Ottimo editoriale, da leggere e rileggere prima di imbarcarsi in qualsiasi tipo di recensione!
È uscito qualche giorno fa l'articolo di Faidutti (http://faidutti.com/blog/?p=5318) circa la "critica a chi critica i giochi". Il testo è in bilingua inglese/francese, vi avviso già, ma, se riuscite a districarvi un attimo con Google traduttore, è molto interessante come lettura.
Molto di ciò che dice, lo condivido; altro andrebbe più approfondito.
Mi ha dato però lo spunto per riflettere un attimo su cosa voglia dire essere un recensore.
Questo mio scritto, non vuole essere un prontuario, una sorta di ricetta magica per essere un buon recensore. Né tantomeno vuole suggerire che trasgredire ad alcuni (o persino tutti) i punti qua presenti faccia di qualcuno un non-buon recensore. In ultimo, lungi da me dal voler attaccare qualcuno in particolare. Cerco di distillare dalla mia esperienza e dal mio "progetto", mescolo con quello che trovo in rete e ne scrivo ciò che ritengo debbano essere i criteri, le modalità e, soprattutto, le responsabilità. Divido l'intervento in tre parti, se no va troppo per le lunghe.
I criteri
Credo che in primis ci sia il conoscere i giochi.
Non tanto quello che si sta per recensire, ma i giochi in generale. Sapere almeno quali siano le principali uscite del mercato e, nel caso di autori con altri titoli alle spalle, valutare almeno il più noto tra i precedenti. Aggiungerei di aver perlomeno letto il regolamento dei capisaldi, di quelli che sono considerati i classici, anche se ormai bistrattati (parlo dei vari Monopoly, Risiko & friends), di quelli che volente o nolente ti ritrovi a consigliare di botto ad un neofita (e penso ai Dixit e Stone Age).
Questo punto, a mio modo di vedere, spesso crea delle distorsioni incredibili sulla realtà. Si parla di meccaniche innovative a fronte di semplici riedizioni di giochi con regolamento aggiornato; ci si vede sciorinare paragoni arditi solo per un componente comune tra due titoli differenti; si parla di profondità quando si intende in verità la durata.
Il paragone coi film può aiutare in questo caso (per quanto io di film sappia poco o nulla): se la nostra ottica di film western è limitata alle scazzottate di Bud Spencer e Terence Hill, chiaramente non apprezzeremo Clint Eastwood a dovere alla sua prima visione, etichettando i suoi film come noiosissimi. Viceversa, bolleremo come sterco i pugnoni sulla testa se arrivamo da sole colonne sonore di Morricone sui film di Leone. Dobbiamo aver visto abbondantemente entrambi i generi per poter recensire come si deve il nuovo film dell'uno o dell'altro filone.
La cosa sfocia immediatamente in un altro criterio: la terminologia. Attenzione, non prendetemi come il bigotto grammarnazi che dir-si-voglia circa i termini. Per quanto possa trovare spiacevoli errori grammaticali e/o sintattici, penso che possano passare in secondo piano (non è vero, ma sarebbe un altro articolo) rispetto agli errori di termini ludici.
Qua so che c'è un grosso dibattito aperto circa alcune definizioni, alcune dinamiche o meccaniche che sfumano come nebbia una nell'altra. Ma, permettetemi, è fondamentale sapere la differenza tra strategia e tattica. È necessario sapere quando si parla di "piazzamento lavoratori" e quando semplicemente un "omino è messo su qualcosa" (ho letto di Carcassonne come piazzamento lavoratori e ne sono rimastro traumatizzato). Qua la scala è infinita: ci si può iniziare a documentare su siti dedicati come Tana (-> Goblinpedia) e BGG, per poi cominciare ad addentrarsi su qualche testo online di game design come su Gioconauta o Games Precipice, per finire su veri testi scritti a riguardo di autori/ricercatori e tavole rotonde sul genere (penso a Maresa Bertolo, Marco Valtriani, eccetera).
Serve un altro paragone? Provate a dire ad un cultore di Doctor Who che è una serie di sola fantascienza, o ad un amante dei Pink Floyd che i Paramore sono un gruppo rock ed avrete il quadro preciso.
Infine, è bene decidere QUALE sia il proprio pubblico, e DI COSA si vuole realmente parlare.
Si parla a dei neofiti per introdurli al mondo del gioco? Sarà bene scegliere bene i termini e i giochi da recensire/proporre tenendo presente che la durata e il regolamento sono i punti più importanti.
Vogliamo parlare di educare con il gioco (penso a Matteo Sassi)? Allora bisognerà allegare almeno la parte in cui si spiega quali siano le finalità di ciascun gioco.
Questi sono esempi, ma poi ci sono tante altre cose che sfruttano i giochi come vettore, come tramite, come ispirazione per parlare di altro. Dado Critico parla delle sue serate di gioco e delle esperienze legate ai giochi, Luca Bonora parla del viaggiare.
Ci sono poi divulgatori che scrivono per testate in cui è già un'ottima cosa il fatto che si parli di giochi e quindi si limitano a suggerire liste di titoli... le possibilità sono decisamente molteplici.
L'angolo estremo dello spettro risiede nelle recensioni per Gamer, in cui c'è la dissezione delle meccaniche e delle dinamiche di gioco; della analisi della componentistica e della ergonomicità.
Sono quindi arrivato al criterio finale. Quello basilare, per quel che vedo, per avere successo.
[Successo che poi, chiariamoci: un po' tutti dicono non essere interessati ad averlo, ma, siamo anche sinceri, se facessimo 2 views a post (la nostra per controllare che sia tutto a posto e quella della morosa perchè obbligata) immagino che in breve molleremmo senza problema]
Metterci del proprio. Davvero!
Sempre più spesso noto la tendenza ad "ispirarsi" a format già definiti. Al rifugiarsi dietro all'oggettività senza lasciar trasparire il proprio giudizio. Alla diplomazia del trovarci sempre qualcosa di buono.
Se uno stile di scrittura o di impostazione del post non è il tuo, presto o tardi perderai la verve. O comunque le reazioni di chi legge non saranno le stesse. Perché di fatto non leggono te, il sole; leggono il riflesso, la luna. Se fosse così semplice avere la stessa reazione del pubblico semplicemente ideando una nuova storia e riprendendo lo stile o i personaggi altrui, tutti potremmo aver scritto un Signore degli Anelli. E se avessimo chiesto allo stesso Tolkien di creare una coreografia per il film Save the last dance, probabilmente avremmo notato che qualcosa non andava.
Parimenti, se non ci metti niente di tuo.
Fosse anche solo un "trovo difficile la parte X" o "ci vuole un gruppo di amici che non va in paralisi" il tuo scrivere è una mera riedizione traballante del regolamento. Personalmente, preferisco leggere il regolamento completo del gioco, se non altro, posso leggere anche gli esempi che l'editore ha inserito.
Dal canto mio, in entrambi i punti ho risposto creando un qualcosa che collimasse bene con la mia capacità di attenzione sui filmati che trovavo su youtube. Non saprei mai fare un tutorial o parlare per 20 minuti di un solo titolo: mi annoierei durante la registrazione. Così come quando recensisco, cerco sempre di spiegare a chi si rivolge un titolo e se con me ha funzionato (e quando); aggiungo poi sempre nell'articolo un "se devo trovarci qualcosa di negativo", perchè credo che nessun gioco sia perfetto ed è giusto segnalare cosa PER ME sia un difetto in quel determinato titolo. Allo stesso tempo, poichè le recensioni le faccio solo di ciò che mi è piaciuto, ho pensato fosse giusto creare il format del vlog, dove invece parlo di TUTTO. Dove a volte non parlo nemmeno bene del gioco, ma della partita. Cazzeggio parlando di giochi e tralascio tutta la formalità.
Vi posso dire che è il vlog quello in cui recepisco più feedback e statisticamente vedo più seguito. Credo perchè c'è più DI ME al suo interno.
Chiudo qua e attendo i vostri pareri! Anche fosse solo per suggerirmi di tenere nella penna le parti 2 e 3 di questa sproloquiata.