Volevo all'inizio scrivere una recensione, ma poi ho pensato che non solo ne abbiamo già una più che ottima, di pennuto77, ma abbiamo pure la guida strategica di MarioRossi. E poi quello che volevo raccontare in quella recensione partiva da un'esperienza personale, per arrivare a razionalizzarla in alcuni concetti chiave, sul perché Great Western Trail mi abbia spiazzato fin dall'inizio e perché ci abbia messo così tanto tempo, partite e studio per apprezzarlo. Tutto questo con una recensione ha poco o nulla a che fare, per cui ecco il perché dell'articolo.
Prima di partire, una premessa fondamentale: i giochi complessi andrebbero giocati con chi li conosce molto bene e te ne spiega bellezza e profondità nascosta.
Questo purtroppo è un grosso limite dei giochi moderni, per tre motivi: sempre più giochi passano sui nostri tavoli e quindi sempre meno giochi vengono davvero approfonditi; non è facile trovare un giocatore esperto in un gioco; bisogne mettersi al tavolo con la giusta predisposizione, ovvero sapere di perdere e saper ascoltare consigli e considerazioni di chi ne sa di più (ovvero se la cosa vi scoccia perché voi “giocate per divertirvi”, è inutile).*
Questo a me personalmente è successo per Great Western Trail, così come ad altri è successo con altri giochi quando a conoscerli bene ero io.
Fatto sta che le prime partite di Great Western Trail, fatte ai tempi del Magnifico, non solo mi hanno spiazzato, ma anche irritato. Questo deriva sicuramente da un certo game design – quello di Pfister e altri – che non apprezzo particolarmente, ma anche da com'è costruito il gioco stesso.
Provo a elencare questi punti, in parte perché potrebbero essere gli stessi che hanno scontentato altri, in parte perché metabolizzandoli come caratteristiche del gioco, si può imparare ad apprezzarlo. Come è successo a me.
1) Le strategie sono tre...
… e soprattutto sono esclusive e fanno riferimento ai personaggi: cowboy, costruttori, ingegneri. Esclusive significa che, sebbene di tutte e tre le categorie potete comprare uno, a volte due uomini, alla fine, per una strategia efficace, dovete puntare tantissimo su una e una sola, possibilmente riempiendo il tracciato di quel personaggio.
Questo non è intuitivo e spiazza parecchio: il gioco ti dà apparentemente la possibilità di fare un po' di tutto ed è anche quello che sei portato a fare, ma giocando contro uno bravo, ti accorgi che questa strategia è perdente. Perdente soprattutto se associata al punto 2 qui sotto.
2) Great Western Trail è una corsa...
...che però devi scoprire da solo. Il gioco non ti dice che devi correre, ma solo che la partita finirà dopo un numero variabile di giri. Che convenga correre, lo si scopre giocando molto, o perché uno già esperto al tavolo ti lascia al palo. Ma le prime partite, la tentazione di fermarsi ad ogni singola stazione, spalmando la strategia in mille direzioni, è forte e concreta.
Così
il gioco diventa uno stillicidio e dato che le strategie di tutti sono così lasche, sembra, nel risultato finale, dipendere troppo da
elementi aleatori, come la pesca delle carte o gli obiettivi finali.
3) Il deck-building non è la meccanica centrale
Anche questo, è un elemento spiazzante, o meglio frainteso. Frainteso nel senso che l'idea che ti fai è che, dato che nel gioco c'è un mazzo di carte e che ogni giro di tabellone è finalizzato alla vendita di quelle carte, allora il gioco girerà attorno a quella meccanica. Invece il gioco gira letteralmente attorno a sé stesso: è il giro del tabellone il motore del gioco, della strategia e dei punti vittoria, non la consegna.
Solo che, all'inizio, questa cosa non la capisci e tutti si fiondano a fare cowboy e mucche, con costruttori e ingegneri solo a sporadico supporto. Per cui tutta l'impostazione di gioco ti pare monostrategica e monotona.
Intendiamoci: il deck-building rimane centrale se fai la strategia dei cowboy, ma le altre due invece non lo prevedono e sono altrettanto forti.
4) I soldi non sono punti vittoria
Alla fine ottieni un punto ogni 5 monete, ma non è determinante: a corollario del punto precedente, occorre entrare nell'ottica che le consegne alla fine di ogni giro non fruttano punti vittoria, ma solo soldi. Quesi soldi vanno reinvestiti, per essere trasformati in punti vittoria e questo investimento è possibile solo con le azioni sul tabellone prima di arrivare alla consegna. Ciò al netto dei punti fatti piazzando il gettone nei punti giusti nelle consegne: quelli effettivamente ci sono, ma non rappresentano certo l'unico modo per farli.
Anche questo
non è subito chiaro:
accumulando molti soldi pare di star facendo un'ottima partita, ma è come li investi, che determina se è davvero così. In sostanza lo scopo verso cui il gioco sembra spingerti (consegnare partite di mucche sempre più preziose) è in realtà solo un mezzo, non un fine.
5) Gli edifici usati al contrario
Questo è un altro concetto un po' oscuro, che ho fatto fatica ad identificare. C'era qualcosa che mi disturbava, negli edifici di Great Western Trail, nelle loro azioni e nel loro utilizzo. Penso di averlo alla fine identificato in questo senso: in molti giochi compri un edificio e poi ci costruisci sopra la strategia. Ne adocchi uno che ti pare forte, lo compri e poi cerchi di sfruttarlo al meglio.
In Great Western Trail la cosa procede invece un po' al contrario: tu quello che vuoi fare, a livello strategico, lo devi già avere in mente e l'edificio che vai a costruire deve avere una funzione specifica (e anche una posizione in mappa) atta a supportare tale idea strategica. Questo presuppone uno studio preventivo non solo degli edifici, ma anche una conoscenza delle tre strategie possibili (punto 1).
Diversamente le partite saranno piene di giocatori che piazzano l'edificio un po' a caso, costruendo sempre un po' gli stessi, senza davvero dietro un motivo strategico, probabilmente perdendo tempo e mosse. Ma se non hai uno già bravo al tavolo che evidenzia questo “spreco” con la sua partita, non è facile accorgersene.
Quindi le prime partite ti sembrano tutte uguali e costruzioni e siti tutti bene o male equivalenti, senza una reale soddisfazione da parte del giocatore. Il risultato sarà, che sia positivo o negativo, percepito come ottenuto solo giocando d'istinto, che è un tipo di soddisfazione che mal si sposa col tipo di giocatore che si avvicina a questi giochi.
Conclusione
È anche un po' un'ammissione di colpa, questo articolo, per non aver avuto la voglia di approfondire Great Western Trail quanto meritava, quand'era il momento. Certo, lo stile dell'autore continua a non piacermi e i suoi giochi a respingermi e continuo a preferire altri giochi a Great Western Trail, ma l'ho scritto un po' per me, questo articolo, un po' per fare una riflessione su quanto, a volte, sia prezioso riuscire a provare un gioco con chi lo conosce bene ed è disposto a spiegartelo, che sia di persona al tavolo o con una guida strategica. Troppo spesso sottovalutate o evitate le guide, pensando di poter comprendere da soli le profondità di un gioco, magari facendo solo tre quattro partite e distanza di mesi l'una dall'altra: per alcuni titoli, semplicemente, non funziona.
* un discorso speculare ma con conclusioni opposte si potrebbe fare per Tzolk'in e per tutti quei giochi che presentano strategie estremamente fisse e, come per Tzolk'in, dominanti. In quel caso, la maggior conoscenza del gioco ha l'effetto opposto: lo fa apprezzare sempre meno, mentre un approccio superficiale continua a farlo sembrare ben fatto e molto bello. Potrebbe essere lo spunto per un altro articolo.
Per chi volesse approfondire ulteriormente Great Western Trail e le sue strategie, lascio qui anche la puntata a lui dedicata di Paralisi da Analisi: