Alzi la mano chi da piccolo non ha sognato di fare l’esploratore. Che foste appassionati o no di Indiana Jones la figura dell’esploratore avventuriero ha sempre un gran fascino. Richiama quelle sensazioni di avventura, adrenalina, mistero, curiosità che ci solleticano le profondità dell’animo.
Con la sua Spedizione Perduta, edito da Osprey Games e localizzato in italiano da Studio Supernova, Peer Sylvester prova a metterci a capo di un gruppo di avventurieri alla ricerca del Santo Graal delle esplorazioni, nientepopodimeno che la mitica El Dorado (chiamata da Fawcett The Lost City of Z). Riusciremo a raggiungere vivi le rovine dell’antica città o periremo provandoci?
Districarsi tra le tappe nella foresta
Il gioco, un filler della durata di una trentina di minuti per 1-5 giocatori ma apprezzato soprattutto per la modalità solitario, consiste di una peculiare gestione risorse su una coda di carte condivisa creata dagli stessi giocatori nella quale ogni carta presenta una selezione azioni limitata con modalità diverse a seconda della carta. Viene indicato come 14+, ma mi sembra un numero un po' sovrastimato, di fatto è un family+.
Più nello specifico, i giocatori per vincere devono muovere il segnalino esploratore un numero di volte corrispondente alle tappe del viaggio (che può variare a seconda della difficoltà). Ogni round di gioco, i giocatori creano un sentiero di incontri giocando carte dalla loro mano. Successivamente, affrontano in ordine questi incontri dal primo all’ultimo. Ogni incontro prevede una serie di azioni, che possono essere obbligatorie, facoltative oppure alternative (nel senso che bisogna scegliere per forza una tra più alternative proposte). Tipicamente, le azioni prevedono spese o guadagni di risorse, che possono essere cibo, munizioni, vite degli esploratori, o punti competenza. Tra le altre cose, alcune azioni possono permettere anche di avanzare nel percorso. Se si arriva alla città perduta con almeno un esploratore ancora in vita, si vince. Altrimenti, si perde.
La modalità base del gioco è cooperativa. I giocatori compongono il sentiero a turno, giocando carte da una mano segreta, ma la gran parte del gioco che consiste nello svolgimento degli incontri è pubblico e condiviso tra tutti. Il gioco praticamente non scala, semplicemente ci sono più o meno giocatori che aggiungono carte al sentiero. Non a caso, la modalità solitario è la più efficiente: la cooperazione tra giocatori non aggiunge nessuna meccanica pregevole, allora davvero è meglio gestirsi direttamente tutto da soli.
C’è anche una modalità competitiva solo per due che prevede la creazione di due sentieri, con i giocatori che possono aggiungere carte indifferentemente a uno o all’altro e ogni round cambia il giocatore che sceglie quale sentiero percorrerà lui e quale l’avversario. La modalità preferibile resta comunque il solitario.
Lo zaino per l’avventura
Dal punto di vista dei materiali, il gioco si compone di tante belle grandi carte delle stesse dimensioni di quelle di Dixit illustrate efficacemente da Garet Ewing. I disegni, molto vividi e dal tratto ben definito, sono piacevoli e comunicano bene quanto il titolo quale prova ci si trova ad affrontare. Completano i componenti un discreto numero di token salute, munizioni, cibo, due meeple esploratori e un segnalino mattina/sera. Una dotazione adeguata, con carte del giusto spessore.
I rischi della sperimentazione
Peer Sylvester è un autore geniale, che eccelle soprattutto per la capacità di rielaborare meccaniche semplici in modo da creare twist interessanti e sistemi di gioco profondi. Avventurarsi però nell’ignoto uscendo dai sentieri già percorsi comporta dei rischi. Il gioco sperimentale pone pochi compromessi, o è un capolavoro oppure fallisce nel trovare una nuova strada efficace. Purtroppo, con La Spedizione Perduta ci troviamo più nel secondo caso.
La soluzione trovata da Sylvester per rendere al meglio gli accadimenti che si possono incontrare durante una esplorazione nella foresta amazzonica sono rese dalle azioni delle carte, con la discesa pericolosa che ci può far perdere salute ma far avanzare lungo il percorso, animali pericolosi che feriscono se non si hanno proiettili per ucciderli e in tal modo diventano anche cibo e via dicendo. Tuttavia, la sensazione di avventura lascia presto il passo all’ufficio cambio risorse e il gioco si trasforma in un continuo movimento di token dalla propria area di gioco alla banca e viceversa. Non che le aspettative fossero alte visto il peso leggero del gioco, comunque qualche speranza c’era. C’è anche da dire che l’autore è noto per la sua asciuttezza, quindi non si può definire questo un reale difetto.
I problemi più grossi del gioco si incontrano però nella sua dimensione tattica. Quella strategica è inesistente: non si ha contezza di cosa uscirà come carte oltre il round attuale, perciò bisogna arrangiarsi a cercare di fare il meglio possibile con le sfide più prossime. Peraltro, questo è anche coerente con l’ambientazione. Ad ogni modo, una volta appreso il gioco il modus operandi diventa chiaro: bisogna sfruttare il più possibile le carte che permettono di avanzare sul tracciato e non morire male il resto delle volte, possibilmente mantenendo un certo equilibrio tra i tipi di risorse/capacità rimanenti per essere pronti a tutto. L’incertezza dell’uscita delle carte dal mazzo aggiunge un po’ di tensione, ma proprio poca, diciamo che drammaticità non ne traspare.
Quello che manca, in parole povere, è la profondità. Le scelte dei giocatori sono incisive fino a un certo punto e comunque fortemente dipendenti dall’uscita delle carte dal mazzo. Per esempio, se le carte con il movimento delle tappe si concentrano a fine mazzo avete poche speranze nel tentativo di sopravvivere. O ancora, se arrivano tutte carte che vi forniscono competenza in “orientamento” ma le altre nel sentiero richiedono tutte “giungla”, finite male.
A trovarsi penalizzata è quindi anche la longevità. Mancando profondità nelle scelte e ritrovandosi che le azioni delle carte in fondo sono sempre le solite quattro cose, i colori variopinti dei diversi incontri si appiattiscono in un unico marrone, ripetuto di partita in partita.
Non è però tutto da buttare. Al di là di questi aspetti che possono penalizzare un pubblico di giocatori più esigenti resta comunque un gioco che funziona e intrattiene senza chiedere particolare impegno, e forse questo è il metro più adeguato per inquadrarlo. In tale prospettiva, il gioco si rivela un adeguato passatempo.
L’espansione: la fonte dell’eterna giovinezza
Nonostante nel gioco base il buon Peer si sia premurato di informarci su come sia stato accorto a inserire solo incontri che Fawcett avrebbe realmente potuto fare durante la sua ultima spedizione, l’espansione è incentrata su conquistadores zombie, lupi mannari e una montagna. Vengono aggiunti alcuni nuovi elementi che non modificano radicalmente il gioco e saranno apprezzati da chi già ha apprezzato il gioco base. Ad ogni modo, non è minimamente necessaria rispetto alla sola scatola base.
Conclusioni
La Spedizione Perduta è un buon passatempo, un compito ben eseguito che purtroppo non offre quel guizzo tale da distinguerlo all’interno del panorama ludico. L'idea alla base del gioco sarebbe efficace, ma viene sviluppata in meccaniche molto german che sebbene efficaci smarriscono l'intento iniziale e soprattutto non riescono a dare profondità. Riesce soprattutto come solitario, inserendosi in una nicchia non troppo popolata di filler leggeri che possono essere chiusi in poche decine di minuti.