Gli italiani non sanno fare la fila. Dopo ventun anni di lavoro in aeroporto, lo posso affermare con certezza: la fila all'italiana è "a imbuto": uno davanti, dietro altri due o tre singoli, poi a coppie, poi quattro insieme e così aumentando e litigando su chi è arrivato prima. Uno dei popoli che invece riesce ad aspettare il turno con un ordine impeccabile, è quello polacco.
Impersoniamo i membri di una famiglia polacca, che, turno dopo turno, si dovranno piazzare nella postazione migliore davanti ai vari negozi per poter avere la possibilità di comprare... sempre che al negozio arrivino i rifornimenti.
Ogni famiglia ha una lista della spesa dove è scritto quanti oggetti per ogni negozio dovremo comprare per vincere; avremo alcune "settimane" per riuscirci (ogni "settimana" è divisa in cinque "giorni").
Il flusso del gioco tipico di ogni giorno è il seguente:
- mettersi in coda: piazzare un membro alla volta della nostra famiglia in fila davanti a uno dei negozi che ci interessano; una volta esauriti tutti i componenti della famiglia di tutti i giocatori, si piazzano anche gli speculatori (pedine nere);
- consegna delle merci: scoprire le carte del mazzo delle merci in arrivo, nel numero dei giocatori;
- saltare la coda: pescare tre carte fila dal proprio mazzo, per apportare modifiche all'ordine attuale delle pedine; questa fase apporta notevole interazione, in quanto le carte fila (che sono uguali per tutti) consentono grandi cattiverie;
- scambio delle merci al mercato all'aperto: le pedine appostate in coda in questo spazio, ora possono scambiare la propria merce con quella disponibile al mercato in rapporto 2:1, per ogni merce presa, ne dobbiamo lasciare due; solo la pedina che è l'operatore di mercato può scambiare con rapporto 1:1;
- PCT (tempo di preparazione dalla chiusura): fase di pulizia, di preparazione al "giorno" successivo.
Oltre a tutto questo, alla fine del quinto turno/giorno, scatta la fase del sabato, ovvero:
- si riordina il tabellone;
- le carte fila scartate vengono riconsegnate ai rispettivi giocatori;
- le carte consegna merce che erano state messe nel bidone dei rifiuti vengono mescolate e messe sullo spazio consegna;
- la pedina dell'operatore di mercato (che di giorno in giorno si sposta) viene posta di nuovo sul primo spazio.
Il gioco termina immediatamente quando uno dei giocatori ottiene tutti gli oggetti della propria lista, ed è quindi dichiarato vincitore.
Prima di scrivere questo articolo, ho fatto una lunga chiacchierata con Iwona, nata e cresciuta a Varsavia fino a metà degli anni Ottanta, quando si trasferì in Italia.
Iwona si ricorda bene di quegli anni di cibo razionato con le tessere: la prima per lo zucchero nel 1976, poi per tutto il resto; la tessera purtroppo non ti dava garanzia di ottenere alcunché, a volte la commessa apriva il negozio e non c'era stato rifornimento.
Si ricorda i negozi chiamati Delicatessen (dei mini-market), dove si faceva la fila per ogni reparto, ma per fortuna ci si dava una mano l'un l'altro, chiedendo di tenerci il posto. Si ricorda della volta che era andata al negozio di cancelleria ed era arrivato un carico di carta igienica: ne comprò cento rotoli, che la sua famiglia barattò in parte con una zia che abitava dall'altra parte della capitale e che aveva comprato caffè in abbondanza.
La carne era la merce più ricercata, perché il razionamento era più ristretto: solo alcune categorie avevano diritto ad avere più carne, come i minatori e i militari. Insomma, negli anni Ottanta, che noi italiani ricordiamo come periodo di abbondanza, la Polonia, che è uno dei Paesi europei con più pascoli e agricoltura, era costretta in ristrettezze alimentari.
C'erano negozi dalle vetrine coperte, in cui poteva entrare solo chi aveva la tessera del partito. C'erano tessere per tutto, anche per poter comprare alcoolici, sigarette, scarpe (no, i vestiti no: per quelli si andava dalla sarta).
E non dimentichiamo le auto: un tipo solo, Fiat 125 prima e Fiat 126 poi: agli iscritti al partito davano un talon (buono) per il prezzo agevolato (prezzo deciso dallo Stato); alcuni di quelli che la compravano, la rivendevano al mercato nero a prezzo doppio o triplo.
Cold War (Zimna wojna, 2018) diretto da Paweł Pawlikowski, vincitore della Palma d'Oro a Cannes per la miglior regia, racconta invece la travagliata storia d'amore di Wiktor, direttore di coro e Zula, una delle sue coriste. Si prenderanno e si lasceranno innumerevoli volte, sullo sfondo dell'Europa degli anni Cinquanta e Sessanta, divisa dal muro di Berlino.
Lui borghese e intellettuale, lei bellissima e proletaria, non a caso lei a detta di alcuni critici impersona la Polonia stessa, da cui Wiktor cerca di tornare incessantemente. Non si tratta solo di un film romantico: la musica è un'altra chiave per comprenderlo appieno. Wiktor è andato nei paesini dell'entroterra polacco per studiare le canzoni folk e per tramandarne la bellezza facendole cantare al suo coro, ma è costretto dai politici a far cantare anche le canzoni che celebrano Stalin e la riforma agraria.
Oh, come sono permeabili le frontiere umane!
quante nuvole vi scorrono sopra impunemente,
quanta sabbia del deserto passa da un paese all’altro,
quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui
con provocanti saltelli![...]Solo ciò che è umano può essere davvero straniero.
Il resto è bosco misto, lavorio di talpa e vento.(da Salmo, Wislawa Szymborska)
Bel film, Cold War, davvero, e denso di significati. Però adesso vi piazzo il gran finale, uno dei classici-intramontabili-evergreen, un capolavoro: il meraviglioso Vogliamo vivere! (To Be or not to Be) di Ernst Lubitsch datato 1942.
Lubitsch, regista tedesco naturalizzato americano (vedi il precedente articolo "Sinfonia del chiaroscuro") noto per aver dato il via alla commedia sofisticata - tra i suoi titoli ricordo almeno Mancia competente (Trouble in Paradise, 1932) – dirige in piena seconda guerra mondiale una commedia che con leggerezza ed eleganza ha il coraggio di prendere per i fondelli Hitler e i nazisti, con gag che a noi posteri fanno venire in mente l'ironia di Taika Waititi e del suo Jojo Rabbit (id., 2019).
L'arte del teatro e la forza dei drammi shakespeariani col monologo del Mercante di Venezia Shylock come salvezza dalle brutture della guerra sono da mettere in parallelo con il salvifico cinema di Quentin Tarantino in Bastardi senza gloria (Inglorious Basterds, 2009).
Merita senza dubbio una menzione e un ricordo l'attrice principale: è Carole Lombard, diva degli anni Trenta e Quaranta del cinema muto prima e della screwball comedy poi, qui nella sua ultima apparizione prima di morire a 33 anni in un incidente aereo.
PS: Ringrazio Cristiano, che ha suggerito l'abbinamento Kolejka – Cold War.