Prima recensione per il nostro Ghost... e aspettiamo con ansia pure le altre!
Da non molto è arrivato nelle case italiane e di certo non si può dire che non ce ne siamo accorti, dal momento che i social network sono stati inondati di post e foto dell'ultima fatica di Eric Lang.
Parliamo ovviamente di Ankh - Gods of Egypt, gioco per 2-5 giocatori edito dalla CMON e, per l'Italia, da Asmodee.
Ma è davvero un titolo valido oppure tutto il rumore che ha fatto e sta facendo è solo frutto dell'eccitazione del momento? Scopriamolo.
Sistema di gioco
Se non fosse per l'enorme quantità di materiali, il setup sarebbe anche molto rapido: si assegna una divinità a ciascun partecipante, si seleziona uno scenario in base al numero di giocatori e si sistemano di conseguenza i monumenti sulla mappa. Una volta scelti anche i tre guardiani, si è già pronti per iniziare.
A turno ogni giocatore ha a disposizione due tra le quattro azioni selezionabili da altrettanti tracciati in comune con gli avversari:
- muovere ogni propria miniatura fino a tre esagoni sul tabellone;
- schierare un guerriero o un guardiano adiacente a un monumento che si controlla o a un'altra propria miniatura;
- guadagnare seguaci (che sono di fatto le monete del gioco) pari al numero di monumenti controllati o neutrali con accanto una propria miniatura;
- sbloccare poteri Ankh sulla nostra plancia personale sacrificando da uno a tre seguaci.
Il tutto tenendo ben presente che la seconda azione dovrà essere selezionata in un tracciato sottostante a quello della prima e che, se la prima azione attiva un evento, non si potrà farne altre.
Durante l'evento conflitto, si svolgeranno battaglie in tutte le regioni dove due o più giocatori sono presenti con le loro miniature e il vincitore di ogni battaglia guadagnerà dei punti devozione, che sono poi quelli che ci permetteranno di diventare l'unica e sola divinità egizia o, se non dovessimo guadagnarne a sufficienza, ci faranno dimenticare per sempre.
Le battaglie mancano un po' di quell'imprevedibilità che nei titoli precedenti era data dalle carte draftate (in Blood Rage) o dalle aste al buio (in Rising Sun). Qui i giocatori dispongono tutti delle stesse sette carte, che restano scoperte una volta utilizzate, finché si sarà giocata la carta che ce le farà riprendere in mano, così come accade già in Concordia e in Faiyum (evidentemente la gestione mano sul delta del Nilo va alla grande). Ciò rende facilmente prevedibili le carte che gli avversari giocheranno, così da potersi regolare di conseguenza, in un sistema forse più deterministico del dovuto.
La fusione
Alla fine del terzo conflitto le due divinità più indietro sul tracciato della devozione si fonderanno in una sola, acquisendo le abilità esclusive di entrambe.
Di contro i due giocatori, che d'ora in avanti condivideranno le miniature del dio rimasto sul tabellone, potranno svolgere una sola azione a testa, ma col vantaggio di poter replicare quella appena eseguita dal compagno, senza limitazioni.
Ma quanto è effettivamente utile questa meccanica ai fini del recupero sul tracciato devozione?
Abbiamo fatto alcune partite in qualunque numero di giocatori, ma non ancora abbastanza per dare un parere definitivo, trattandosi di prime impressioni sul gioco.
La sensazione che abbiamo avuto è però che questa meccanica sia quasi del tutto inutile in cinque giocatori, poiché gli ultimi non hanno abbastanza tempo e spazio per recuperare, soprattutto se le loro azioni non sono consecutive. In tre giocatori sembra essere estremamente vantaggiosa, tanto che potrebbe forse essere più conveniente restare un minimo nelle retrovie che correre davanti a tutti: se così fosse, ne risentirebbe proprio il flusso di gioco stesso, che porterebbe tutti i partecipanti a fare la corsa "a perdere".
Da questo punto di vista le partite con quattro giocatori sembrano le più equilibrate, con un pizzico in più d'imprevedibilità sulla fusione, ma ritengo necessarie molte più partite nelle diverse configurazioni per averne un'idea più attendibile... e, visto quanto questo gioco mi è costato sia in termini economici che di spazio, intendo giocarlo almeno una decina di volte per ciascun numero di giocatori!
Scalabilità
Il gioco scala bene in qualsiasi numero di giocatori. Seppur in due viene a mancare la parte più caratteristica del gioco, ovvero la fusione, Ankh resta gradevole e pieno di mordente. In cinque giocatori è decisamente poco controllabile, nonostante sia a informazione completa, ma non per questo diventa meno piacevole da giocare.
Restiamo comunque ancora una volta convinti del fatto che quattro sia il numero perfetto di persone per sedersi al tavolo di Ankh.
Grafica e Materiali
Ankh è pieno zeppo di miniature di ottima fattura, ben curate nei dettagli e di livello decisamente alto, alcune delle quali anche funzionali al sistema di gioco, studiate per occupare più esagoni senza necessariamente impegnarli con la propria base, come ad esempio lo scorpione gigante che con le sue chele copre due caselle dove, all'inizio del combattimento, ne distruggerà i monumenti eventualmente presenti.
Una menzione speciale va alla mappa che dalle immagini apparse durante la campagna Kickstarter era sembrata a molti esteticamente non all'altezza, ma dal vivo è molto più gradevole e leggibile di quanto ci si aspettasse.
La nota stonata arriva dalle varie plance e schede dei giocatori, davvero sottili, soprattutto se paragonate con i cartonati delle loro controparti esclusive ricevute da chi ha finanziato il progetto.
Considerazioni
In realtà, dopo alcune partite, cambiando sempre divinità e guardiani, tendiamo a pensare che i poteri siano funzionali soprattutto al dio che si sta utilizzando e alla strategia che si sta portando avanti. Nell'ultima partita, giocata in quattro giocatori, il vincitore non ha sbloccato nessuno dei due poteri e, giocando con Ra, ha impostato la sua partita sul perdere meno battaglie (e di conseguenza miniature) possibili per mantenere la sua presenza nelle varie regioni.
Inoltre i guardiani sono così diversi tra loro che, seppur con un impatto minimo sulle strategie, tendono a volte a modificare sensibilmente il proprio stile di gioco e permettono di giocare partite anche molto diverse tra loro.
Alcune divinità sembrano essere molto più semplici da utilizzare rispetto ad altre: Amun può giocare due carte contemporaneamente in una battaglia per ciascun conflitto, così da decidere quando e dove avere la meglio in una regione quasi senza possibilità di essere contrastato, mentre Ra richiede molta più concentrazione nel decidere dove, sui vari campi di battaglia, sia meglio utilizzare la propria abilità. Di conseguenza saper gestire al meglio il proprio potere può essere determinante.
Conclusioni
Al netto di qualche piccola nota negativa, il gioco mi è piaciuto parecchio; ho giocato quattro partite in tempi molto ravvicinati con gruppi di gioco diversi e la voglia di rigiocarlo è ancora tanta.
Il gioco base prevede solo cinque divinità e sei guardiani, ma dopo averlo giocato un po', mi sono reso conto che nonostante la diffidenza sui troppi guardiani messi a disposizione durante la campagna Kickstarter, se effettivamente c'è l'intenzione di intavolarlo spesso, la variabilità data da guardiani e divinità diverse è quasi necessaria e devo dire che già dopo poche partite si inizia a sentire, non tanto la necessità, quanto la voglia di cambiare ogni volta per avere sempre un po' di variabilità in un titolo che altrimenti, con il solo gioco base, rischia di diventare estremamente scacchistico dando vita a schemi di gioco molto simili.
Un grosso plauso va fatto al regolamento: chiaro, ben scritto, pieno di esempi e di immagini esplicative. Il fatto che già in tanti abbiano ricevuto e giocato ad Ankh, per di più in inglese, e che non sia stata ancora aperta una discussione sul forum per chiarire eventuali dubbi è emblematico.
Per gli amanti del genere è, a mio giudizio, un titolo che in collezione può starci benissimo.