Mi piacciono le tue recensioni.. è bello conoscere il parere altrui. Spero continuerai
Per la serie Pipponi Non Richiesti, lascio qui la mia più che mai inutile ed energetica opinione su Barrage, titolo di Simone Luciani e Tommaso Battista del 2019.
Questa mia recensione – o chiamatela come volete – è dunque una goccia (!) nel mare magnum del materiale mediatico riguardante il gioco.
Per quelli che già sanno tutto: beh, siate pazienti e passate pure oltre.
Per quelli che invece hanno ancora curiosità o non conoscono il gioco… questa è soprattutto per voi.
E per me, che amo scrivere dei giochi che mi colpiscono.
In Barrage i giocatori hanno l’obiettivo di fare punti tramite la costruzione di dighe, la produzione di energia elettrica e la conclusione di contratti.
Superiamo i dettagli del regolamento e delle azioni: basti dire che siamo di fronte a un “classico” piazzamento lavoratori, tramite i quali dovremo erigere le nostre dighe, produrre energia tramite le gocce accumulate nei bacini, controllare l’afflusso di queste ultime, acquisire contratti, incrementare e gestire le nostre risorse (soldi, betoniere ed escavatori). Durante i cinque round di gioco i giocatori si alterneranno con un’azione a testa fino a esaurimento lavoratori, con un ordine di turno che, per compensazione, premia chi ha prodotto meno energia. A ogni fine round e a fine gioco si potranno ottenere altri punti a seconda della tessera relativa, che ricompensa chi ha costruito più strutture di un certo tipo o chi lo ha fatto in un certo modo.
Ah, quante cose ci sarebbero da dire su Barrage.
Teoricamente, Barrage è un gioco piuttosto asciutto: le azioni possibili non sono molte (sette in tutto, più una ottava che consente semplicemente di prendere soldi) e sono tutte, produzione di energia a parte, molto semplici e lineari. I turni quindi possono scorrere via a una velocità imbarazzante, sempre che non ci siano al tavolo giocatori che soffrono di quella patologia dei nostri tempi conosciuta come paralisi da analisi (e che inspiegabilmente non è stata ancora inserita nell’elenco delle patologie riconosciute dall’OMS).
La produzione di energia è la parte più articolata: si tratta di capire come costruire un sistema di produzione, formato da tre strutture (condotta, diga e centrale elettrica) che possono appartenere a chiunque (la condotta), o devono appartenere esclusivamente al giocatore (la centrale elettrica e la diga) o che sono elementi neutrali e inalterabili posizionati randomicamente sul tabellone (nuovamente le dighe).
Superato questo scoglio, il gioco – sempre in teoria – filerebbe liscio liscio.
Ma.
Però.
Eh.
Quella diga sufficientemente ampia – ci siamo capiti – sarebbe bene che fosse la vostra.
Quanto descritto, infatti, scatena qualcosa che assomiglia letteralmente a una guerra.
Intercettare le gocce che scendono dalla montagna o che raggiungono le nostre dighe, spinte dalle produzioni proprie e avversarie, è quanto è richiesto al giocatore.
Questo è il cuore pulsante di Barrage, e l’interazione che ne deriva è spietata.
Interazione quasi altrettanto feroce è sugli spazi azione: questa è una caratteristica di molti giochi con la stessa meccanica, la quale tuttavia può essere più morbida o più severa, con mille sfumature nel mezzo. Qui, in Barrage, ci si pesta i piedi come se non ci fosse un domani (o un altro turno). In linea di massima si potrà provare a fare l’azione che volevamo, ma se gli spazi migliori sono occupati si dovranno usare più lavoratori (perdendo capacità di compiere più azioni) o spendere un patrimonio.
Ah, le ruote.
Per queste benedette l’editore ha subìto anatemi e maledizioni piovute da ogni angolo del globo terracqueo… tuttavia, messe da parte le questioni delicate e specifiche sui materiali e sugli intoppi di produzione, si può dire che le ruote sono una invenzione magistrale.
La ruota è una torta a sei spicchi, e quando si vuole costruire una struttura lo si fa inserendo le risorse necessarie (ovvero i macchinari idonei) nel primo dei sei spicchi, “aperto” per l’inserimento della tessera relativa al pezzo che si vuole piazzare in mappa, dopodiché la ruota farà uno scatto in avanti, di fatto bloccando le risorse e la tessera utilizzate fino a che, quando la ruota farà un giro completo, quanto impegnato tornerà libero per essere utilizzato nuovamente. Dunque le risorse non si scartano: vengono “investite” nella ruota e rimarranno bloccate lì finché non riusciremo a far fare alla ruota altri cinque scatti. Va da sé che, se abbiamo appena costruito una condotta, pure avendo risorse disponibili non potremo costruirne un’altra finché la tessera impegnata non sarà nuovamente libera (a meno di tessere speciali acquistabili su uno spazio azione apposito).
Sarà dunque vitale riuscire a procurarsi macchinari e a far girare velocemente la ruota, cosa che costerà un certo dispendio di lavoratori, soldi e ansia.
Che Gioco, Barrage.
Il tema, che per me aveva l’appeal di un ventilatore piantato al Polo Nord e che per questo inizialmente mi aveva tenuto distante dal gioco, secondo me è ben implementato in una serie di dettagli, come il movimento dell’acqua lungo i fiumi e i bacini su una mappa che rappresenta tre livelli (montagna, collina e pianura), l’idea delle risorse-macchinari che non si scartano ma rimangono “bloccate” mentre lavorano alla costruzione di una struttura e non possono essere utilizzate per altro nel frattempo… niente che gridi al miracolo, ma che in qualche caso può aiutare nella comprensione delle regole.
I materiali, croce e delizia del gioco soprattutto nella fase iniziale di produzione, mi piacciono moltissimo (le forme dei pezzi sono diverse per ogni fazione/colore). Lo stesso dicasi per la grafica, che contestualizza il gioco in un passato distopico anni ’30.
La scalabilità è ottima, ma lo è SE si gioca “correttamente”: la mappa è sempre identica, ma chi sa giocare e vuole farlo per vincere andrà sicuramente a cercare il contatto con l’avversario (anche giocando in 2) per sfruttare i suoi sistemi di produzione, generando reazioni a catena e una escalation di aggressività – ma di recente è stato pubblicato anche Barrage Duel, con una mappa dedicata al gioco di coppia e con alcune modifiche al gameplay che potrebbero ricordare in qualche misura 7 Wonders Duel.
Ad ogni modo, giocato in 4 – ça va sans dire – è un vero delirio di strettezza e cattiveria.
Per far entrare Barrage nei vostri cuori, dovete essere brutte persone: dovete apprezzare la strettezza quasi claustrofobica del sistema di gioco, l’aspetto della pianificazione e il rischio che la stessa salti letteralmente per aria per una mossa sbagliata o per quella opportunistica e demoniaca degli avversari, il tempismo necessario a scegliere l’azione giusta nel momento giusto, la complessità delle regole – non molte, ma neanche poche. È quello che si definisce un gioco “punitivo”.
Serve pelo sullo stomaco, e pure bello folto.
Giocarlo significa accettare le sue condizioni, poiché promette grandi soddisfazioni al prezzo di batoste più che probabili e soprattutto memorabili.
Può lasciarti indietro dal principio ma può anche regalare occasioni di recuperi epici.
Un giocatore esperto di Barrage, al netto di errori, farà piovere acqua nei propri bacini e vi lascerà a secco il più delle volte, quindi è auspicabile avere al tavolo persone con lo stesso numero di partite alle spalle o persone sagge che sappiano guidare e consigliare i novizi del gioco, a vantaggio di un equilibrio maggiore (e maggiore divertimento per tutti) nella prima partita e soprattutto nelle successive.
Quelle descritte sono proprio le caratteristiche che fanno di Barrage quel che è: un gioco non adatto ai palati di tutti, che richiama l’eco di tempi meno recenti, in cui nei giochi si proponevano dinamiche più aggressive tra i giocatori (penso a Caylus, ad alcuni giochi della Splotter Spellen, a Vanuatu…) e che non lasciavano molto spazio a piagnistei e lamentele: se un giocatore ti rovina i piani, devi incassare, portare a casa e cercare, se possibile, di rimediare.
Questo è quanto.
Se non dovesse piacervi, lo capirei – non saremmo amici, ma lo capirei.
E anche oggi, dai monti alle pianure s’ode un sol grido: buon gioco!