I 100 Giochi – Jutland

La guerra navale si combatte a terra... sul pavimento di casa

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Jutland
  • Genere: wargame, simulazione storica.
  • Target: giocatori media esperienza, amanti del gioco vintage.
  • Scalabilità: 2-10 giocatori.
  • Meccaniche principali: movimento libero, schede unità.
  • Meccaniche secondarie: mosse con template, tiro dadi, doppia mappa segreta.
  • Importanza storica: Per cominciare a parlare di questo gioco dobbiamo tornare agli albori del wargame, nei primi anni Sessanta, in cui praticamente l’intera produzione si concentrava sotto un’unica sigla: Avalon Hill. Il suo fondatore, Charles S. Roberts (sì, quello che poi ha dato il nome ai CSR Awards, detti anche “Charlies”), stava continuando nella scia dei primi grandi titoli come Gettysburg e Waterloo e aveva da poco lanciato la sua ultima uscita: Battle of the Bulge. Il gioco ricreava la Battaglia delle Ardenne del 1944, sotto l’egida nientemeno che del generale MacAuliffe, quello che a Bastogne rispose in maniera “colorita” (“Balle!”) alla richiesta di resa avanzata dalle forze tedesche che lo stavano assediando: non proprio il primo che passava di lì. Bene, in tutto questo, alla Avalon Hill un bel giorno si vedono recapitare una bella letterina da un tizio sconosciuto. Si tratta di un appassionato dei loro giochi, che però avanza alcune critiche molto precise proprio a questi ultimi titoli: bellissimi i componenti, le regole e pure il generale in copertina... però, possibile che le tabelle siano praticamente sempre le stesse o quasi? Forse nella Seconda guerra mondiale i combattimenti andavano un po’ diversamente rispetto all’epoca napoleonica e alla Guerra di secessione, non credete? E possibile che non si riesca a introdurre qualche meccanica un po’ nuova, roba semplice certo, ma che con il minimo sforzo possa rappresentare meglio le peculiarità di quella singola campagna rispetto a tutte le altre? Siccome alla Avalon Hill lavoravano persone intelligenti, la lettera viene subito passata a Mr. Roberts, che decide di rispondere a tono al giovane interlocutore, chiedendogli se ha delle idee più concrete da mettere sul tavolo e magari un gioco da proporre per la pubblicazione. E com’è che si chiamava questo tizio? Ah, sì... Jim Dunnigan. Inizia così la carriera di quello che poi si metterà in proprio fondando la SPI, rivale storica dell’Avalon Hill, e si dimostrerà come uno dei più geniali game designer della storia del wargame, definendone molti dei principi fondamentali usati ancora oggi (alla canonizzazione dell’interfaccia visuale e del layout delle regole del wargame classico ci penserà l’altro fondatore della stessa SPI, Redmond A. Simonsen). Tra i suoi primi titoli, ovviamente accettati dalla Avalon Hill e pubblicati ancora sotto il proprio marchio, troviamo questo Jutland. Un gioco navale ricolmo di tabelle statistiche accurate per ogni singola unità (calibro dei cannoni, corazzatura, velocità...) e allo stesso tempo facilissime da usare. E con la prima di quelle che diventeranno le abituali prove di “eleganza” nel design e che diverranno marchio di fabbrica di Dunnigan: niente mappa, niente esagoni... in una spettacolare soluzione antesignana dell’ibridazione tra i generi, in questo caso il wargame tridimensionale, le navi si muoveranno liberamente con dei template per le manovre e dei righelli speciali per le gittate: elementi di gioco in effetti ripresi dalla primissima versione del Gettysburg della stessa Avalon Hill, che però ancora gestiva il tutto su di una mappa ortogonale. Questo è Jutland, simulazione dell’unica grande battaglia navale della Grande Guerra, apprezzato ancora oggi. 
  • Elementi di innovazione/twist: Fa un po’ strano parlare di elementi di innovazione di un gioco uscito nel 1967, ma dobbiamo mettere il tutto nella giusta ottica storica, perché i twist di questo gioco sono quelli che oggi consideriamo i normali canoni del wargame tradizionale. Cose come l’accuratezza statistica delle schede delle navi, l’uso estensivo dei dadi coi modificatori situazionali, l’intreccio tra mappa strategica e risoluzione tattica, le mosse nascoste a “doppio cieco”, le asimmetrie sottili ma fondamentali (gli Inglesi hanno più navi, ma i Tedeschi possono compiere manovre di squadra più elaborate)... tutta questa roba che oggi è normale per un qualsiasi grognard e che anche i non addetti ai lavori del wargame comunque riescono a riconoscere, all’epoca non era stata ancora vista da nessuno. E poi il movimento libero, senza griglia esagonata o meno, che ci fa allontanare dal tavolo con le sue mappe e ci incoraggia a giocare come i primi “soldatinari”, a terra sul pavimento di casa: una meccanica ovviamente normalissima anche all’epoca per qualsiasi tridimensionalista, ma che apriva incredibilmente il mondo del wargame da tavolo a nuove prospettive. L’ibridazione voluta da Dunnigan trasformerà i classici counter bidimensionali in miniature, anche se piatte e solo di carta, riunendo gli aspetti migliori di entrambi gli approcci in un sistema che rimane comunque semplice e totalmente accessibile. Una scelta sia voluta che obbligata da quello che era all’epoca il mercato di riferimento per il wargame, ossia i ragazzi dai 12-14 anni in su. Tutti elementi che, seppur in altre forme, si ritroveranno più tardi anche nella filosofia di design più matura e consolidata di Dunnigan, il quale diventerà un maestro nel creare simulazioni più che convincenti e che includono anche dinamiche storiche molto complesse, ma con soluzioni apparentemente minimali e senza alcuna proliferazione di eccezioni o regole aggiuntive.
  • Longevità e alternativeJutland è chiaramente un gioco del suo tempo e oggi, per quanto apprezzato, mostra i segni dell’età. Chi lo pratica adesso, magari usando un po’ di aggiustamenti e varianti realizzate nel corso dei decenni successivi, lo fa molto per nostalgia o perché è un appassionato del retrogaming. Ciò non toglie però che la sua giocabilità rimane altissima, le interazioni tra parte strategica e parte tattica garantiscono una grande variabilità ad ogni partita, il fascino di un titolo davvero diverso dal solito rimangono delle attrattive notevoli, facendo perdonare il look un po’ antiquato e certe rigidità nel modello statistico che, ad esempio, affibbia pessimi valori difensivi a tutti, ma proprio tutti gli incrociatori britannici. Oggi le alternative ovviamente non si contano, e alcune vengono dalla stessa SPI che Dunnigan creerà di lì a poco. Arrivando a tempi più recenti, due titoli possono essere considerati come valide opzioni alternative: i giochi della serie Iron Bottom Sound di Jack Greene (però ambientati nella Seconda guerra mondiale) e il più raro ma ugualmente giocabile Line of Battle della Omega Games, che riprende molto da Jutland nel suo approccio statistico. Si tratta però, in entrambi i casi, di titoli su mappa esagonata, dunque privi della grande innovazione del movimento libero con sagome per le manovre e righelli per la gittata. Due elementi che però troviamo pienamente nel Sails of Glory di Andrea Angiolino che, pur ambientato all’epoca delle navi a vela, dà segno di questa stessa capacità di innovazione e ibridazione. Aspetti alla base di questo grande titolo di assoluto riferimento e fuori dagli schemi, proprio come era il caro vecchio Jutland

Commento

Lo abbiamo detto, per quanto Jutland vada iscritto all’unicum molto specialistico della simulazione navale, il suo impatto sull’intero mondo della simulazione è stato fondamentale. Con titoli come questo si comprende che il wargame può avere molte forme e soluzioni diverse, che deve adattare le sue dinamiche interne alla situazione storica che vuole ricreare e non il contrario, che può esplorare e sperimentare anche soluzioni nuove e mai tentate prima. Certo, parliamo di un gioco che a oggi ha quasi 60 anni e che quindi presenta alcune pecche qua e là, magari dovute ai dati disponibili all’epoca o a soluzioni che oggi appaiono un po’ ingenue. Tuttavia, è un titolo che ha dato tantissimo al mondo del wargame, non solo dal punto di vista meramente ludico, ma anche definendo buona parte dei capisaldi concettuali alla base di decenni di produzioni successive, fino a oggi.

In più, Jutland è incredibilmente divertente. Chi non vuole sdraiarsi sul pavimento di casa a tirare cannonate e siluri contro le corazzate nemiche, a botte di dadi, con un regolamento semplice e del tutto intuitivo? Le tante unità presenti e immediatamente disponibili, le sagome calibrate, le tabelle statistiche, le mappe strategiche vi faranno sentire davvero a bordo di una nave ammiraglia, intenti a tracciare rotte di intercettazione e a dare ordini di manovra alle tante diverse tipologie di naviglio a vostra disposizione. Aggiungete a questo un’ambientazione affascinante e una durata relativamente contenuta (una battaglia completa ve la giocate senza troppi problemi in 2-3 ore) ed ecco davanti a voi le ragioni per cui questo gioco è considerato un classico. Un titolo davvero senza tempo, di quelli che hanno contribuito a definire un intero genere e che ancora oggi potete aprire, giocare e apprezzare, a più di 60 anni dalla sua uscita.

Commenti

Gran bell'articolo Riccardo,  come sempre.

Molto interessante. Soprattuto vedere le basi sulle quali si fonda e si sia evoluto il moderno wargame 

Qui si vede che c'è dell'esperienza!!

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