poi troppo alto, lo so. Ma con quei pennarelli, per la miseria, ogni volta finisci la partita che sembri uscito da una miniera.