Ahaha. Bell'articolo!
Una sera piovosa di un paio di anni fa faccio la conoscenza di questo poderoso parallelepipedo color avana, dall’aspetto solido e sibillino, che si presenta come mio regalo di Natale: Puerto Rico. Dico sibillino perché non so bene cosa aspettarmi mentre lo prendo tra le mani e lo soppeso. Giochi da tavolo… sì, insomma, Risiko!, Gioco dell’oca, tanti titoli MB consumati nell’infanzia (e svariate parentesi con giochi di carte online dalle quali, per uscirne, son stata costretta a disinstallare tutto e strappare ogni codice pacchetto), ma questo è diverso, lo sento che è diverso. D’istinto mi piace: le tessere, la plancia, i dischetti lavoratori, i dobloni fanno il loro sporco lavoro, mi abbagliano. Chi me lo doveva dire che stavo per prendermi una cotta clamorosa?
Mi piace pensare di essere una persona curiosa nell’approcciarmi alle cose; alla lettura, ai videogiochi, alla storia del calcio, a tutte quelle cose che ci riempiono la vita, o dovrebbero farlo.
I giochi da tavolo non fanno altro che aggiungersi alla lista, ultima voce fra gli infiniti motivi di distrazione che mi allontanano da attività produttive quali studiare (ma mi è sempre stato e sempre mi sarà antipatico il concetto di produttività, ahimè) e come da copione divoro tutto ciò che posso, studio, leggo, guardo video su youtube, apprendo vocaboli tecnici, dicotomie ataviche, ricostruisco la storia – ma allora è proprio vero che mentre guardavo quei carrarmati in plastica rosa dimezzarsi dopo un lancio di dadi da qualche altra parte c’era questo, e questo e quest’altro? –, familiarizzo con gli autori come si fa sui testi di scuola con le correnti letterarie, cerco insomma di capire il più possibile questo nuovo mondo del gioco intelligente.
Continuo a rimpinzarmi e rimpinzarmi senza fine, non senza acquisire, diciamolo chiaramente, una certa aria di superiorità classista ogni qualvolta all’ennesima festa si tira fuori il Taboo che piace tanto a tutti. Comunque non è di questo che voglio parlare. Non di bag-building, germanVSamerican, la tattica, la profondità, no; sto parlando di quello che giocare mi ha insegnato su me stessa, perché certe cose si imparano su BGG e certe cose si imparano solo lì, seduti al tavolo.
ODI ET AMO
Puerto Rico ha accompagnato le serate a casa della mia fidanzata (Mademoiselle, d’ora in avanti) con discreto successo, almeno finché non è arrivata la prima vera partita consapevole, dopo quelle di rodaggio per prendere dimestichezza con il gioco.
Perdo. Cazzo se perdo, mi asfalta. Perdo, e di parecchio.
Sul momento imputo la cosa al nostro modo di giocare diverso, dico “io gioco per me stessa, per sviluppare la mia area, tu giochi solo per contrastare me”. Dico così e sorrido, la prendo in giro per quanto è competitiva, ma ci resto male. Aveva più denaro, ha costruito di più, ha giocato anticipando le mie mosse, mi ha messo per tutto il tempo i bastoni tra le ruote, sono alcune delle considerazioni che faccio tra me e me. Mademoiselle mi dà la rivincita, perdo ancora. Dopo qualche altra partita dalla fine simile, misteriosamente Puerto Rico si sposta in pianta stabile da casa sua a casa mia, e da quel momento giocherò solo con i miei fratelli per un bel po’ di tempo.
“Voglio provare nuovi giochi, Puerto Rico ormai l’abbiamo consumato” le dico, e mentre lo dico a lei lo dico un po’ anche a me stessa.
Arriva Agricola, la storia si ripete. Cambiamo gioco, cambiamo ancora. Passa un po’ di tempo e comincio a farmi qualche domanda. Forse non è che non sono competitiva, forse non è che il gioco m’ha stufato. Forse è che sto rosicando abbestia perché il suo modo di giocare è più funzionale del mio, più finalizzato, più consapevole. In una parola, è superiore.
Allora mi son rimessa a studiare, perché se non puoi batterli unisciti a loro. Ho cercato di emulare il suo stile e di capire che cosa non andasse nel mio; ho cercato di seguire di più il flusso di gioco, concentrarmi sui punti a fine partita, sugli obiettivi, ho provato a giocare per vincere e non solo giocare per giocare. Togliere punti a lei piuttosto che far punti per me; per magia Puerto Rico è tornato, è tornato Agricola, ed è tornato qualsiasi gioco spacca cervelli che si possa fare in due. Ma soprattutto ho preso il coraggio a due mani e mi son detta: se perdo, tutto sommato, chissenefrega.
AUTODIFESA
Vacanze di Natale, metto in tavola Carcassonne e mia madre, entusiasta, prova a far sedere al tavolo anche mia nonna. A nulla valgono i suoi “è breve, è divertente, è semplicissimo, solo una partita e poi laviamo i piatti”, la matriarca para tutti i colpi e resta trincerata nel suo “più tardi, magari”. Carcassonne non guarda in faccia nessuno e conquista tutti, arrivano le zie, arrivano i cugini più piccoli, ritorna da più parti l’invito. Sotto diverse insistenze, stanca di respingerci a furia di scuse, infine si lascia sfuggire “non gioco perché se sbaglio mi prendete in giro”.
Lapidario quanto cristallino. Ci resto secca. Mia nonna ha ucciso galline e vari animali con le sue mani, ma ha paura di piazzare una tessera contro un bordo sbagliato.
È una storia a lieto fine: la paura scivola via mano a mano che le tessere compongono la campagna francese che tutti amiamo, anche se nonna fatica un po' a reggersi sulle sue gambe (quel che in gergo si dice problema giocatore alfa, in questo caso giocatore omega, povera vittima di una cricca di entusiasti con poca pazienza).
Quanto ci prendiamo sul serio. Mettersi a giocare fa emergere angoli del carattere che tocca smussare, anche perché, una volta superato l'orgoglio, dietro l'angolo c'è la serata party game con gli amici, il ragazzo che ti piace, ed Happy Salmon. Anche meno, insomma.
PROMEMORIA, PROMEMORIA PER ME
Se a BANG! sei lo sceriffo e uccidi il vice alla tua prima partita non c’è scusa che tenga o specchio su cui arrampicarsi, devi solo alzare le mani e “raga’, che ve devo di’, non c’ho capito niente!”.