"Queste non sono le decisioni di cui abbiamo bisogno. Sono le decisioni che ci meritiamo".
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Fermi tutti: è proprio il caso di dirlo. Oggi cominciamo a entrare nei meandri della paralisi da analisi.
Quella che segue è la traduzione della prima parte di una disamina che affronta il problema della paralisi di analisi nei giochi da tavolo. L'articolo è stato originariamente postato da Luke Laurie (autore di The Manhattan project: Energy empire) sul sito leagueofgamemakers.com, che ringraziamo per la disponibilità
All’inizio fu preoccupante: ero pietrificato.
Guardavo i miei meeple, quasi singhiozzavo.
Lessi ancora le mie carte,
pieno di dubbi su quale avrei scelto;
e sapevo
che probabilmente avrei perso.
Da wikipedia: “La paralisi da analisi è un contro-modello: è il pensare, l’analizzare a oltranza una situazione, tanto che una decisione non viene presa, o un’azione svolta; e il processo si paralizza.”
Nel campo dei giochi da tavolo, la paralisi da analisi descrive una situazione in cui le decisioni sono troppo complesse, le scelte troppo numerose, o le conseguenze generate dalle decisioni da prendere troppo difficili da valutare. In tali situazioni succede che un giocatore pensa… pensa… ecco, comincia a muovere; no, aspetta: cambia idea; no, non fa nulla: è paralizzato dall’analisi. Gli altri giocatori al tavolo cominciano a schernirlo, poi a lamentarsi e, ben presto finiscono per esacerbare la situazione, pur temendo nel loro intimo pensiero che la stessa scena possa ripetersi anche durante il loro turno.
Chi è da biasimare per questa epidemia di paralisi da analisi? Qualche volta, sia chiaro, la paralisi da analisi è dovuta all’inesperienza di un giocatore, al mancato connubio tra attitudini personali e caratteristiche del gioco scelto o all’uso eccessivo di narcotici.
Di solito, però, quelli da biasimare siamo noi – progettisti – che abbiamo creato questa situazione, perché abbiamo compiuto scelte sbagliate fin dal principio.
Stanti le nostre vite moderne, così complicate, qual è il senso di sedere attorno a un tavolo con sopra centinaia di componenti per giocare a qualcosa che, stringi stringi, consiste in continue decisioni difficili?
Ma è chiaro: perché noi amiamo questa roba. Queste non sono le decisioni di cui abbiamo bisogno: sono le decisioni che ci meritiamo. Non vogliamo pensare alla nostra quotidianità, o alla cura della nostra salute: vogliamo essere supereroi, magnati delle ferrovie e capitani di astronave.
Un gioco da tavolo, nella sua essenza, è una struttura che crea decisioni da prendere e fornisce una ricompensa per le stesse.
Quando giochiamo, teniamo impegnate le nostre cortecce cerebrali in tutta una serie di processi: raccogliamo e sintetizziamo informazioni, facciamo previsioni e, alla fine, prendiamo le decisioni. Il premio per queste ultime sono i successi del gioco: occupiamo territori, facciamo esplodere astronavi, accumuliamo oro, guadagniamo punti vittoria; meglio di tutto il resto, schiacciamo gli avversari.
Perfino quando c’è di mezzo lo zampino della fortuna, vogliamo credere che i nostri successi sono il frutto delle decisioni che abbiamo preso.
1. Ottimizzazione del numero e della complessità delle decisioni. I buoni titoli limitano le scelte che mettono di fronte ai giocatori, facendo in modo che questi ultimi non si sentano sopraffatti dal gioco, bensì in grado di controllarlo.
2. Ottimizzazione della quantità di informazioni. I giocatori devono avere le informazioni sufficienti per compiere determinate azioni nella progressione verso l’obiettivo del gioco, ma non eccessive e tali da consentire loro di trovare una mossa decisamente preferibile alle altre.
3. Variazione dei valori in gioco. Certe mosse, risorse o carte nel gioco dovrebbero essere migliori di altre e conferire un vantaggio evidente. Variare i valori in gioco facilità un efficace processo decisionale.
4. Coerenza. Creare meccaniche solide e coerenti – e applicarle in modo uniforme al gioco nella sua interezza – permette ai giocatori di valutare più facilmente le opzioni a disposizione, consentendo loro di concentrarsi sulla strategia, invece che sul processo.
5. Obiettivi chiari. Se l’obiettivo di un gioco è troppo vago, i giocatori potrebbero non esser in grado di valutare quanto utili siano le opzioni a loro disposizione. Fornire aiuti visivi, schemi riassuntivi o altri sistemi analoghi permette ai giocatori di sapere sempre quello che stanno facendo. Tutto ciò aiuta i giocatori a valutare le loro scelte, o la mancanza di queste.
Prossimamente torneremo sull'argomento, parlando dei metodi per prevenire - o ridurre - questo fastidioso fenomeno [NdT].
"Queste non sono le decisioni di cui abbiamo bisogno. Sono le decisioni che ci meritiamo".
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Sul punto 3 mi trovo in disaccordo...
...a meno che il vantaggio evidente non sia stabilito da una situazione contingente, specifica in quel dato momento della partita, sennò per me è un difetto e non un obiettivo da perseguire.
Finisce che per giocare bene a TTA o a TM preferisco giocarli on line, snaturando un po' il senso dei giochi da TAVOLO
Interessante, ma rimane il fatto che secondo me in buona parte dei casi il problema siano comunque i giocatori. C'è chi va in AP di fronte a QUALSIASI cosa :)
...ah, disaMiNa, non disaNiMa...
...ah, disaMiNa, non disaNiMa...
Grazie, una classica svista.
Interessante, ma rimane il fatto che secondo me in buona parte dei casi il problema siano comunque i giocatori. C'è chi va in AP di fronte a QUALSIASI cosa :)
Quoto e stra quoto. Uno dei nostri fa turni da 5+ minuti a cose tipo Coloretto, Bang the dice game, Celestia, Augustus ecc... Con un Rajas of the Ganges o un Fresko e' BLOCCO MENTALE completo.
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