Uno degli elementi caratterizzanti di Through the Ages sono ovviamente le carte, circa trecentocinquanta tra civili e militari, suddivise in quattro ere di gioco.
Mentre le carte militari si pescano e, del resto, danno luogo a meccaniche più immediate - asta, confronto tra valori di forza, risoluzione diretta -, quelle civili vengono invece rivelate in un modo decisamente peculiare e che ha fatto scuola.
La fila delle carte
A centro tavola c’è una striscia di cartone con tredici spazi, identificati da un costo di presa - una (cinque spazi), due (quattro spazi) o tre azioni (altri quattro). Le carte entrano in gioco dall’estremità più costosa dopo che, all’inizio del suo turno, ogni giocatore ha scartato le carte rimaste negli ultimi spazi (tre in due giocatori, due in tre giocatori e una sola in quattro giocatori - cosa che, peraltro, mantiente pressoché costante la durata in round della partita in ogni configurazione) e fatto scalare tutte le carte rimaste, per riempire quindi tutti gli spazi rimasti in fondo al tracciato.
A quel punto - svolta l’eventuale azione politica - si possono spendere le azioni per acquistare carte dalla fila, pagandone il costo indicato - con qualche regola a parte per le meraviglie, del resto fuori luogo in questa trattazione.
Il sistema - che pure non nasce nel titolo di Vlaada Chvátil: qualcosa di analogo, infatti, era già comparso, per esempio, in Saint Petersburg (Bernd Brunnhofer, 2004) - in Through the ages funziona in maniera così efficace da essere poi ripreso ancora in varie forme e in infiniti giochi, di qualsiasi fascia di peso: compare per esempio in Otto minuti per un impero, in Grand Austria Hotel, in The Manhattan Project e in molti altri titoli più o meno recenti.
Bia, la sfida dell'alchimia
Sembra poco, descritto così; ma l’estrema profondità del capolavoro della Czech Games Edition sta in buona parte in questa meccanica: capire cosa prendere e cosa lasciare agli avversari; valutare se una carta è talmente necessaria da valere tre azioni (magari delle quattro totali), oppure se si può lasciare dov’è, per aspettare che cali di prezzo, col rischio che però venga presa da qualcun altro.
Ogni carta va presa bilanciandone costi e benefici, soppesando le azioni disponibili, valutando soprattutto il limite di mano per non restare ingolfati (Through the ages non permette di scartare carte) fino al cambio di era successivo. Chi ha provato anche solo una volta il gioco lo sa bene: ogni carta in mano pesa come un macigno, ogni carta lasciata nella fila è un rimpianto - a maggior ragione considerando che per la nuova edizione Chvátil e i suoi, disponendo di quintali di dati provenienti da partite dal vero e su internet, hanno svolto un colossale e meraviglioso lavoro di bilanciamento e che, quindi, di carte inutili praticamente non ce ne sono (ce ne sono di più o meno appetibili per le strategie adottate, per il modo di impostare la partita, per le contingenze tattiche; ma di carte che vengono sistematicamente ignorate nemmeno l'ombra).
Va rimarcato ancora una volta come Through the Ages riesca a plasmare con pochissimi accorgimenti quasi tutti gli aspetti tipici dei giochi di civilizzazione, rendendone i tratti più tipici e caratterizzanti con un'eleganza spaventosa delle meccaniche. Sul capolavoro di Chvátil ce ne sarebbero ancora di articoli da scrivere (uno verrà a breve), ma si potrebbe dissertare per esempio anche sulle carte governo e su come, giocando con un paio di icone e il numero di azioni civili e militari, riescano a essere straordinariamente ambientate; o, ancora, su come alcuni leader richiedano strategie specifiche, mentre altri consentano di rimettere almeno momentaneamente in sesto civiltà disastrate; penso comunque di aver dato abbastanza l'idea: avrete ormai capito che Through the Ages vale ogni minuto che gli si dedica.