
Ogni volta in cui penso che il Signor Darcy abbia dato il meglio di sé, si supera.
Come sarebbe uno dei più famosi film di Natale se fosse incentrato sui giochi da tavolo?
Ogni volta che ci sentiamo tristi, frustrati per il lavoro, o delusi dalle persone, abbiamo bisogno dell'abbraccio di una madre o di un padre, di un figlio o una figlia; di una moglie o di un marito, o magari dei nonni. L'abbraccio ci tiene vivi, ci fa sentire protetti; ma, quando le braccia si aprono e il mondo ci assale di nuovo con la sua asfissiante presenza, è allora che tutto ciò che desideriamo sono un paio d'ore, gli amici, una birra, un gioco da tavolo.
A volte ci dicono che siamo bambini, che dobbiamo crescere; la verità è che non ci capiscono. Come disse quell'altro, in verità sono loro che, smettendo di giocare, stanno arrendendosi alla vecchiaia.
Quando si sta giocando, per quanto ne so, le persone dimenticano per qualche ora i loro problemi e gli attriti con il mondo e, anzi, parlano volentieri di quello che di bello c’è nelle loro vite. Il gioco amplifica le cose belle e dà valore a quegli abbracci.
Possiamo dire che, in un certo senso, il gioco è come l’amore.
Se lo cerchi, il gioco davvero è dappertutto.
“Non abbiamo fatto altro che inserire le miniature e sostituire i cubetti con i personaggi di Guerre stellari. Non è una vera, grande, fumante, merda?”
“Totalmente, Billy”, convenne il giovane youtuber guardando disperato il microfono per non dover sostenere lo sguardo beffardo dell'uomo sbilenco che gli stava di fronte.
“Ma non sarebbe meraviglioso se, per questo Natale, il gioco più venduto fosse quello di una vecchia cariatide che non imbrocca un titolo da vent’anni?”
David entrò nella sede della ditta in un freddo venerdì mattina, la città che non chiedeva altro che di cambiare la stanchezza accumulata durante la settimana con l’effimera euforia di un nebbioso fine settimana.
Si era ritrovato presidente senza particolare convinzione, quasi per caso, perché – almeno stando alle parole di quei balordi del consiglio d’amministrazione – lui era l’uomo giusto per dare nuovo lustro a una linea editoriale che cominciava a vacillare dietro i colpi della modernità. Così avevano detto.
David insomma era già nervoso di suo quando la segretaria gli presentò la sua nuova assistente.
“Signorina…”, la salutò lui, glaciale dietro la sua corazza di Armani.
“Ciao. Cioè, voglio dire, salve. Oh, merda…”, disse lei, rossa come un gambero.
David sorrise. "Beh, meno male che non mi hai dato del coglione." Ridacchiò anche lei, ma si ricompose subito.
Lui le fece un cenno con la testa, poi entrò nel suo nuovo ufficio. Solo allora tornò a rabbuiarsi.
Suo figlio era triste da parecchio tempo e passava sempre più tempo chiuso in camera. Daniel non voleva certo intromettersi - era stato un ragazzino introverso anche lui. Però era preoccupato: ormai non passava giorno senza che al telegiornale ci fossero notizie di attacchi di bulli, di percosse a scuola e di altre questioni che coi bambini - e con l'uomo in generale - non dovrebbero proprio avere a che fare. Si fece coraggio e bussò alla porta della camera.
"Ho detto di non disturbarmi!", ruggì lui.
"Come vuoi, Sam", disse Daniei, scuotendo la testa. "Ma, sei vuoi parlarne, sono qua; intesi?"
“Permetti una domanda personale?” chiese Judy, prendendo due cammelli dalla riserva.
“Certo! Spara.”
“Ti sei mai innamorato? “, chiese lei, arrossendo un po’.
“Molte volte. Ma loro non l’hanno mai saputo”, rispose Jack, il sorriso amaro sul volto, mentre posizionava il dado rosso sullo spazio dei contratti.
Lei rise brevemente e lo guardò con tenerezza; poi mise due dadi da sei sul viaggio, afferrò una manciata di monete di cartone e fece volare il cagacasette per l'intera via della seta.
“Il suo tè, signore”, disse la ragazza, sbirciando la locandina sulla scrivania del presidente.
“Grazie, Natalie. Appoggia pure qui”, rispose David, notando la sua fugace occhiata. “Che ne pensi?”
“Oh… mi scusi… scusa, David. Non volevo farmi gli affari tuoi.”
“Mi interessa il tuo parere. Forza, di’ quello che pensi.”
“Io… non so se posso permettermi...."
"Puoi."
"Ecco, insomma... ancora questi vecchi giochi?”
“Spiegati”, la esortò lui, più interessato di quanto desse a vedere.
Lei pensò qualche secondo alla risposta, soppesando bene le parole che avrebbe usato. “Voglio dire: sono giochi storici; ma là fuori è pieno di cose moderne, ci sono nuove meccaniche… e i kickstarter, poi!”
“Tu giochi, Natalie?”, la interruppe lui.
“Abbastanza" tagliò corto lei. "David, scusa se mi sono permessa.”
“Tsk! Dove andremo a finire, di questo passo?” chiosò lui, sorridendole. Lei uscì.
David guardò il manifesto; poi il soffitto. Ripensò al volto di lei. Infine sospirò.
“Oddio. Ci mancava solo questa.”
"Papà...", disse Sam, avvicinandosi a suo padre, seduto in poltrona.
"Dimmi, piccolo."
"Perché l'amore fa soffrire così tanto?"
"Non lo so, Sam", disse Daniel, sentendosi improvvisamente sollevato nel constatare che i problemi di suo figlio, alla fin fine, fossero così dolorosamente normali. "Non l'ho mai capito."
"Non so cosa fare, papy."
"Sai cosa penso, Sam? Che conosco qualcuno che può aiutarci sull'amore - quello puro e incondizionato. Qualcuno che amiamo anche se ci delude e non è più quello di una volta."
"E chi? La mamma?"
"No, Sam: la mamma ci ama sempre, ma queste sono cose da uomini."
"E chi, allora?"
"Che domande: Feld."
Stavano giocando a Maria da un paio d’ore quando Peter si alzò per andare in bagno.
Fu lei a rompere il silenzio. “Mark, di’ qualcosa, su!”
“Non so che dirti, in realtà, Juliet.”
“Ti sto così antipatica?”, provò a spronarlo. “So che non abbiamo un grande rapporto, ma…”
Lui non sapeva bene cosa dire, e farfugliò qualcosa che in realtà - se ne rendeva conto - non aveva granché senso compiuto.
“Scusa, non volevo metterti in imbarazzo”, aggiunse lei. “È che ci tengo tanto: sei il miglior amico di Peter e vorrei che anche noi fossimo amici.”
“Sì… certo…” disse lui, cercando di dissimulare la poca convinzione; se ne pentì immediatamente, mordendosi il labbro inferiore.
Lei fece per dire qualcos’altro; poi si fermò, stupita, come colta da un’illuminazione. “Ma... tu mi parli a mala pena!”
Lui chiuse gli occhi e sospirò qualche secondo. “Pensiamo alla partita, ok?”, disse, sentendo il rumore dello sciacquone. “Peter sta tornando.”
“Dunque questo Lacerda è il tuo autore preferito, eh?”, le chiese Jamie, cercando di mostrarsi meno incuriosito di quanto non fosse.
“Sì!”, rispose Aurelia. “Fa dei bei giochi. Poi, sai, mia madre è portoghese, quindi… Senti, vuoi provarne uno?”
“No, ti ringrazio. I giochi da tavolo mi annoiano un po'. Anzi, a dire il vero non so nemmeno perché sono tornato qui...”, disse lui, sapendo di mentire: quello era il momento della settimana che preferiva di più. La verità è che avrebbe voluto tremendamente dirle di sì; ma era più forte di lui. La ragazza e i suoi amici avevano l’aspetto sbarazzino dei vent’anni e – se ne rendeva tristemente conto - parlavano una lingua diversa.
“Ti ringrazio, comunque. E… be’, se qualche volta ti va di provare qualche gioco di ruolo…”
“Un’altra volta, magari, eh? Non rimanerci male; ma vengo qua per giocare, non per studiare.” Lo disse cercando di apparire simpatica, ma Jamie si sentì ferito. La salutò, le volse le spalle e uscì nel freddo della strada, dandosi dello stupido.
Jack prese coraggio mentre lei, con calma olimpica, stava decidendo se pubblicizzare i succhi di frutta o gli hamburger. “Ti va di uscire con me?”
Judy sussultò, rovesciando il bicchiere d’acqua sulle carte dell'organigramma. “Oddio, cazzo! Scusa.”
“Tranquilla, tanto è uno Splotter, lo puoi solo migliorare.”
Lei rise sguaiatamente. Poi accettò con entusiasmo.
"Joanna non mi degna di uno sguardo, papà."
"Mannaggia."
"La mia vita è finita", disse Sam, tristissimo.
"Ma non dire stupidate, scemo". Daniel diede un buffetto al figlio. "Sai cosa devi fare? Sorprendila!"
"E come?", chiese il ragazzino, dubbioso.
"Non so, nvitala a casa tua e giocate a qualcosa."
"Ma papà! A nessuno della mia classe piace giocare, è roba da vecchi."
"Grazie."
"Scusa. A me piace, lo sai: è bello giocare con te. Ma i miei amici hanno altre..."
Daniel interruppe il figlio. "Sì, sì, i telefonini, instagram, le canne..."
"PAPÀ!"
"Dai, scherzo", disse Daniel cercando di trattenere le risate; poi tornò serio. "Sam, ascolta il tuo vecchio: provaci. TIra fuori, che so... Fantascatti. Ecco, sì: Fantascatti è tipo... tipo Borghese che ribbalta il risultato."
“Tony, ehi! Mangiacrauti che non sei altro!”, disse Colin entrando nella sala della ludoteca con l’arrogante spavalderia del Danny Zuko di provincia.
“Colin, ciao! Che ci fai qui?", disse l'amico che poi, cercando di dissimulare la sorpresa col sarcasmo, aggiunse: "Nostalgia di Agricola, eh?”
“Dei contadini che figliano solo quando hanno fatto ordine in camera? Anche no, grazie."
"E allora che ci fai qui?", volle sapere l'altro.
"Tony, ho trovato il pa-ra-di-so", disse Colin, scandendo le sillabe. "E anzi, sabato muovi il culo che ci manca un sesto per Here I stand.”
David appoggiò sbuffando la rivista sul tavolino di cristallo, la sua faccia scavata sbattuta in copertina. “Elizabeth, portami un caffè, ti prego!”, urlò poi attraverso la porta chiusa.
La nuova assistente entrò, pose il vassoio sul tavolo – grazie, prego – e uscì. David le guardò il bel culo, quasi con un gesto meccanico, senza reale interesse. Bevve in silenzio, assorto nei suoi pensieri.
Fuori le ombre della sera stavano lasciano il posto all’oscurità. Alla fine si decise: fece una rapida telefonata; poi chiese alla segretaria l'indirizzo che gli occorreva e ordinò che gli preparassero la macchina aziendale.
Quella manciata di chilometri, nel traffico della vigilia, gli sembrò eterna; l'attesa lo stava divorando.
Era quasi stremato quando suonò al campanello; gli aprì una bella donna sulla cinquantina, nei cui occhi David riconobbe la curiosità della figlia. Stava per chiedere di Natalie, quando lei comparve sulla scala che saliva al piano di sopra.
“Avete visto dove ho lasciato quella cavolo di borsa coi giochi?” Si bloccò appena lo vide si bloccò. “Oh… David! Ciao.”
“Natalie…”
“Mamma, lui è…”
“Lui è David. L’avevo capito, ho visto la sua foto sul tuo giornaletto”, la interruppe la madre, guardando interessata l’uomo.
“Avevo bisogno di sua figlia. Sa’… affari di lavoro.”
“Certo, certo. Entri pure!”, rispose lei, maliziosa, facendo strada; poi lasciò l’uomo e la figlia da soli e tornò in cucina, sorridendo.
“Allora? Che c’è, hai scoperto I coloni di Catan?", disse ironica Natalie, guardandolo dolcemente.
Lui le sorrise, finalmente felice. Sì" - le prese la mano - "e anzi, ho appena acquistato la tua azienda."
Alla fine della quarta ora di gioco Judy si asciugò il sudore con il tovagliolo, inondando le pianure degli Stati Uniti con le briciole degli Oreo. “Dai, forse ce la faccio a salvare la compagnia!” disse, speranzosa.
Jack non ci pensò due volte: appoggiò i gomiti fra le ferrovie e afferrò la mano di lei; Juliet e Peter guardavano sorpresi la scena, inattesa quanto sorprendente.
“Judy, vuoi diventare azionista della mia vita?”
Lei arrossì, felice. “Sì, mille volte sì!”, rispose. "Ora però muoviti, che alle due qua chiudono."
I may not always love you;
but, long as there are stars above you,
you never need to doubt it.
I'll make you so sure about it.
God only knows what I'd be without you.
If you should ever leave me,
though life would still go on: believe me.
The world could show nothing to me,
So what good would livin' do me.
God only knows what I'd be without you.
God only knows what I'd be without you.
If you should ever leave me,
though life would still go on: believe me.
The world could show nothing to me,
so what good would livin' do me.
God only knows what I'd be without you.
God only knows what I'd be without you.
God only knows.
Ogni volta in cui penso che il Signor Darcy abbia dato il meglio di sé, si supera.
Ogni volta in cui penso che il Signor Darcy abbia dato il meglio di sé, si supera.
ogni volta che penso, il Signor Darcy si supera.
Auguri a tutti!!!
Ogni volta in cui penso che il Signor Darcy abbia dato il meglio di sé, si supera.
ogni volta che penso, il Signor Darcy si supera.
Auguri a tutti!!!
Penso...ed il Signor Darcy si supera! :-P
Tanti auguri goblin!!!
Penso. Quindi quando mi supero metto la freccia.
Auguri a tutti voi.
Ogni volta che Darcy si supera, penso
Bravissimo letto tutto d'un fiato!
Auguri a tutti i pelleverde!
quando leggo il Signor_Darcy penso a quanto mi supera
Ogni volta. Darcy.
SUPERA!
Quando supero mi penso!
Per scrivere un commento devi avere un account. Clicca qui per iscriverti o accedere al sito
Accedi al sito per commentare© 2004 - 2023 Associazione Culturale - "TdG" La Tana dei Goblin
C.F./P.IVA: 12082231007 - P.le Clodio 8, 00195 Roma
Regolamento del sito | Archivio | Informativa privacy e cookie | Contatti
La Tana dei Goblin protegge e condivide i contenuti del sito in base alla seguente licenza Creative Commons: Attribuzione - Non Commerciale - Condividi allo stesso modo, v.4.0. Leggi il testo sintetico, oppure il testo legale della licenza.