David Thompson, giovane americano che lavora per il dipartimento della Difesa, si prospetta essere il paladino del nuovo wargame che avanza: da un paio d'anni a questa parte sta contribuendo a rendere i giochi di simulazione storica meno di nicchia, soprattutto (per quanto riguarda la sottoscritta) grazie a regolamenti cristallini, ché le mamme che lavorano non hanno tempo di star dietro a faq e aggiustamenti vari.
Dopo aver sfornato in poco tempo gemme come Undaunted: Normandy, For What Remains e i solitari Castle Itter e Pavlov's House, nel 2020 pubblica per Phalanx il suo gioco competitivo per due giocatori, ideato in collaborazione con Chris Marling, dal titolo Europe Divided, che si basa su meccaniche di gestione mano e maggioranze. L'ambientazione è la situazione geopolitica europea dal 1992 al 2019. Le due fazioni in campo sono l'Europa occidentale insieme alla NATO e la Russia: la prima è ricca, ma, siccome deve tenere le fila di due potenze, l'Unione Europea e la Nato, è rallentata nelle risposte dalla burocrazia; la seconda è decisamente meno florida, però riciclando più velocemente le carte del proprio mazzo, è più snella nelle risposte e può puntare di più sugli armamenti.
Il gioco si articola in venti turni, dove i giocatori possono usare due carte per volta dalla propria mano per eseguire un'azione ciascuna, tra quelle visualizzate sulla carta stessa (non tutte le carte permettono tutte le azioni):
- posizionare un dado influenza;
- aumentare l'influenza di un dado;
- ottenere monete;
- posizionare armamenti;
- spostarli;
- usare l'azione speciale scritta sulla carta.
Alcune tra le azioni suddette comportano spendere del denaro (posizionare dadi e armamenti, spostare armamenti più di uno spazio); notare che solo l'azione di posizionare armamenti è legata alla regione scritta sulla carta. Quando uno dei nostri dadi raggiunge il livello di influenza 5 o 6 in una regione, si aggiunge la carta relativa alla nostra pila degli scarti.
Ad ogni turno pari, a eccezione del secondo, si controlla se le condizioni delle carte headline (evento principale) del turno in corso sono state raggiunte dalla fazione considerata (carte rosse per la Russia, carte verdi - verde che è l'unione del giallo/EU e del blu/NATO - per l'Europa), che riguardano maggioranze di influenza o di armamenti, e si assegnano i relativi punteggi. Al turno dieci e venti si assegna un punto prestigio per ogni dado con influenza 6 nelle regioni dell'Europa centrale, orientale e in quelle del Caucaso. Ulteriori 1 o 2 punti vengono assegnati al turno dieci e venti se si è rinunciato a usare una o entrambe le carte advantage, che fornirebbero aiuti nel corso della partita. Ovviamente, alla fine del ventesimo turno, chi ha ottenuto più punti prestigio, è dichiarato il vincitore.
Sia il tabellone "parlante" sia i player aid inclusi sono talmente esaurienti da rendere il gioco rigiocabile senza dover rileggere il regolamento, anche dopo averlo accantonato per qualche mese. Le carte di mano e le headline hanno testo in abbondanza, il che contribuisce ad ambientare il gioco, nonché a istruirci sui conflitti che si sono svolti nel Vecchio Continente, a un passo da casa nostra o poco più, ma sono passati in sordina, non essendo stati protagonisti della ribalta mediatica.
Quali conflitti? Ad esempio la guerra in Georgia per il separatismo dell'Abcasia (1991-1993), conflitto in cui rimasero uccisi tra i diecimila e i trentamila georgiani e in cui ci furono episodi di pulizia etnica da entrambe le parti. Ci sono un paio di carte headline in Europe Divided che ne illustrano gli eventi per sommi capi.
Per dovere di cronaca, riporto che attualmente l'Abcasia è riconosciuta indipendente solo dalla Russia, dal Venezuela, dal Nicaragua e da una manciata di nazioni del Pacifico; per tutti gli altri, è ancora una regione della Georgia. L'Abcasia è sempre stata, fin dai tempi antichi, territorio di conquista: è stata invasa da bizantini, ottomani e georgiani, infine subì ovviamente anche il dominio russo. Il perché di tutto questo interesse verso la regione, è da attribuire alla ricchezza di acqua dolce, gas naturale e petrolio, e, nei tempi attuali, della presenza di una base militare russa a Gudauta, sul Mar Nero, di grande importanza strategica.
Esiste un bel film del 2013, candidato all'Oscar e ai Golden Globe come miglior film straniero 2015, diretto dal regista georgiano Zaza Urushadze (deceduto nel 2019), il titolo è Tangerines (Mandariinid). Un titolo semplice, come semplice è la storia e i personaggi che la compongono, un contadino di nome Margus, che coltiva per l'appunto mandarini, e il suo vicino di casa Ivo, che fa il falegname e costruisce cassette di legno per trasportare gli agrumi dell'amico. Sono entrambi estoni, esuli in Abcasia, e subiscono le conseguenze della guerra in un modo improvviso e inaspettato. Avviene uno scontro a fuoco tra georgiani e mercenari ceceni proprio lì, dove abitano loro. Sopravvivono solo due uomini, un georgiano e un ceceno.
Il saggio Ivo, il più anziano tra i due amici, decide, sprezzante del pericolo, di ospitare e di curare amorevolmente come un padre entrambi i feriti. Il punto di forza di questo film sono le dinamiche dei rapporti che si creano sia tra i due soldati, sia tra Ivo e ognuno di loro.
Tangerines è un film che non rappresenta una guerra roboante, non è super-spettacolare, ha più a che fare con le conseguenze della guerra sulla gente comune, con la futilità dei conflitti, con il bisogno di guardare l'Altro negli occhi; non mi stupirebbe vederne un adattamento teatrale.
Finisco citando per contrasto un altro film, un documentario stavolta, Il n'y aura plus de nuit (id., 2020) di Elénoire Weber, costituito dalle immagini degli obiettivi degli elicotteri e dei droni militari francesi che uccidono i guerriglieri in Medio Oriente. È la famosa guerra chirurgica, che spersonalizza una delle due parti, rendendola invisibile, dis-umana, assimilabile a un videogiocatore piuttosto che a un soldato. E... no, non è infallibile, perché all'obiettivo umano arriva una pioggia di proiettili, che non sempre lo uccide sul colpo, ma lo lascia più spesso agonizzante.
Colonna sonora consigliata: Metallica One del 1989.