Noria è un gioco del 2017, dell'autrice Sophia Wagner, la quale, con questo titolo, ha anche ottenuto un discreto successo (nel 2018 è finito anche tra gli otto del Magnifico), mai più replicato.
Si tratta di un wheel building, ovvero la meccanica base è una rotella, o meglio tre ruote concentriche, su cui i giocatori piazzano, nel corso della partita, i loro gettoni azione, costruendo tali ruote come credono meglio e poi, ad ogni turno, attivando un spazio-gettone su ogni ruota.
L'idea, di per sé, è originale e sfidante e personalmente ho anche apprezzato il resto del gioco, che basa il punteggio finale su una sorta di azionariato a cui contribuiscono tutti i giocatori.
A margine, una delle cose che mi aveva per un attimo lasciato interdetto, alla lettura delle regole, era la condizione di spareggio finale. Due sono infatti le strutture che permettono al giocatore di far ingranare la propria strategia, al di là delle rotelle: le fabbriche e gli aeromobili, ovvero tessere acquistate durante lo svolgimento della partita che permettono, rispettivamente, di produrre merci e raccogliere risorse base.
In caso di parità di punteggio, vince chi ha meno asset, tra fabbriche e aeromobili. In sostanza vince chi ha ottimizzato il proprio gioco, raggiungendo il medesimo traguardo con meno mezzi. Chi ha sprecato meno azioni, meno risorse.
È una cosa insolita, perché di solito, nei giochi da tavolo, troviamo un paio di cose:
- il conteggio finale delle frattaglie. Ovvero un po' di punti vittoria regalati per la roba che ti è avanzata, un tanto al kilo. Quasi mai sono determinanti, ma il “quasi” è importante e sono sicuro che ciascuno di noi ha sperimentato qualche vittoria o sconfitta all'ultimo punto, proprio per queste frattaglie;
- l'eventuale spareggio è spesso affidato a questi avanzi, in un certo ordine e comunque sempre a chi ne ha di più.
Immagino ci sia comunque un motivo, alla base di tale scelta: si premia chi, potenzialmente, al proseguimento della partita, sarebbe in una posizione di vantaggio, avendo più risorse a disposizione.
E ci sta, per carità, però un'obiezione fondamentale è che la partita è terminata, non va avanti, è finita ora e un giocatore ha programmato e agito per quel numero di turni, non per uno inesistente in più.
Se quel giocatore è riuscito a raggiungere lo stesso risultato di un altro che però aveva più risorse, che ha sprecato maggiormente, che ha accumulato senza ottimizzare, non dovrebbe essere premiato?
Poi dipende: probabilmente la cosa andrebbe valutata gioco per gioco, senza stabilire una regola generale. Ma ho l'impressione che autori e sviluppatori, arrivati a questo punto del faticoso processo di gestazione di un gioco da tavolo, si lascino un po' prendere dalla pigrizia e dalla consuetudine e buttino là un po' di punti per le frattaglie e qualche spareggio all'ingrosso per il residuo.
Invece mi piacerebbe vedere più trovate come quella di Noria.
E voi che ne pensate?