Per andare a ritrovare la prima edizione di Ricochet Robots bisogna risalire fino al 1999, per intenderci nel 4 d.C. (dopo Catan che uscì nel 1995), ma ben prima di Puerto Rico, Alta Tensione, Caylus e compagnia.
Per capire chi sia l'autore – Alex Randolph – vanno poi nominati giochi come Inkognito, Mahé, e lo stesso Ricochet Robots, che assieme a una moltitudine di altri, si perdono nella notte dei tempi, nella preistoria del gioco da tavolo.
Tutte produzioni molto semplici, immediate, da mass-market diremo, ma che non rinunciano a un certo livello di ingegno e di arguzia, che hanno sempre caratterizzato questo autore.
Tra tutti i suoi titoli, Rasende Roboter è quello che più è rimasto nel cuore di molti. Vediamo perché.
Come si gioca a Rock 'n' Roll Robot
Da uno a ben novantanove giocatori dichiarati, adatto alle famiglie e oltre (
10+), si gioca
in dieci-quindici minuti, ma volendo a oltranza. Si basa essenzialmente su una meccanica di
pattern recognition.
Si assembla la plancia di gioco mettendo assieme casualmente quattro pezzi tra gli otto forniti, che sono stampati in modo diverso sul fronte e sul retro. Va solo fatta attenzione alle tessere che hanno anche muri diagonali colorati: sono per il gioco avanzato.
Si piazzano poi casualmente i quattro robot colorati su uno spazio, ciascuno in un quadrante. Si estrae un gettone con uno dei simboli raffigurati in plancia: lo scopo per i giocatori è collezionare quanti più gettoni possibile.
Come si piglia 'sto gettone? Facile: se ne viene ad esempio estratto uno verde, a finirci sopra dovrà essere il robot verde. Ora, i robot possono muoversi ortogonalmente e si possono fermare solo quando incontrano un muro o un altro robot. È possibile muovere più robot (anche tutti), anche alternandoli, per fare una catena di movimenti che conduca al bersaglio.
Il guaio è... che ciascun partecipante sposterà questi robot solo nella sua testa, contando mentalmente le mosse che sta facendo, mentre osserva rigido e in religioso silenzio il tabellone.
Quando uno pensa di aver trovato la soluzione, annuncia ad alta voce il numero di mosse che farà, gira la clessidra e ha, assieme a tutti gli altri, ancora un minuto per trovare una soluzione migliore (cioè con un minor numero di mosse).
Poi si passa alla verifica: partendo da chi ha annunciato meno mosse, si assegna il gettone a chi ha trovato il miglior percorso valido.
Ci sono un paio di varianti, come quella già citata dei muri diagonali colorati, che fanno rimbalzare solo i robot di altri colori, oppure il robot nero, che funge solo da elemento di rimbalzo. È contemplato l'onanismo ludico, in una corsa contro la clessidra per assegnare ogni singolo gettone a te stesso o al gioco.
Disclaimer: la nuova edizione di Rock 'n' Roll Robots mi è stata mandata da MS Edizioni. Il perché l'abbiano mandata a me mi sfugge, considerando che io, fossi un editore, non manderei a me stesso nulla. In ogni caso io avevo già in casa il vecchio Ricochet Robots della Rio Grande, recuperato anni fa a non poco prezzo quando il gioco era esaurito praticamente ovunque. A scanso di equivoci (e marchette), il mio voto su BGG per Ricochet Robots era 9 già da allora, come può provare chiunque si intenda di quelle diavolerie che risalgono allo stato precedente della pagine internet o come cavolo si chiamano.
Materiali della nuova edizione
Qui c'è un bel divisorio interno, a differenza della mia vecchia scatola in cui tutto era buttato selvaggiamente.
I robot nuovi sono più leggeri, plasticosi e lucidi, mentre i vecchi parevano un po' dei pezzi di marmo, più piacevoli al tatto. Però qui c'è il robot nero che batte indiscutibilmente quello argentato, quindi a posto così.
Nella vecchia versione il cartone era decisamente più leggero e meno spesso, mentre qui le plance possono essere usate come arma contundente +1 contro gli American.
Inoltre qui ci sono otto plance, anziché quattro e il gioco contempla la variante con i muri diagonali, assenti nell'edizione originale.
Meccaniche: perché è diventato un classico
Due regole, un'idea semplicissima, una sfida fattibile con chiunque.
Rock'n'Roll Robots si tira fuori in qualunque occasione, coinvolge tutti, mette tutti sullo stesso piano. Dura quanto volete, a volte troppo poco, a volte troppo perché qualcuno non vuole mai smettere.
Si basa sul ragionamento matematico, ma anche sulla capacità di visione d'insieme, sul riuscire a fare un ragionamento rapido prima degli altri, sul non farsi sopraffare dal panico e perdere improvvisamente il conto.
Inutile dire che la soddisfazione più grande non deriva tanto da quelle missioni rapide da raggiungere, quelle in cui trionfa chi dice “tre”o “quattro” un mezzo secondo prima degli altri. Lì, spesso, è anche questione di fortuna.
Le più belle sono quelle toste, in cui vedi le orecchie fumare e le fronti corrucciarsi sempre di più, quelle in cui la soluzione finale è un numero compreso tra il dieci e il venti, muovendo magari tre o quattro robot tutti assieme.
È un gioco senza tempo, grazie alla sua semplicità e alla sua splendida geometria. Potete ammirarlo in tante edizioni, ora finalmente anche in italiano, oppure potete recarvi alla
Tana dei Goblin di Milano (UESM, la Casa dei Giochi, Milano) dove ne hanno realizzato una versione gigantesca, di cui abbiamo una diapositiva:
Dinamiche: cosa amerete e cosa odierete
Rock'n'Roll Robot potrebbe definirsi un party game, per il numero di partecipanti sicuramente, ma non sentirete risate attorno al tavolo, non vedrete compagni di squadra battersi il cinque, non sentirete urla belluine riecheggiare nella stanza.
Vedrete un nugolo di teste accerchiare, immobili, una plancia in religioso silenzio, qualcuno al massimo borbottando sottovoce, in una sorta di rito pagano.
Rock'n'Roll Robot
rompe i dogmi del party game: ognuno gioca in splendido isolamento, non ci sono premi di consolazione, non c'è partecipazione chiassosa.
È questo confronto con due facce opposte che si respira nell'aria: dall'esterno vedrete figure congelate, asettiche, impassibili. All'interno ciascuno brucerà della fiamma dell'urgenza, facendo girare i neuroni in un vorticoso ballo assieme ai robot, accompagnati da una musica industriale che scandisce le mosse in successione spietata: uno, due, tre, quattro, no... uno, due... no...
C'è chi lo trova troppo faticoso, chi non vince mai, chi si arrende a metà strada e poggia la testa sul tavolo, sconfitto.
Non è un gioco per tutti, Ricochet Robots, e se fa per voi potete già in parte immaginarlo, ma lo saprete per certo solo giocando.
Conclusione
Spesso la smeno con i classici moderni da recuperare prima di buttarsi a capofitto sull'ultima novità che verrà dimenticata tempo un mese. Ecco, qui ne avete uno e stavolta non ci sono scuse.