Provato in due ieri su TTS, molto carino, veloce e pare anche parecchio variabile nel setup. Promosso
Alla sua seconda prova – se proprio si vuole contare Four pints, please – il carneade spagnolo Raúl Fernández Aparicio propone il suo primo gioco di un certo spessore, coadiuvato dal buon Vladimír Suchý che, lui sì, qualcosa ha già dimostrato.
Il titolo in questione, pubblicato non a caso dalla ceca Delicious Games dello stesso Suchý, è ambientato nientepopodimeno che in Italia e decide di puntare, tra tutte le cose possibili che hanno fatto grande il nostro Paese, sulla peste nera del 1347.
Gioco che fa leva su diverse meccaniche, le principali delle quali sono il piazzamento lavoratori, il movimento su rete e la corsa sui tracciati, Messina 1347 è un calderone non indifferente di roba, come risulta già dalla lettura del regolamento: non tanto per il flusso di gioco, tutto sommato lineare; quanto piuttosto per diverse eccezioni, regole da ricordare e cose un po' così che possono appesantire la spiegazione. Che poi, pensandoci bene, è uno dei difetti dei giochi alla tedesca nei confronti degli americani, in un certo senso: nei primi devi spiegare tutto subito, nei secondi spesso – pensate, che so, a quel gran pezzo di capolavoro che è Nemesis – basta dare qualche imbeccata sulle azioni principali e sulla mano di carte, il resto vien da sé e quando arriva te ne accorgi.
Va be', sto divagando.
Tanto per cambiare.
Ora sto divagando perfino in una divagazione.
Il gioco in breve
Messina 1347 si articola nell'arco di sei round, al termine dei quali vince chi ha più punti e, in caso di pareggio, chi all'inizio dell'epidemia si è arricchito di più con l'amuchina.
Il centro focale del gioco è costituito dalla città di Messina, dalla quale nel settembre del 1347 – ma pensa – il morbo, che già aveva messo piede in varie aree mediterranee come i balcani e la Grecia, comincia a risalire l'Italia e di conseguenza l'Europa, uccidendone, secondo stime, circa un terzo della popolazione (quindi vedete di cagare poco il cazzo se nel 2021 vi chiedono di vaccinarvi).
La città, dicevo, è costituita da un certo numero di esagoni e di aree portuali. Ogni esagono cittadino ha un'azione stampata e un colore, che serve per stabilire chi viene contagiato e chi popolato in ogni round.
Ogni giocatore ha poi una plancia personale in cui tre pedine supervisore (nobile, suora, artigiano) possono avanzare lungo dei tracciati e man mano attivare cittadini della loro categoria – nobili, artigiani e suore, ché sui batteri i virologi non vengono interpellati – che si trovano sulla plancia stessa. Altri materiali di gioco comprendono i laboratori, i quali producono cose se hanno certi tipi di cittadini, e le cabine di quarantena, a loro volta migliorabili per far produrre cose al fu moribondo. Non ultima c'è la plancia per i punti vittoria, che comprende anche tre tracciati – i registri – che assegnano ricchi premi e cotillon: popolarità, città, chiesa.
Ogni round è formato da più turni individuali, fino a esaurimento lavoratori (tre in partenza, altri sbloccabili dai registri di cui sopra). Ogni turno individuale si compone di quattro fasi: si posiziona un omino in un esagono libero (è tale anche se è presente un omino sdraiato, che ha svolto l'azione lì in precedenza), eventualmente spostandone uno lì dal round precedente, pagando per ogni movimento successivo al primo; si preleva se presente un segnalino cittadino e lo si posiziona sulla propria plancia o, se la città ha uno o più cubetti peste, in una cabina di quarantena libera (ci starà fino alla fine del round successivo); si combatte il morbo coi segnalini fuoco, guadagnando eventualmente punti e beccandosi eventualmente segnalini ratto (non entro ovviamente nei dettagli); infine se ci si ricorda ancora come ci si chiama e come si è finiti seduti attorno a quel tavolo si esegue l'azione dell'esagono.
In alternativa a quanto sopra si può richiamare sulla plancia un omino (che poi sarebbe un tenente, vai a capire perché) per una moneta – la classica azione subottimale che non manca mai in un gioco di siffatta struttura – oppure mandarlo in uno dei porti per acquisire una nave che a sua volta dà avanzamenti sui percorsi dei supervisori in plancia, merci (danno punti e, nella versione avanzata del gioco, la loro tipologia permette di soddisfare certi set) e possibilità di spendere soldi per avanzare nei registri cittadino e della chiesa. Una roba molto lineare, insomma.
Quanto alle azioni in plancia, è possibile fare un po' di tutto: guadagnare monete, avanzare nei registri, migliorare i supervisori, costruire laboratori, migliorare le cabine, dotarsi di un carro e, nel caso si abbia uno di questi ultimi, ripopolare un esagono di Messina (cosa che costa parecchio, finanche un omino dei pochi che si hanno, oltre all'ovvio malus in caso di presenza di ratti; ma che in cambio regala una barca di punti a fine partita e una rendita a ogni visita altrui).
Il resto è eccezione e cavillosità. Due esempi per tutti: ci sono due tipi di laboratori, quelli che danno punti a ogni attivazione e quelli da ultimo round da una botta e via; si possono migliorare i cittadini, avendo così accesso ad azioni riservate o quantomeno migliorate, ché certe cose richiedono suore con una certa esperienza.
Il tutto a favore della semplicità di gioco.
Prime impressioni
Il regolamento pur ben scritto ed esemplificato di Messina 1347 fa subito pensare alla complicazione. Complessità forse anche, probabile: un gestionale del genere potrà fare la gioia di molti appassionati di titoli del genere; sebbene il rischio sia quello di trovarsi di fronte a un gioco che non sembra premiare diverse regole di orpello con un adeguato giovamento in termini di ambientazione. Ma senza dubbio complicazione: non certo per un giocatore navigato, specie se di quelli che vengon su a pane e Lacerda; di contro non pare un titolo di facile assimilazione per chi è alle prime armi.
Intrigante la meccanica della plancia personale, con le tre pedine supervisore che, muovendosi, permettono di attivare uno o più dei cittadini lì presenti. Gli effetti di tali azioni, uniti a quelli degli esagoni cittadini, dei laboratori opportunamente costruiti e delle cabine di quarantena migliorate, permettono ovviamente una serie potenzialmente lunga e complessa di azioni concatenate tra loro, per la gioia dei giocatori suddetti e un po' meno per chi magari è comunque più avvezzo ai tedeschi, ma apprezza più il lato tattico del gioco da tavolo. Qui, al netto di un minimo di interazione indiretta – l'occupazione degli esagoni cittadini, la scelta di miglioramenti o laboratori che possano interessare gli altri, la corsa a ripopolare gli esagoni e, solo nella versione avanzata, i punti a fine partita per chi ha gestito meglio questo aspetto – sostanzialmente si tratta solo di crearsi un proprio motore di gioco e sfruttare gli incastri al meglio possibile. Da cui consegue, come facilmente immaginabile, un forte rischio paralisi d'analisi.
Senza parlare di particolare originalità, ci sono poi alcuni aspetti dei quali sarà interessante provare la resa: la ruota della ripopolazione (sempre che non sia un orpello con poca variabilità un po' fine a sé stesso, ma che dia quel minimo di imprevedibilità che – parere personale – un gioco come questo necessita); la dinamica dei segnalini ratto, che a fine partita possono togliere una bella fetta di punti; il doppio lato, uguale per tutti e differente, delle plancette personali (le scroll board: immaginatele come dei proclami) che a loro volta garantiscono con dei tracciati ulteriori bonus e punti vittoria; la gestione dei tre supervisori e dei rispettivi tipi di cittadino; soprattutto la gestione di carri e ripopolazione.
Qualcuno l'avrà già notato, un gioco che per tematica e certuni effetti (i malus dati dai ratti, fondamentalmente) può venire facilmente in mente è Notre Dame di Stefan Feld, anch'esso del resto ambientato – diciamo così – nel quattordicesimo secolo. Il gioco della Alea è enormemente più semplice in termini di regolamento e, verosimilmente, meno complesso di questa nuova uscita ceca; ma sarà curioso, dovessi provare Messina 1347, provare a imbastire un confronto tra i due giochi, quantomeno in termini di soddisfazione di gioco e di resa del tema, quantomeno curioso e coi roditori che danno fastidio quasi più di quanto non succeda col lettore medio di Topolino.