recensione bella e completa. Mi hai quasi fatto venire voglia di riprenderlo. Quasi.
Questa recensione non contiene spoiler di alcun genere!
Mi ricordo di aver scritto in una recensione, di qualche tempo fa, che io difficilmente cedo alla smania dell'acquisto compulsivo e non mi faccio problemi ad aspettare un gioco per un po' di tempo per trovarlo a un prezzo migliore. In un altro articolo però, scrissi – citando Caparezza – che mi contraddico facilmente e lo faccio così spesso che questo fa di me una persona coerente. Ed è per questo che, dopo aver perso la campagna Kickstarter, ho preordinato Tainted Grail: la caduta di Avalon a prezzo pieno per averlo appena disponibile. E quindi, senza ulteriori preamboli, vado a parlarvi del gioco di Krzysztof Piskorski e Marcin Świerkot per 1-4 giocatori edito dalla Awaken Realms e portato in Italia da Giochi Uniti. Mentre scrivo ho sulla scrivania la versione italica del bimbo/gioco.
Ambientazione
"Tempi oscuri davvero.. e maledettamente scomodi! Niente idraulica... niente elettricità... niente di niente!" Merlino – La spada nella roccia
L'isola di Avalon non è luogo per umani, e qui gli uomini mai sarebbero dovuti arrivare. Ma per testardaggine, per curiosità, o perché quella umana è davvero una razza destinata a seguir virtute e canoscenza qui giunse la prima spedizione, alcune navi provenienti dal continente lontano, la madre patria dalla quale si allontanarono, per cercar fortuna su quell'isola maledetta. Sarebbe stato così semplice, la spedizione sarebbe giunta sulle bianche coste di Avalon, lì sarebbe sbarcata e lì sarebbe perita, per colpa dell'Anomalia – magia potente e inumana – o sotto le spade dei giganti o per le lance in pietra anomala dei signori dell'isola, e Avalon sarebbe nuovamente tornata lì dove dovrebbe stare nelle mappe umane, oltre la linea dell'hic sunt leones. Eppure qualcuno si levò e prese le armi contro i dardi dell'oltraggiosa fortuna, Artù lo chiamavano e assieme a Merlino, druido di discendenza demoniaca capace di manipolare l'Anomalia, strapparono quest'isola a quelli che ora chiamano Predecessori, e con i Menhir riuscirono ad ancorare la nuda terra alla loro realtà creando delle sacche senza i venti dell'Anomalia. Lì hanno eretto città e villaggi, e ostinatamente hanno continuato a vivere. Ma ormai il tempo è giunto, i Menhir si stanno spegnendo e quella che loro chiamano la caduta di Avalon altro non è che il giusto ritorno alle origini.
Ormai Artù è morto da un pezzo e servono nuovi eroi, giusto? E chi meglio di qualche pazzo disposto a spendere un numero a tre cifre per un gioco per interpretarlo? Giusto? No, sbagliato! In Tainted Grail non saremo gli eroi della storia, ma gli sfigati che vengono mandati a cercare questi eroi, e ci mandano solo perché la scelta era tra un mulo orbo e noi, e con il mulo orbo non è stato raggiunto un accordo sull'ingaggio. Insomma, in questo gioco saremo feccia, gente con un passato discutibile, non proprio gli eroi senza macchia e senza paura che arrivano sul cavallo bianco. E con queste entusiasmanti premesse saremo costretti a partire dal nostro amato villaggio.
Il gioco
"Sono largo, contengo moltitudini." - Walt Whitman
Nello scatolone alla Nemesis di Tainted Grail troviamo solo otto miniature: tre grandi per i Menhir e cinque più piccole, i quattro eroi e un guardiano. In compenso troviamo abbastanza carte da pavimentare il camminamento della Grande Muraglia, un librone delle avventure, un po' di cubetti di plastica avanzati da Nemesis - rossi e viola - e due dadi. Il gioco prevede esclusivamente una modalità campagna composta da quindici capitoli da giocare in sequenza, quindi niente botta e via con questo gioco, mi spiace. Ma questa campagna, con tutta questa opulenza di carte, come si gioca?
All'inizio della campagna ogni giocatore sceglierà il proprio personaggio tra i quattro presenti nel gioco – cinque se avete partecipato al kickstarter –, ognuno dei quali avrà in dotazione una scheda con le sei caratteristiche del gioco (aggressività, coraggio, praticità, empatia, cautela e spiritualità), l'illustrazione del personaggio e lo spazio per collocare le risorse guadagnate nel corso del gioco (soldi, cibo, reputazione, esperienza e magia), e tre tracciati dove segnare il valore di energia, vita e terrore, oltre a un'abilità individuale e una sfiga personalizzata.
Come avrete notato nella descrizione dei componenti non figura un tabellone di gioco, questo perché la mappa di Avalon verrà composta da delle carte formato tarocco. All'inizio della campagna partiremo dalla carta luogo "101", con sopra un Menhir, saranno posizionate le quattro carte ortogonalmente adiacenti a essa, si seguiranno le istruzioni della carta preparazione del capitolo uno e si creerà un mazzo eventi che potranno essere specifici del capitolo, speciali o casuali o più probabilmente un insieme dei tre tipi.
Il gioco vero e proprio ha una struttura fissa chiamata giornata: nella prima fase si gira un evento, si muovono i mostri eventualmente presenti in mappa e si scala di uno il gettone tempo di ogni Menhir, rimuovendo eventualmente i Menhir senza più gettone tempo e tutte le carte luogo che si trovano a essere non adiacenti – ortogonalmente o diagonalmente – a un Menhir.
Durante la giornata ogni giocatore spenderà energia per compiere le azioni, che non sono poi molte: muoversi, esplorare, usare l'eventuale azione del luogo in cui ci si trova o la propria abilità, fine. A fine giornata c'è la notte, momento nel quale si deve consumare cibo e si ripristinano i valori di energia. Questo ciclo si ripete fino a quando non si incontrano le condizioni richieste per finire il capitolo.
Sul movimento poco da dire, e nemmeno sulle azioni dei luoghi, generalmente servono per raccogliere o, più facilmente, scambiare risorse. Vale invece la pena spendere due parole sull'esplorazione: a ogni carta luogo è associato un numero unico, ogni volta che si è in un luogo si può spendere un punto energia per esplorarlo e per farlo verremo rimandati al libro, esattamente al capitolo con lo stesso numero della carta; da lì proseguiremo un po' come in un libro game, quindi, a seconda dell'opzione scelta, verremo rimandati a un altro capitolo del libro e così via, finché il libro non ci dirà che l'esplorazione è terminata. Chiaramente potrebbero essere richieste delle prove di abilità, pagare delle risorse o incappare in qualche brutto ceffo... anzi, già che ci siamo...
Superuomini, superdonne e superbotte: gli incontri ad Avalon
"Sta mano po esse fero e po esse piuma." - Mario Brega in "Bianco, Rosso e Verdone"
Girovagando per l'isola può capitare di incontrare brutta gente, da un lupo particolarmente ostile a un brigante in cerca di facili guadagni, ma anche mostri deformati dall'Anomalia: il pericolo si trova dietro ogni angolo. Gli incontri possono essere di due tipi, combattimento o diplomazia. Entrambi si basano sul proprio, specifico, mazzo, ma gli incontri di combattimento sfruttano le caratteristiche aggressività, coraggio e praticità del personaggio, mentre cautela, empatia e spiritualità vengono chiamate in causa per la diplomazia. Gli incontri di combattimento richiedono semplicemente di avere la meglio sull'avversario infliggendogli un numero sufficiente di ferite per sconfiggerlo, morire provandoci o darsi alla fuga, opzione sempre valida. Per fare ciò si utilizza il sistema delle chiavi: in pratica ogni carta ha uno o più collegamenti, uno fisso, uno legato alla magia e gli altri tre legati alle abilità; nel proprio turno un giocatore può giocare una carta "attaccandosi" all'ultima carta giocata e provocare i danni riportati. Per continuare a giocare carte saranno necessari degli "attacchi" specifici o abilità concesse dalle carte combattimento. Una volta finito il nostro turno di combattimento il nemico replicherà secondo un semplice schema, facendo danno sulla base delle ferite subite.
Per la diplomazia invece si fa una sorta di tiro alla fune, ma sempre utilizzando lo stesso sistema delle chiavi: in questo caso il nostro obiettivo sarà quello di portare un indicatore al livello massimo di un tracciato, mentre tendenzialmente il nostro avversario tenderà a portarlo giù. A differenza del combattimento, la diplomazia può essere da risolvere in più passaggi e quindi ci sarà richiesto di vincere due o persino tre volte.
Scalabilità, durata e rigiocabilità
"Quanto dura un minuto, dipende da quale lato della porta del bagno si è." - Arthur Bloch
Su questo titolo, così particolare, vale la pena soffermarsi su questi aspetti. Ho letto e sentito molti – non ultimo il nostro Killa_Priest durante Focus on Boardgames – aver lasciato il gioco apparecchiato sempre su un tavolo dedicato, per sospendere l'avventura e riprenderla all'evenienza. Sicuramente è comodo, ma è anche una soluzione che non tutti – me compreso – possono attuare. Io l'ho giocato in maniera più tradizionale, sparecchiando e apparecchiando il gioco ogni volta. Tolta la primissima partita, il set-up del gioco si fa in cinque minuti, bastano pochissime accortezze e l'inserto della scatola aiuta in questo, i materiali da estrarre non sono poi tanti e la preparazione risulta di fatto più breve rispetto ad altri titoli. Alla fine, nonostante la scatola imponente, in Tainted Grail non si usano mai tutti i componenti contemporaneamente, i tempi di preparazione sono minimi e, allo stesso modo, il metodo di salvataggio per metter via tutto è semplicissimo, immediato e richiede davvero poco tempo.
Il tempo di gioco è tutta un'altra faccenda. La scatola promette una campagna tra le quaranta e le cinquanta ore divise in quindici capitoli. Grosso modo ci siamo: per darvi un'idea io e Mrs. Rosengald abbiamo concluso la campagna in undici sessioni, sette serali tra le due e le tre ore e quattro domenicali, tutte da più di quattro ore. Ovviamente, sulla durata ci sono molti fattori che incidono, per esempio la quantità di incontri che si fanno, quanto attentamente si esplora ogni luogo, quanto ci si muove per l'isola in esplorazione e quanto invece si va dritti al punto. Insomma, la durata complessiva della campagna può variare. Allo stesso modo anche i singoli capitoli hanno durate molto differenti tra loro, anche qui per vari fattori: nella nostra esperienza abbiamo affrontato capitoli interminabili, divisi su due sessioni o più, e invece singole sessioni in cui completavamo anche tre capitoli, uno di fila all'altro. Attenzione, con questo non voglio dire che alcuni capitoli risultino necessariamente più lunghi di altri in maniera fissa: per esempio il capitolo tre – che abbiamo giocato tre volte – è risultato molto più lungo degli altri la prima volta, per poi accorciarsi, mentre il secondo capitolo – giocato tre volte anch'esso – si è rivelato più lungo la terza volta delle due precedenti, per una serie di scelte nostre che non sto a spiegare onde evitare anticipazioni.
Passando alla scalabilità del titolo mi avvicino più timidamente all'argomento di quanto faccia di solito. Questo perché solitamente prima di una recensione provo un gioco in ogni sua configurazione possibile, cosa che per Tainted Grail non è stato possibile, sia per la particolarità del titolo – che non ha senso essere giocato in una singola partita – sia per la particolarità del momento storico. Mi perdonerete, spero, così come spero capirete che più che un'analisi di questo aspetto mi limiterò a dare qualche supposizione sulla base dell'esperienza avuta con il gioco in coppia.
Il gioco è lungo, e il downtime alle volte si avverte anche in due, perché gli incontri possono essere lunghi e, dopo un po', alcuni momenti avranno meno trasporto da parte del gruppo, quindi non mi sentirei di consigliare Tainted Grail a un gruppo che intenda affrontarlo a pieno carico. Allo stesso modo dissento con chi lo considera un'esperienza unicamente da affrontare in solitaria, principalmente per tre ragioni. Nonostante non sia la punta di diamante del titolo, anche il combattimento ha la sua dignità, e in due persone le sinergie che si riescono a creare sono interessanti, rendendo più stimolanti gli incontri affrontati in gruppo proprio per il tipo di cooperazione richiesta, arrivando a fare scelte subottimali per il nostro attacco, ma preparando la strada al "super turno" del compagno di squadra.
Il secondo punto è la necessità di scelta, spesso al buio. In Tainted Grail ci sono molte scelte da fare, uccidere o meno un tizio, chi sostenere, cosa fare con un determinato oggetto e mille altre ancora. Molte di queste scelte non possono essere prese con la certezza di quale sia migliore o peggiore, anche perché molte volte una scelta migliore potrebbe non esistere, e si tratterebbe solo di una scelta diversa. Vi ritroverete a fare scelte di pancia, seguendo l'istinto o lasciandovi ispirare da quello che avete vissuto fino a quel momento: ecco, non avere una fase di discussione su queste scelte limiterebbe l'esperienza di gioco.
Ultimo, ma non meno importante aspetto: in Tainted Grail la storia è fondamentale, ma è anche dannatamente voluminosa e, oltre a consigliarvi caldamente di prendere quanti più appunti possibile, avere qualcuno con cui condividerla, e la cui memoria vada a colmare le lacune della vostra e vice versa, aiuta enormemente.
Come ho già scritto – e sicuramente riscriverò – lo sviluppo della storia è centrale nel gioco. Questo influisce sulla rigiocabilità. Io credo che nel mercato odierno la longevità di un titolo sia sempre meno fondamentale (guardate il vostro mobile/armadio/sottoscala/scantinato o dovunque teniate i vostri giochi!), è probabile che – come me – troverete più ore di gioco rispetto a quelle che avete a disposizione e nonostante tutto il corriere continuerà a suonarvi il campanello. In un gioco in cui la storia la fa da padrona non ci si può aspettare di continuare a macinare campagne su campagne con sempre la medesima soddisfazione, ma non siamo nemmeno davanti a un legacy, e il paragone più sensato che mi viene da fare è quello con i libri – non a caso Piskorski è uno scrittore. Infatti, come per un buon libro, ci si può tornare sopra, e magari apprezzare delle sfumature non viste alla prima lettura, anche se l'effetto sorpresa non potrà più essere lo stesso. Bivi e biforcazioni ci sono e in una singola campagna non sarà possibile vedere tutto quello che il libro delle storie ha da offrire. Di contro c'è da dire che si può "cadere" nel sentirsi obbligati a fare una scelta che non avremmo voluto fare solo per esplorare una storia nuova. Comunque non temete, Giochi Uniti ha già annunciato che porterà in italiano altre tre espansioni per un totale di trentotto (si 38!) capitoli.
L'importanza di chiamarsi Ernesto: la libertà ad Avalon
"Io so questo: che chi pretende la libertà, poi non sa cosa farsene." - Pierpaolo Pasolini
Come si sarà già capito, il focus principale del gioco risiede nella storia, della quale, chiaramente, non potrò fornire anticipazioni per non rovinare la sorpresa a chi deve ancora provare il titolo. Ma, dal mio punto di vista, è necessario in sede di recensione soffermarsi su alcuni concetti chiave.
Open world: questo è un termine preso in prestito dal mondo video-ludico, dove si definisce "un videogioco in cui il giocatore può muoversi liberamente all'interno di un mondo virtuale; infatti è data ampia libertà al giocatore il quale può scegliere come e quando affrontare obiettivi o dedicarsi alla semplice interazione con l'ambientazione e ciò che la popola." (Wikipedia). Date queste premesse è legittimo aspettarsi di essere davanti alla trasposizione in gioco da tavolo di questa tipologia di esperienza? Si e no allo stesso tempo. Provo ad argomentare.
L'isola di Avalon qui proposta è finita, ha una sua mappa, grande ma limitata, e non sarà sempre disponibile a piacimento del giocatore. Infatti, come spiegato sopra i Menhir fungono da "faro", rendendo accessibili le aree immediatamente circostanti per il periodo della loro durata. Questa trovata – non nascondo, da me particolarmente apprezzata – ha due grandi punti di forza: il primo è rendere meccanicamente tangibile al giocatore l'ambientazione, il mondo sta venendo inglobato dall'anomalia, tutto è oscuro e devastante, e tener accesi i Menhir è l'unico modo che si ha per guadagnare tempo; l'altro aspetto fondamentale è legato all'ergonomia di gioco. Nella scatola sono presenti tre miniature Menhir, e questo è anche il numero massimo di statue che potremmo avere contemporaneamente in gioco, rendendo di fatto la mappa sul tavolo fisicamente più contenuta, permettendo così di poter giocare su un normalissimo tavolo, ma avendo a disposizione una mappa veramente grande. Questo però provoca alcune limitazioni, alcune più marcate, altre meno. In primo luogo l'esplorazione degli spazi risulta sì libera, ma anche condizionata alla capacità dei giocatori di recuperare risorse, cosa non sempre facile, e, a volte, la sensazione di dover seguire il percorso indicato è presente; inoltre, se da un lato l'ambientazione viene esaltata da questa meccanica, è proprio questa stessa meccanica che stride con essa, perché se i Menhir tengono ancorato il mondo umano alla realtà così come la concepiamo, è anche vero che spesso ciò vale solo per i giocatori, con aree dell'isola che sprofondano nei venti dell'Anomalia per poi riapparire con i vari personaggi lì presenti che non si sono resi conto di niente, artificio al servizio del gioco che sarebbe più perdonabile se lo scampare all'Anomalia non fosse il motivo stesso della campagna.
Già che ho parlato dei personaggi che si trovano nelle varie aree dell'isola, vale la pena spendere due parole su di loro: a tal scopo, prendo in prestito una "sigla" tipica del gioco di ruolo per parlarvi dei PNG (personaggi non giocanti). Ovviamente, non essendo davanti a un videogioco, non si può – e non sarebbe giusto - aspettarsi una capacità di evoluzione di ogni PNG all'evolversi della storia, visto che il percorso che affronteremo non sarà lineare, e nello stesso luogo si tornerà più volte. Da un lato, il senso di finzione in alcuni casi è sentito, scegliendo e riscegliendo opzioni di scelta del libro fino ad arrivare alla soluzione desiderata (gente più colta di me mi ha parlato di effetto vending machine) e, inevitabilmente, questo porta a spezzare l'atmosfera, per quanto per le cose significative il sistema degli status cerchi di porvi rimedio. Durante il gioco, quando si sceglie o semplicemente avviene qualcosa di significativo, ci potrà essere chiesto di guadagnare un determinato status (si tratterà di fare una croce su una casella tra le molte a disposizione sul retro della scheda di salvataggio). Esplorando i luoghi, la presenza o l'assenza di determinati status renderà disponibili o negherà la disponibilità di alcuni incontri, fino addirittura a renderne alcuni obbligatori: questo, oltre a limitare la ripetitività degli incontri, dà anche la sensazione di un mondo che si evolve sia per le nostre scelte, ma anche indipendentemente da esse, perché a volte arrivare tardi in un luogo ce lo farà trovare cambiato rispetto all'origine, dando la sensazione di un mondo che si muove e si evolve non solo grazie a noi.
Ma veniamo al nodo cruciale del paragrafo: il giocatore è veramente libero? Se, come già detto, il nodo cruciale è la storia sarei propenso a dire più no che si, il tutto senza fare nessun tipo di anticipazione al lettore.
La premessa della storia è che i personaggi che giocheremo partano per andare a comprare il pane, impresa che tutti sappiamo essere difficile se non disperata. Bene il filo conduttore della storia porterà inevitabilmente a cercare un fornaio aperto che abbia ancora il pane – senza sale mi raccomando che non siamo barbari – e difficilmente ci si potrà aspettare che un pacchetto di crackers vada bene lo stesso. Ora il punto è questo, ad Avalon ci sono vari forni e sono tutti raggiungibili, starà a noi scegliere che strada fare e con che mezzo andarci.
Senza voler parlare di pane ancora per molto, si potrebbe sintetizzare dicendo che Tainted Grail vi racconterà una storia, con varie possibilità di scelta su quello che succederà durante il racconto, ma comunque rimane una storia raccontata. Mi rendo conto della poca chiarezza dell'esposizione, derivante in parte dalla mia incapacità, dall'altra dalla ferma e assoluta volontà di non anticipare niente per non compromettere l'esperienza gioco.
Mi verrebbe anche da porre un ulteriore questione a chi si è lamentato di questa natura mista di libertà all'interno di una storia scritta. È davvero necessaria la libertà assoluta in un gioco? Qui la libertà sta nella libertà di risoluzione, cosa ben diversa dalla libertà assoluta mi rendo conto, ma in quale gioco – sia da tavolo che non – si riesce ad avere quel tipo di libertà? Forse nei più moderni esperimenti di narrazione condivisa in ambito del gioco di ruolo... forse. Quindi, il grado di scelta e di libertà che il gioco propone considerando il media utilizzato (un gioco da tavolo senza applicazioni o altri innesti tecnologici di sorta), è adeguato e soddisfacente.
Gioco da tavolo, librogame o videogioco mancato? Tainted Grail e il media utilizzato
"Io non capisco proprio i videogiochi. Ai miei tempi se volevi vivere in un'altra realtà prendervi un po' di LSD e poi andavi all'acquario!" - Garrett Morris dalla serie 2 Broke girls.
Ma quindi questo gioco cos'è? Un librogame con supporto di carte? Un videogioco da tavolo? Un romanzo a bivi? O semplicemente un gioco da tavolo come un altro?
Innegabilmente, la sensazione di essere davanti a un librogame sotto steroidi c'è, ma è anche vero che, nonostante il focus sia la storia, gli altri elementi (la mappa – e il movimento dei personaggi su quest'ultima – le carte per il combattimento o la diplomazia) non sono elementi d'arredo e fanno parte del gioco avendo al suo interno pari dignità.
Sul videogioco la questione è più complessa: in più occasioni mi è stato chiesto se questo gioco non sarebbe stato meglio come videogioco anziché come gioco da tavolo. A rafforzare questa idea c'è anche il fatto che in sede di campagna kickstarter sia stato anche prodotto un videogioco – acquistabile su Steam – di Tainted Grail con una storia diversa rispetto a quella che troverete nel gioco in scatola (non essendo un videogiocatore da PC non so dirvi molto a proposito).
Inutile stare qui a spiegare l'ovvio, ovvero quanto siano diversi i due media: tuttavia, ancor più in questo periodo, risulta vero che molti giochi da tavolo hanno trasposizioni video-ludiche o quantomeno virtuali e, nonostante tutto, rimaniamo comunque in spasmodica attesa di poter tornare a giocare con le copie fisiche. Anche volendo approfondire, Tainted Grail, come ogni altro media che si basi principalmente su una narrazione, avrebbe la possibilità in fieri di essere multi-piattaforma, ma ogni sistema utilizzato manterrebbe le proprie caratteristiche peculiari, restituendo a chi ne usufruisce sensazioni differenti: così come un libro e un film difficilmente daranno le stesse sensazioni allo spettatore, giocare a Tainted Grail in un videogioco, o solo come librogame darebbe una sensazione diversa. E forse la particolarità del gioco sta proprio in questo riuscire a fondere – alle volte magari in maniera un po' brusca – aspetti peculiari che non sono necessariamente del mondo dei giochi da tavolo, in un gioco da tavolo. La mappa che scompare può ricordare quella di alcuni videogiochi, così come il libro delle storie non può che rimandarmi con la mente a quando sfogliavo i vecchi Lupo Solitario di mio cugino (sì, sempre quello che una volta è morto), ma rimane un gioco da tavolo con tutti i pregi e i limiti che questo media ha.
Considerazioni
"Ogni storia ha una sua fine, ma non è la fine della vita, è solo l'inizio di esperienze nuove." - Antonia Gravina
Mi avvio alla conclusione di questa recensione sottolineando l'ovvio: Tainted Grail non è un gioco per tutti, è un gioco che può regalare grandi emozioni o la sensazione di aver investito diversi soldi e di averli buttati via; quindi, per chi non lo avesse ancora giocato e cercasse in queste righe ispirazione, è meglio arrivare all'acquisto con le idee chiare. Se cercate un gioco da tavolo "classico" d'avventura potete guardare altrove, perché nonostante gli elementi di un gdt siano presenti - punti azione derivanti dall'energia, punti salute, carte azione, raccolta risorse - tutto, e con "tutto" intendo proprio "tutto", è un sistema asservito al servizio della storia, vera anima del gioco; quindi, se non siete in grado, o non avete intenzione di lasciarvi trasportare dalla scrittura di Piskorski, lasciate perdere.
Ma anche circa il tipo di storia bisogna fare degli avvertimenti. La Avalon di Tainted Grail è un luogo crepuscolare, è un mondo che sta finendo, fatto di disperazione e di bastardi che godono della disperazione, è un mondo senza speranza, è un mondo senza onore, sappiatelo!
I materiali sono tanti, composti principalmente da carte, ma bisogna dire di ottima qualità – come da tempo ci ha abituato la casa polacca – le miniature dei Menhir sono eccezionali e lo stile delle illustrazioni è molto evocativo.
Se invece apprezzate ambientazioni fantasy e cupe e riuscite a lasciarvi trasportare dalla storia, verrete risucchiati in un mondo tetro ma bellissimo, scolpito con i caratteri di chi sa fare questo mestiere e – diamo a Cesare quel che è di Cesare – il tutto tradotto splendidamente da Giochi Uniti. Insomma, un gioco non per tutti, ma che ha l'enorme pregio di tentare l'intentato e proporre qualcosa di nuovo nel panorama ludico, ma non solo: Tainted Grail traccia anche una linea e la traccia ben in alto. Chiunque verrà dopo avrà un nuovo standard narrativo con cui confrontarsi.
I pareri di Mrs. Rosengald
"Una buona storia vuol dire una cosa che vale la pena di essere narrata e che il mondo vuole ascoltare. Trovarla è il tuo solo obiettivo." - Robert McKee
Sono d'accordo con Rosengald, la parte centrale di questo gioco è la storia. Ma non concordo su incontri diplomatici e combattimenti. Infatti, ho trovato quest'ultimi lunghi e, soprattutto se affrontati da un solo giocatore, anche frustranti per l'altro. La meccanica non mi è parsa particolarmente brillante e verso il finale di campagna mi ero sostanzialmente annoiata di questo aspetto del gioco.
Però ho trovato la storia bellissima, le possibilità di variare ci sono e me ne sono innamorata, ed è così bella che la parte di combattimento diventa tutto sommato secondaria. Insomma, Tainted Grail si gioca per la storia.
Credo che come lo abbiamo giocato noi sia la configurazione ideale – due giocatori – e onestamente non so se mi ci approccerei in più giocatori. Per me il solo non è mai un'opzione, quindi non posso che consigliarlo per una coppia di giocatori esperti, ma disposti a lasciarsi andare alla storia, senza grandi pretese meccaniche.
Il voto di Mrs. Rosengald: 8,5