90 minuti di applausi in sala dopo l'incipit
Quella che segue è un'anteprima seguente alla lettura del regolamento e non vuole certo essere una recensione.
I Daft Punk del gioco da tavolo Wolfgang Kramer e Michael Kiesling tornano con Paris, che esce per la Game Brewer ed è tipo l'archetipo del tedesco: 2-4 giocatori, novanta minuti, tema appiccicato con la Pritt, regolamento di otto pagine descrizione delle tessere bonus comprese, nessuna necessità di scoprire che faccia abbiano gli avversari (ci sarebbe un elemento scenografico tridimensionale; ma tranquilli: potete girare il tesserone centrale e giocare senza preoccupazioni).
Il gioco in breve
Immaginate la Parigi della Belle Époque, i pittori squattrinati che ritraggono prostitute sui gradini di Montmartre, l'odore burroso dei croissant, il sole che si riflette sulla torre Eiffel. Poi dimenticate tutto, ché non vi serve.
Ugualmente scenografici sono anche gli schermi dei giocatori, che riproducono uno di quegli edifici che chi ha visto Parigi anche solo una volta conosce bene.
Ogni quartiere ha sei spazi edificio da edificare e può inoltre accogliere alcune tessere sui luoghi caratteristici della capitale francese (landmark); ha inoltre una banca e uno spazio per le tessere punti vittoria, che vengono scelte tra quelle disponibili dal giocatore che in quel quartiere piazza il suo quarto edificio o luogo (o meglio, che abbia cinque chiavi: ci torno).
Nel proprio turno, dopo aver piazzato uno degli edifici scelto a caso nello spazio indicato, si può fare una sola di tre azioni, la terza delle quali disponibile solo quando le tessere edificio sono state tutte piazzate.
La prima azione possibile è quella di prendere una delle proprie chiavi dalla riserva personale e piazzarla nella piazza centrale o in una delle sei banche; in quest'ultimo caso si prendono anche dei soldi.
La seconda è quella di prendere una chiave da una zona qualsiasi del tabellone e reclamare un edificio o un paesaggio, se del caso prendendo quest'ultimo tra quelli in riserva, tutti visibili – gli edifici devono già essere piazzati. Una chiave presa dalla piazza dà accesso a qualsivoglia edificio; mentre una che era su una banca o sopra un altro edificio deve rimanere nello stesso quartiere e, nel secondo caso, andare su un edificio o luogo di valore maggiore. L'operazione costa ovviamente soldi e risorse come indicato. (Le risorse si possono comprare, ma devono prima essere sbloccate dal tabellone piazzando edifici e poi spese da un giocatore affinché si crei una riserva.)
La terza azione, infine, permette di pescare – scegliendola – una delle dodici tessere fine partita, che analagamente a quelle bonus possono essere usate quando conviene. La scelta dell'ultima tessera di queste innesca la fine della partita: a quel punto si valutano i soli distretti con una tessera punteggio, le quali danno punti un po' come le maggioranze di El Grande, che qui sono date dalla somma dei valori di edifici e luoghi posseduti (In due giocatori il secondo di ogni distretto prende punti solo se possiede un valore pari almeno alla metà del primo).
Vince chi ha più punti; in caso di pareggio si guardano i franchi, poi il valore di edifici e luoghi, infine la puzza delle ascelle.
Prime impressioni
Paris mi sembra uno di quei giochi tedeschi vecchio stile, come prima di lui lo erano per esempio Heaven & Ale o, magari con meno successo, Crown of Emara – e già questi due, per la verità, hanno un regolamento ancora più corposo. Le regole, per quanto espresse male, sono quasi tutte qua sopra.
Per quanto detto, credo che il gioco non soffra molto in due e nemmeno in tre giocatori, pur dando il meglio in quattro (come banalmente suggerisce il fatto che le tessere punteggio premino al più tre giocatori). Non sembra tuttavia fortissima l'interazione, al netto della meccanica del mercato – bisognerà capire provando il gioco con che dinamiche e tempismo si crea una disponibilità di risorse – e pur considerando che, soprattutto in quattro giocatori, sottrarre un edificio di valore alto agli avversari può fare la differenza.
In definita un titolo che si preannuncia sicuramente interessante, per quanto forse non tantissimo nelle mie corde – anche se, va detto, l'impatto visivo è pazzesco e i disegni di Andreas Resch sono molto belli. Come spesso avviene in questi casi, credo che il fattore determinante sarà il prezzo.
In ogni caso, Spiel o non Spiel, Paris val bene una Messe.