Oggi vi parlerò di un piazzamento lavoratori un po’ diverso dal solito, dove è l’ambientazione a farla da padrona. The Pursuit of Happiness è un gioco di Adrian Abela e David Chircop per 1-4 giocatori che abbiano voglia di vivere un’intera vita in novanta minuti. Il gioco ha visto la luce nel 2015 ad opera dell’Artipia Games e poi portato in Italia dalla Playagame edizioni Con il titolo La ricerca della felicità. Mentre scrivo ho sul tavolo l’edizione inglese.
Ambientazione
“Si vive una volta sola. Ma se lo fai bene, una volta è abbastanza” (Mae West)
E se una vita non ci bastasse? Noi giocatori (soprattutto quelli come me, che vengono da anni di gioco di ruolo) ne abbiamo vissute mille di vite: alcune sono durate anni, come quel nano chierico che non voleva proprio saperne di morire; altre volte solo qualche ora, come quando ci siamo dovuti confrontare con la fame nella brughiera tedesca del ‘600, o come quando - insieme ai vostri colleghi - avete impedito che quattro malattie colorate distruggessero il mondo conosciuto. Ma forse nessun gioco da tavolo ci ha fatto vivere una vita intera in questo modo: infatti ne
La ricerca della felicità dobbiamo
vivere un’intera vita, dall’adolescenza alla vecchiaia, fino alla sua naturale conclusione.
L'obbiettivo del gioco è quello di essere il giocatore che ha collezionato più felicita (o punti vittoria, se siete dei freddi calcolatori) nel corso della partita. Per raggiungere lo scopo si deve gestire il tempo a disposizione per districarci tra le mille cose che vogliamo o dobbiamo fare - come lavorare, passare del tempo con il proprio compagno (genere e numero a piacere), coltivare hobby; ma anche giocare, fare un viaggio o imparare a cucinare. Insomma, dobbiamo proprio vivere la nostra vita in un piazzamento lavoratori dove è la storia che ci creiamo a farla da padrona.
Il gioco
“Non è mai solo un gioco quando stai vincendo.” (George Carlin)
Dentro alla scatola troviamo molti materiali, ma soprattutto tante carte, che si accompagnano alle clessidre di legno in quattro colori, alle risorse di cartone e a un bel tabellone circondato dal tracciato della felicità a lungo termine (i punti vittoria) e che presenta una zona dedicata alle carte che usciranno, un segna round, che traccia il tempo trascorso differenziando tra adolescenza, età adulta è vecchiaia, la zona dedicata alle azioni e i tracciati di felicità a breve termine e dello stress. Ma come si usano tutte queste componenti?
Ne
La ricerca della felicità si parte da un tratto giovanile di partenza (ogni giocatore ne sceglie uno tra i due disponibili) che concede un’abilità e un numero variabile di risorse di partenza - già; perché - nonostante il gioco si riproponga di simulare una intera vita - ci troviamo davanti a un piazzamento lavoratori e gestione risorse. Se in altri giochi dobbiamo gestire ori, spezie, sete e pietre, qui le nostre risorse sono
denaro,
conoscenza,
creatività e
influenza. Si sorteggiano degli obbiettivi per il fine partita e si inizia prendendo le sei clessidre, che rappresentano il tempo che abbiamo a disposizione da impiegare nelle varie attività (o più semplicemente i lavoratori per le azioni che andiamo a compiere).
All’inizio di ogni turno si rendono disponibili per tutti delle carte pescate da quattro mazzi diversi e che rappresentano le varie attività in cui possiamo investire il nostro tempo: queste possono essere progetti, oggetti o attività, lavori o partner. Senza entrare nel dettaglio, si può dire che le carte sono di due tipi: quelle che rimangono nel corso della partita e quelle che si attivano solo al momento dell’acquisto. Quasi tutte le carte per essere acquisite richiedono la spesa di risorse (per esempio, se voglio essere assunto come ingegnere dovrò avere da parte un bel po’ di conoscenza, mentre se voglio farmi una bella collezione di giochi da tavola mi servono soldi - vi suona familiare?). Tutte le carte sono di facile lettura: sulla sinistra si ha il costo della carta e a destra il beneficio che se ne ricava, per esempio il lavoro fornisce soldi mentre una relazione ci procura felicità, ma entrambi richiedono di sacrificare del tempo per essere coltivate (per parlare in altri termini, bisogna sacrificare dei lavoratori per pagarne il costo di mantenimento).
Le azioni possibili sono dieci, ma sono divisibili in tre categorie diverse:
- azioni che forniscono risorse (come studiare, che dà conoscenza);
- azioni che danno carte (come spendere per ottenere carte oggetto o attività);
- riposo, per ridurre lo stress.
Lo stress è un fattore importante: si accumula in vari modi, come andando a compiere un’azione già occupata da una clessidra nostra o di un avversario, ma anche volendo strafare (per esempio tenere in piedi più di una relazione, o più lavori, o troppe attività contemporaneamente). Lo stress è anche un modificatore che a inizio turno può regalare o togliere clessidre per il turno in corso - e accumularne in eccesso porta alla scomparsa prematura.
Il gioco prosegue fino a quando tutti hanno raggiunto l’unico luogo dove si ha tutto il tempo per fare tutti i giochi da tavolo che si vuole (non vi piacerebbe un paradiso ludico?), oppure alla fine dell’ottavo round di gioco se c’è ancora qualcuno in vita: a quel punto si verifica chi ha conseguito gli obbiettivi e, a quel punto, vince chi è stato più felice.
Considerazioni
“Due cose mantengono vive le creature: il letto e il giuoco; peroché l’uno è refrigerio de le fatiche e l’altro ricreazione de i fastidi.” (Pietro Aretino)
Voglio essere chiaro fin da subito: questo gioco
mi è piaciuto; ma perché? I
materiali sono veramente buoni, le carte non hanno bisogno di essere imbustate e il tabellone è bello robusto, le icone sono abbastanza, ma sono chiare e dopo un paio di giri non si ha minimamente bisogno di andare a rivederne il significato. Lo
stile grafico fumettoso è veramente simpatico e adatto al gioco; può non piacere, ma non è il mio caso.
Come detto sopra ci troviamo davanti a un piazzamento lavoratori con una componente di gestione risorse; ma, se cercate un titolo che appaghi la calcolatrice che è in voi, cercate altrove: il piazzamento lavoratori c’è ma è davvero non cattivo, gli spazi azione non sono mai esclusivi e ogni giocatore può fare più volte la stessa azione; e, anche se è vero che chi piazza una clessidra dopo il primo accumula un punto stress (niente di così tragico), l'interazione è scarsissima, e del tutto indiretta, cosa che contribuisce a disinteressarsi del turno degli avversari: e questo può far avvertire i tempi di attesa. Inoltre, sempre parlando di difetti, l’unico modo per abbassare di molto lo stress è grazie alla buona salute (simboleggiata da un cuore), ricompensa che si ottiene con i progetti legati all’attività fisica, che però sono davvero rari, e chi primo arriva si prende un grandissimo bonus sugl’avversari.
Ma, come ho già detto, non è per la precisa meccanica che il gioco funziona; bensì per la narrazione che stimola, pur non avendo mezza parola di testo (se non il titolo delle carte). Amici che odiano i giochi di piazzamento lavoratori lo hanno adorato, perché - anche senza volerlo -
si racconta una storia in una partita, la storia di una vita. Magari non è un gioco per ogni genere di tavolo, ma se si prende dal lato giusto mi ha concesso più serate di divertimento, con un clima più leggero e goliardico rispetto ai teutonici titoli che amo tanto, perché
La ricerca della felicità è
meno competitivo e più spensierato. Se preso con lo spirito giusto ci si scorda immediatamente della competizione e si è solo curiosi di scoprire cosa ci raccontano gli altri e di raccontare a nostra volta una storia: più volte ho visto scegliere azioni subottimali perché più coerente con le nostre scelte precedenti, o anche lasciarsi andare a grottesche storie, fatte da un mio amico che aveva iniziato a prendere più carte partner (su cosa puntasse il suo racconto ve lo lascio solo immaginare). Lo stress lo ha portato presto alla tomba, ma dopotutto era uscito l’obbiettivo di fine partita
Live fast, die young [Vivi veloce, muori giovane, come i cantanti del rock 'n' roll, NdR] che premia con nove golosissimi punti felicità il primo a morire.
Tutto questo è facilitato da carte che, nonostante non abbiano una riga di testo, sono davvero realistiche nelle richieste o nei ruoli; per esempio c’è il partner che non ti sposa fino a che non hai un buon lavoro, mentre c’è quello che è interessato alla cultura; si può organizzare un viaggio di gruppo in macchina e c'è il guidatore designato, l’addetto ai cd e quello che rompe le scatole a tutti. Insomma gli spunti per le storie sono davvero tanti.
Per concludere, se cercate un gioco leggero (ma non esageratamente) e che vi prenda la serata o buona parte di essa, da giocare in modo più disteso, meno competitivo e più rilassato potreste provare a dare un’occasione a La ricerca della felicità.
PS. Non ho parlato della modalità in solitaria, che esiste; ma, come avrete intuito dalla recensione, non mi è sembrata adatta al tipo di gioco, perchè dopotutto non è il massimo raccontarsi la propria vita da solo.