Da Taiwan con furore arriva Mini WWII, che ripropone la Seconda Guerra Mondiale usando una mappa a caselle e condensando alcune regole dei wargames che spesso occupano una pagina intera di eccezioni in pochi e asciutti concetti.
Per
2-4 partecipanti,
60-90 minuti di durata, consigliato anche a un pubblico familiare (loro dicono 10+, io metterei 12+), Mini WWII si propone come un introduttivo ai wargames basato su meccaniche di
gestione mano,
controllo territorio,
poteri variabili.
Mini WWII in breve
Sulla mappa vengono posizionate le truppe nelle posizioni di partenza fisse. Ogni giocatore ha una mano di carte pescata da un mazzo comune, composto da carte delle quattro potenze in gioco: UK, URSS, Germania, Giappone.
Al proprio turno il giocatore cala una singola carta dalla mano che può usare in tre modi:
- punti azione, con cui creare nuove truppe, muoverle, attaccare;
- evento, ma solo se la carta appartiene alla sua nazione (gli eventi vanno dalla maggiore disponibilità di punti, al fare azioni specifiche, al prendere punti con la diplomazia, ecc)
- tecnologia, ovvero la carta va giocata coperta e diventerà attiva solo nel round successivo. Le tecnologie di solito danno sconti alle azioni base, oppure consentono di bombardare, togliendo carte al nemico.
UK e URSS hanno anche la possibilità di “bruciare” una carta per accelerare l'entrata in guerra rispettivamente di USA e Cina (e del loro piccolo ma forte mazzetto di carte), cosa stimolata anche da un eventuale attacco preventivo del Giappone. Una volta in guerra, le basi e le truppe di questi due paesi saranno a disposizione degli Alleati.
Finito un round-anno (la partita va dal 1939 al 1945), si calcolano i punti vittoria che derivano dai territori occupati, dalle differenti tecnologie sviluppate e dalle carte diplomatiche attive. Si sommano quelli dei paesi alleati e se tale risultato raggiunge o supera un valore soglia, si vince istantaneamente, altrimenti alla fine del '45 trionfa chi ha più punti.
Le regole accessorie sono poche, ad esempio per muovere o attaccare occorre avere una linea di rifornimento di pezzi propri che riconduca a uno dei nostri centri produttivi. Allo stesso modo i paesi del tabelloni sono divisi in terrestri (quadrati), costieri (ottagoni), o marittimi (cerchi) e in base a questo cambia il tipo di truppa che li possono occupare e anche quale truppa deve entrarvi per prima (occorre prima sbarcare con una nave nelle zone costiere).
Quando sottrarre non sempre aiuta e non sempre rende giustizia
La mappa stilizzata è la prima cosa a colpire e il tratto più distintivo di Mini WWII. Per la verità qualcosa di simile c'era anche in Churchill (lo ricordate? GMT, selezione Magnifico 2016), ma in questo caso la cosa è più centrale.
Questa astrazione dei territori e dei collegamenti aiuta per certi versi a ridurre le specifiche e le eccezioni, ma d'altro canto rende a volte paradossalmente meno visibili i collegamenti (quando effettuati tramite bandierine). Diciamo che in definitiva la lettura della mappa sarebbe risultata più chiara tramite una buona vecchia carta geografica con magari codici di frecce colorate per stabilire le stesse limitazioni di Mini WWII.
Allo stesso modo
la ricerca tecnologica, per quanto utile nell'economia di gioco, si riduce tematicamente a una serie di bonus identici per tutti e alla portata di tutti. Poi certo, la Germania privilegia i carri e la blitzkrieg... ma anche l'URSS. E il Giappone può sviluppare il bombardamento tramite V2... Insomma poca caratterizzazione e specializzazione.
Il difficile equilibrio tra simulazione e astrazione e l'utopia del wargame introduttivo
Poco prima di Mini WWII ho provato Hitler's Reich, altro wargame che si propone come introduttivo al genere. Ora, quando tu proponi un introduttivo ai wargames, due sono le cose che devi ricordarti di limare: durata e regole. Avevano limato la durata, ma mantenuto le regole da wargame, con una regola ogni tre eccezioni.
Qui invece si fanno bene entrambe le operazioni...anche se con qualche lacuna. Il regolamento è sì semplice, ma anche troppo approssimativo in diversi passaggi (forse colpa della traduzione, non ne ho idea). In secondo luogo va bene togliere le eccezioni, ma quando appunto lo sono. Caratterizzare le fazioni con tecnologie differenti non è un'eccezione: sempre una carta devi leggere e mettere sul tavolo.
Soprattutto il gioco rimane un passo indietro col suo diretto concorrente, di cui al paragrafo successivo.
Guerra di posizione e lo scomodo paragone con Quartermaster General
Mini WWII è un gioco in cui la parte dinamica della guerra è estremamente ridotta, o quantomeno lenta. È una guerra che pare più di posizione, in cui le armate non avanzano, ma vengono rinforzate e riposizionate dopo averne tolte di nemiche.
Un sistema che probabilmente sembrerebbe più adatto agli attriti della Prima Guerra Mondiale che non a quella successiva.
In realtà il sistema funziona, a patto di perdere un po' quel bel colpo d'occhio con le armate che avanzano e accettare un maggiore effetto fisarmonica, il problema vero è che un gioco che fa la stessa cosa e meglio c'è già, ed è Quartermaster General. Abbiamo mazzi personalizzati, con una maggiore possibilità di caratterizzazione della fazione, scelte nel gestire le carte comunque difficili, anche se la singola carta ha un solo effetto, maggiore coordinazione tra gli alleati e infine una mappa vera che rende più il tema.
Conclusione e termine dei titoli lunghi e improponibili per i paragrafi della recensione
Mini WWII non è un gioco fatto male, non parte da una brutta idea, ma alla fine non decolla. Probabilmente i tracciati andavano bene in un gioco come Churchill, in cui la guerra era collaterale, mentre quando c'è da picchiare e basta sono troppo riduttivi. Altri titoli simili fanno le stesse cose con le stesse regole e lo stesso tempo e allora mi viene da pensare che forse avrei dovuto venderlo prima di pubblicare la recensione.
* una nota sul titolo della recensione: se non con una bandiera stropicciata nella copertina, l'Italia non compare mai, in questo gioco, nemmeno nominata. Da come la vedono a Taiwan, non abbiamo mai neanche partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, o almeno il nostro contributo è stato inferiore anche a quello della Cina. Amen.