sempre un piacere leggere le recensioni del Signor Darcy, indipendentemente dal gioco :)
Russian Railroads: American Railroads, ovvero quella volta che i russi contribuirono agli Stati Uniti d'America
"La vita a volte è un ponte, o una ferrovia;
la mia, se ci ripenso, è stata galleria."
Davide Van De Sfroos
Il problema dei giocatori alla tedesca è che l’ambientazione non la cercano più di tanto, quindi per loro una vale l’altra.
Per dire: un esempio.
Gli ingegneri russi viaggiano.
Un anno sono impegnati a tenere insieme la gelida Russia zarista con due infiniti nastri di metallo, quello successivo – odore acre, carbone nero – a consolidare la potenza industriale del Reich guglielmino, quello dopo ancora a scavare gallerie nelle lande selvagge del nuovo continente, tra bufali sbuffanti e serpenti sonnacchiosi.
Anche Chiristian De Sica viaggia.
Un anno, a Natale è al sole con una bella donna e un bicchiere di vino; quello successivo a Natale è al sole con una bella donna e una magnum di prosecco; quello successivo a Natale è al sole con una bella donna e una jéroboam di Moët & Chandon.
Perché un giocatore tedesco dovrebbe preferire De Sica agli ingegneri russi, se tanto la bella donna è un meeple rosa e vino, prosecco e champagne sono cubetti?
Perché non preferire le ferrovie ai natali al sole, se tanto un anno di traversine ti costa quanto un cinepanettone coi popcorn e ti evita pure la fila in biglietteria?
Perché preferire la parodia di un VM18 allo spinoff di un 18XX?
Mal di plancia e cervelli brucianti
American Railroads è la terza espansione di Russian Railroads, celebre titolo del 2013 ideato dal tedesco Helmut Ohley e dal compare austriaco Leonard Orgler, già autori di ferroviari veri e propri.
Sebbene sia superfluo soffermarsi sul regolamento del gioco base (e se lo dice uno prolisso come me, forse lo è davvero), accenno in due parole di che cosa si tratta, casomai qualcuno si fosse imbattuto in questa recensione aprendo una pagina a caso come paravento in caso di comparsa improvvisa del capufficio.
Piazzamento lavoratori puro, duro e ricco di sfumature come la malachite degli Urali, in Russian Railroads – parlo del gioco base –, in un certo numero di round si deve avanzare con binari di valore via via crescente lungo tre linee ferroviarie (la principale delle quali è la ben nota Transiberiana), sfruttando il lavoro di una manciata di operai col colbacco – alcuni dei quali sbloccabili a certe condizioni –, e di alcuni ingegneri di supporto. Per ottenere i bonus delle ferrovie è necessario procurarsi anche delle locomotive sufficientemente potenti. A fianco delle ferrovie è presente anche un tracciato industriale che, per poter essere completato, richiede delle fabbriche dagli effetti più disparati. I punti, a meno dei premi finali, vanno conteggiati alla fine di ciascun round. Al netto di una costellazione di ulteriori bonus, tanti da far quasi sfociare il gioco nell’insalata russa di punti, è tutto qua.
A metà strada tra la corposa German railroads e l’esile espansione-promo DSP, American Railroads – quattro plance, una fustella – si presenta nel suo elegante cellophane, lasciando ben poco all’immaginazione.
(Niente scatola, esatto: ventiquattro euro - a meno di sconti - e nemmeno una scatola.)
Il cartone è di buona qualità, l’iconografia è quella chiara di sempre. Il gioco nel gioco è decidere come mettere via tutti i componenti nelle due scatole - scordatevi di farci stare tutto in quella del base: a conti fatti, per dirne una, ci sono dodici plance giocatore.
Nell’anno dell’espansione
Le nuove plance giocatore presentano, come al solito, una tratta più lunga che, in questo caso, oltrepassa le Montagne Rocciose e che permette – tra le altre cose – di sbloccare i binari di valore maggiore, e due più brevi. Queste ultime sono da intendersi come due distinte linee – la ovest e la est – che dovranno idealmente congiungersi nello Utah.
La novità principale è la comparsa di un secondo tracciato industria, parallelo al primo, che – a fronte di punteggi inferiori – permette tuttavia di sfruttare eventuali fabbriche già costruite (potendo però passare oltre agli spazi ancora vuoti).
Tra i vari bonus vecchi e nuovi – l’immarcescibile ancorché decontestualizzata medaglia di Kiev compresa – spiccano due caselle dinamite sulla tratta lunga e una serie di grafici azionari sparsi un po’ ovunque, un po’ come le macchie di ragù sulla camicia una volta finiti gli spaghetti.
Le prime permettono di liberare la tratta est e/o la linea industriale principale da ammassi di roccia (perché è risaputo che, con tutto il continente a disposizione, i tracciati devono passare proprio da là), mentre i secondi permettono di avanzare sul tracciato azionario. Quest’ultimo, a conti fatti, non è che l’ennesimo dispensatore di bonus e consiste in una serie di sei posizioni, associate ciascuna a un diverso bonus – a simboleggiare i dividendi azionari – scelto dal primo giocatore a raggiungerle tra quelli disponibili (i bonus, non i giocatori). Una volta raggiunta la cima, è possibile ottenere un ulteriore avanzamento per guadagnare nuovamente tutti i bonus presenti sul tracciato, nell’ordine desiderato.
L’ultima novità è costituita da tre tasselli carpenteria metallica che si ottengono prendendo l’ultima locomotiva numero quattro, sei od otto. Possono essere utilizzate come mini-fabbrica (il cui effetto permette un avanzamento di binario nero), oppure scartate; in ogni caso garantiscono a tutti un pagamento dei dividendi ottenuti fino a quel punto.
Sono infine presenti due nuovi gettoni arancioni, uno relativo ai dividendi e un secondo – il chiodo d’oro – che permette di aumentare i punteggi dell’ultima casella delle due ferrovie più corte. Tale casella è peraltro condivisa, e – nel caso si completino entrambe le linee – il bonus viene raddoppiato.
Segnalo inoltre che anche negli Stati Uniti il tabellone del gioco base non ne vuole sapere di non sollevarsi dal tavolo, peraltro in due punti diversi.
Il rublo alla conquista del mondo
Le novità sono tutto sommato nel solco di quanto atteso, senza particolari scossoni come lo era stato il modulo carbone (del resto questa seconda espansione sta passando relativamente un po’ in sordina, complice anche e appunto un prezzo non proprio amichevole). Introduce belle cosine, più o meno impattanti, decisamente simpatiche. La sotto-meccanica del tracciato azionario – per quanto astratta e ben poco originale nel suo essere paragonabile ai templi di Terra mystica o di Tzolk’in: il calendario Maya, a vostra scelta ché tanto sono pressoché uguali – è ben inserita e dà un ulteriore finto sapore di ferroviario al titolo, senza appesantirlo.
A parte questo, i bonus della plancia non aggiungono nulla di eclatante al titolo, così come le carpenterie, poco utili come fabbriche e a conti fatti un pretesto per un'ulteriore infornata di bonus.
Quanto al bilanciamento, American Railroads è evidentemente figlio di quanto uscito prima: tempo una partita e già c’è chi inveisce contro il doppio tracciato dell’industria, piuttosto che contro il doppio megabonus del chiodo d’oro. La verità, non ne dubito, è che vale ancora quanto si è appurato per la Transiberiana: se si vuole un gioco bilanciato – e, nelle sue varie anime, Russian Railroads lo è – le strategie avversarie vanno ostacolate.
Stati Uniti di Russia
Intendiamoci: non aspettatevi un’espansione di grande respiro come lo è la precedente (che addirittura, col suo modulo carbone, impatta sulla lunghezza della partita stessa); American Railroads aggiunge un po’ di carne al fuoco, elementi aggiuntivi e ulteriore variabilità (se proprio non potete farne a meno).
Ovviamente (modulo Germania a parte) è possibile giocare con tutte le espansioni insieme; in tal caso aggiungete circa un'ora per aprire e chiudere due scatole - come da Foot Locker, insomma.
Se il gioco vi piace e la trovate a tipo quattordici euro, non rimarrete delusi.
Non è essenziale, beninteso: ma pensata e realizzata bene sicuramente sì.
(Quindi no: proprio non è un cinepanettone.)