"Ci sono solo due categorie di personaggi: i cattivi e i molto cattivi, ma siamo giunti a un accordo: chiamiamo buoni i primi e cattivi i secondi" (Fritz Lang).
"We only say goodbye with words / I died a hundred times / You go back to her /And I go back to black" (Amy Winehouse).
Ci sono parecchi giochi deduttivi in circolazione, ma pochi che abbiano tentato di ricreare l'atmosfera dei film noir classici. Ed è per questo che ho subito approfittato della possibilità di provare in anticipo Mantis Falls - autore Ardian Kerrihard- che si trovava su Kickstarter l'estate appena trascorsa, sottoscrivendo il pledge dei file print & play.
Traduco il testo di colore dal paragrafo introduttivo del regolamento: "Vi trovate negli anni Quaranta, in una cittadina governata dalla mafia, e almeno uno di voi è stato testimone di qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Dovete arrivare vivi all'altro capo della cittadina, dove ci sono delle persone che vi possono proteggere, ma il vostro viaggio sarà pericoloso. Vi hanno detto che un altro testimone si unirà a voi. Collaborando, avrete più chance di sopravvivere. Ma se costui non fosse chi dice di essere?"
Innanzitutto è un gioco di social deduction, come ce ne sono tanti, da The Resistance a Ultimate Werewolf, però ha il pregio di colmare un vuoto: è solo per due (o al massimo tre) giocatori. In Mantis Falls, all'inizio si pesca a caso una carta personaggio: uno dei giocatori impersona un testimone di un delitto, l'altro può essere un altro testimone che lo aiuterà, oppure un assassino che tenterà di ucciderlo (in tre giocatori, due saranno sicuramente buoni e il terzo sarà o buono o l'assassino). Obiettivo del testimone è arrivare sano e salvo alla fine del percorso, oppure uccidere l'assassino; obiettivo dell'assassino, ovviamente è uccidere uno dei testimoni e sopravvivere. Se muoiono sia l'assassino sia un testimone, finisce in pareggio.
Chiaramente, essendo un gioco a ruoli nascosti, le cose non saranno semplici e le discussioni animate. Praticamente non si sa se stiamo giocando a una partita cooperativa pura o con traditore fin quasi alla fine.
Si prepara il tabellone con le carte inizio/sunset/night/dark/arrivo che formano la strada in una griglia 3x4, le carte evento, le carte azione e le carte alleati. Ogni giocatore riceve un segnalino e un life tracker con i tracciati wounds (ferite) e last gasps (ultimi respiri). I turni si svolgono in questo modo:
- movimento (opzionale);
- pescare un evento, che potrà essere seen o unseen, cioè visibile a tutti oppure solo a chi è di turno, che porta quindi a bluffare, ad esempio attribuendo il massimo delle ferite consentite all'avversario;
- fase principale, dove si può: giocare carte azione (anche più di una a patto che siano dello stesso seme), oppure conservare energia (conservare una carta azione per dopo), oppure scartare carte azione fino a due, oppure non fare nulla;
- fase risoluzione delle azioni;
- fase risoluzione dell'evento (da parte del giocatore di turno): gli eventi possono essere di tipo incident, che infliggono quasi sempre ferite, oppure opposition, che possono essere prevenuti giocando le carte adeguate nella fase precedente;
- ripristino della mano di sette carte azione.
Intelligente il fatto di risolvere la fase delle azioni girando una carta a testa in alternanza, prima un giocatore poi l'altro, anziché tutte di fila.
Quando un giocatore ha subìto troppe ferite, arriva alla fase last gasps, ovvero ha un ultimo turno per giocare delle carte per risanarsi dalle ferite, e se ci riesce, il gioco riprende; se invece non riesce o se ha già esaurito i tre last gasps, il personaggio muore.
Il manuale è scritto chiaramente, ho apprezzato i box in differenti colori che evidenziano in rosso le parti per due giocatori, in nero quelle per tre. Auspico che un editore italiano localizzi Mantis Falls, il testo sulle carte è parecchio e potrebbe frenare molti dall'acquisto [nel frattempo è stata annunciata la localizzazione da parte di Fever Games, NdA].
Sia l'atmosfera di diffidenza e inganno sia la storia che si va via via dipanando durante il gioco contribuiscono decisamente a dare l'impressione di essere un personaggio di un romanzo hard boiled o di un film noir.
Ma come possiamo definire un film noir?
Alcuni critici negano il fatto che il noir sia un genere, è più assimilabile a uno stile, un'atmosfera che contamina generi contigui come gangster, poliziesco, giallo. Innegabili però sono i connotati del cinema noir.
Grazie all'influenza dei registi di lingua tedesca emigrati negli USA negli anni '20, come Lubitsch, Murnau, Wilder, Preminger e Stroheim, il noir prese alcuni elementi dell'espressionismo tedesco come chiaroscuri, ombre, squarci taglienti di luce, elementi diagonali, posizionamento non ordinario della macchina da presa. A questi si aggiunsero la città nebbiosa (finalmente c'erano i mezzi per fare riprese in esterno), la notte, la pioggia, le figure della femme fatale e del private eye, eroe imperfetto, disilluso e nichilista, che rifletteva lo stato d'animo del popolo al termine della Seconda Guerra Mondiale, la paura dell'atomica, del comunismo e del maccartismo. Questo tipo di B-movie diventò di moda durante la Grande Depressione, quando per dare una ventata di ottimismo si aprirono centinaia di sale cinematografiche in America, e le major usarono l'escamotage del block booking, obbligando le sale che volevano i film più richiesti a comprare anche un tot di pellicole a basso costo, per essere sicuri di incassare il più possibile. Il rigido codice Hays faceva limare le parti più scabrose dei romanzi di pulp fiction da cui erano tratti, lasciando all'immaginazione dello spettatore il "non detto" su omicidi, crimini e scandali vari.
Durante gli anni '40 e '50 del secolo scorso sono usciti capolavori come Il Sospetto (Suspicion, A.Hitchcock, 1941): la scena di Cary Grant che sale le scale col bicchiere di latte è la summa del clima di diffidenza tra i personaggi di tutto il genere noir; Il mistero del falco (The Maltese Falcon, J.Houston, 1941); La fiamma del peccato (Double Indemnity, B.Wilder, 1944); Gilda (id., C.Vidor, 1946): Rita Hayworth è indimenticabile fasciata nell'iconico abito da sera; Il grande sonno (The Big Sleep, H.Hawks, 1946); Notorious (id., A.Hitchcock, 1946): la famosa scena della chiave, virtuosismo della macchina da presa; La dalia azzurra (The Blue Dahlia, G.Marshall, 1946); La signora di Shangai (The Lady from Shanghai, O.Welles, 1948): memorabile la scena finale del labirinto di specchi; La sanguinaria (Gun Crazy, J.H.Lewis, 1949); Niagara (id., H.Hathaway, 1953): una Marilyn Monroe sorprendente in un ruolo negativo; Il grande caldo (The Big Heat, F.Lang, 1953); Un bacio e una pistola (Kiss Me Deadly, R. Aldrich, 1955): importante per l'ispirazione che ha dato ai registi della nouvelle vague francese; L'infernale Quinlan (Touch of Evil, O. Welles, 1958).
Tutti film che hanno contribuito all'immaginario collettivo e che hanno ispirato i registi del futuro a continuare il filone con il neo noir, ma di questo parlerò (forse) un'altra volta.
Ho volutamente tralasciato Vertigine (Laura, 1944), capolavoro dell'austriaco Otto Preminger, film capostipite del sottogenere noir onirico, perché merita di essere approfondito.
In breve, la trama: il tenente McPherson indaga sulla morte dell'affascinante pubblicitaria Laura, che è stata uccisa sulla soglia di casa con dei colpi di fucile in pieno volto. Chi sarà il colpevole? Il dandy Waldo che l'amava platonicamente, oppure il fidanzato playboy Shelby, oppure ancora la zia, amante facoltosa di Shelby?
Come già accennato poc'anzi, la sicurezza della personalità era stata messa a repentaglio sia dalla seconda guerra mondiale sia dalla psicanalisi, le cui teorie venivano utilizzate nelle trame dei romanzi pulp, e di conseguenza negli adattamenti per il cinema. Le storie e i personaggi diventano più ambigui, sfruttano ad esempio il tema del doppio. Laura non è ambientato a Los Angeles, ma a New York, non in esterni ma in interni che ostentano lusso e opulenza: eppure è uno dei noir più intriganti, da studio.
Il richiamo al doppio è ripreso più volte: la pendola che si vede all'inizio in casa di Waldo, identica a quella nell'appartamento di Laura, che appare rotta nell'ultima inquadratura; il salotto di Laura è dominato da un ritratto della defunta, doppione che fa innamorare il tenente McPherson; la protagonista assume in ufficio una modella che le somiglia molto, e il suo fidanzato la tradisce proprio con questa modella.
Nella sequenza più famosa del film, McPherson si reca a ispezionare l'appartamento di Laura, fruga tra i suoi abiti, annusa il suo profumo e infine si addormenta sulla poltrona accanto al dipinto che la ritrae. La macchina da presa stringe sul volto del tenente, poi allarga di nuovo su figura intera: da qui parte il punto di svolta, ma sarà realtà o sogno? Non ci è dato sapere, il film è volutamente ambiguo.
Consiglio caldamente di vedere, se interessati ad approfondire l'argomento, tutti i film della lista.
Una volta esaurita, sarete pronti per apprezzare uno dei migliori film della coppia Carl Reiner (regista) e Steve Martin (attore): Il mistero del cadavere scomparso (Dead Men Don't Wear Plaid, 1982). Un anno prima di Zelig (id., W.Allen, 1983), Reiner sfrutta le nuove tecnologie di editing per integrare i gloriosi attori del passato con i personaggi di un nuovo film, creando un omaggio e una parodia, con una trama ai limiti dell'improbabile che inizia con la dark lady Rachel Ward che assume il detective Steve Martin per fare luce sulla scomparsa del padre, uno scienziato che stava facendo esperimenti col formaggio. Da vedere minimo per il divertimento di riconoscere i grandi del passato, da Humphrey Bogart a Veronica Lake, a Bette Davis, a Lana Turner e Burt Lancaster.
Colonna sonora consigliata: PJ Harvey Down by the Water del 1995; Martina Topley-Bird Stevie's (Day's of a Gun) del 2003; Amy Winehouse Back to Black del 2006; Lana Del Rey Blue Jeans del 2011; Daughter Youth del 2011.