"Aprono le ali, scendono in picchiata;
atterrano meglio di aeroplani.
Cambiano le prospettive al mondo:
voli imprevedibli ed ascese velocissime,
traiettorie impercettibili,
codici di geometria esistenziale."
Franco Battiato, Gli uccelli
L'opera prima della statunitense Elizabeth Hargrave, non a caso appassionata di birdwatching, esce nel 2019 per la Stonemeier Games, non a caso appassionata di giochi di successo.
Il successo è – si può dire – planetario: nel momento in cui scrivo, a maggio del 2022, Wingspan è ventiquattresimo nella classifica di boardgamegeek (nonché venticinquesimo in quella dei giochi di strategia: un giorno qualcuno mi spiegherà come sia possibile questa cosa); ma soprattutto è primo se si considerano i family game. No, dico: primo, davanti allo schiacciasassi Le rovine perdute di Arnak e al piacione Everdell, decisamente più avanti di giochi gloriosi come Azul e 7 Wonders, ormai due classici.
Non solo: ha fatto man bassa di diversi premi, a cominciare dal prestigioso Kennerspiel des Jahres. Che insomma, avrà pure abbassato la sua asticella, ma è comunque il birillino rosso – e, come sanno bene soprattutto gli editori, il birillino rosso fa la differenza.
Il tutto facendo molta leva su un'ambientazione alquanto peculiare e che, a differenza del citato titolo di Michael Kiesling, non ha la mera funzione di copertura di un astratto. Nel senso: Wingspan nasce proprio per essere un gioco sull'ornitologia.
Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a cibarsi nei cassonetti
Intendiamoci: il tema nel gioco non si sente, se non in minima parte per qualche meccanica secondaria (che so, i rapaci che collezionano carte, per dirne una: poca roba). Quello che ha colpito l'immaginario di molti è il valore quasi enciclopedico del gioco: centosettanta e rotte carte raffiguranti ciascuna un uccello dell'America settentrionale con ottime illustrazioni, due-righe-due di curiosità in fondo e poi una serie di dati – il tipo di nido, l'apertura alare, il macro-habitat, l'alimentazione – che, a vario titolo e livello, sono stati integrati nel gioco (per rimanere nello stesso esempio, i rapaci possono catturare solo uccelli più piccoli di loro e farne punti vittoria per i loro piccoli).
Nelle due espansioni, poi, il catalogo ornitologico si è arricchito prima con gli uccelli europei (2019) e poi con quelli dell'Oceania (2020);
l'autrice, per inciso, ha avuto l'accortezza di mantenere le percentuali di distribuzione delle varie caratteristiche utili ai fini degli obiettivi segreti. Per ribadire che
Wingspan, al netto di alcuni difetti di cui dopo, è un gioco estremamente curato in molti dei suoi aspetti.
Senti che morbide queste piume!
Direttamente collegato al punto sopra è la qualità dei materiali. Detto dei disegni delle carte – ben quattro gli autori indicati: Ana Maria Martinez Jaramillo, Natalia Rojas, Greg May, Beth Sobel (quest'ultimo ammirato anche in Viticulture e Calico, per citarne due) – è immediato sostenere che al successo del gioco abbia contribuito la bellezza dei materiali: le plance personali sono enormi, colorate e molto chiare nell'iconografia; le uova in cinque colori diversi sono una trovata irresistibile agli occhi di chi guarda, la mangiatoia lanciadadi è un orpello riuscitissimo.
Certo, il prezzo lievita di conseguenza: siamo dalle parti del mezzo centone, ma questo non è risultato essere un ostacolo al successo del gioco. Perlomeno, va detto, se si considera il numero dei giocanti. La sensazione è che talvolta possa essere quel classico gioco che si acquista per l'associazione e magari non per le collezioni personali.
A chiosa di quanto detto finora, è forse utile sapere che quest'articolo nasce a seguito della mia unica partita a Wingspan una sera che eravamo in cinque, io avevo con me El Grande, un mio amico aveva un borsone con dentro cose (incluso Nemesis) e alla fine hanno vinto gli uccelli, intravisti da un terzo nel suddetto borsone. Questo per ribadire due cose: a. Wingspan si può trovare anche nelle case di chi bazzica – e non poco – il lato americano della forza e b. soprattutto Wingspan piace.
Ossa leggere e strutture scheletriche ancestrali
Anche le meccaniche ci mettono del loro. Non è un mistero, intanto, che molti giocatori, casuali o meno, stravedano a. per i motori produttivi e b. per le combo di carte. Wingspan offre entrambi, pure in quantità e qualità non disprezzabili. Chiaro che non ci troviamo di fronte a Le Havre o a Terraforming Mars; ma poter giocare carte uccello una dopo l'altra, fila dopo fila, generando a un tempo il potenziamento di tre delle quattro azioni base e l'aumento delle abilità attivabili è qualcosa che stuzzica l'interesse di molti appassionati (o futuri tali).
Le azioni stesse, per inciso, sono estremamente semplici e ovvie: giocare un uccello, prendere cibo, deporre uova, pescare nuove carte. Punto. Il flusso di gioco si appesantisce man mano che le abilità entrano in gioco e i turni si appesantiscono anche per via di qualche situazione che richiede una consultazione del regolamento (da qui la necessità della corposa appendice); ma si tratta di caratteristiche intanto insite nei giochi di carte, dove sono queste ultime a fare il grosso del lavoro, e poi evidentemente considerate più che accettabili a fronte delle indubbie qualità del titolo.
(Senza contare il fatto che la semplicità del regolamento permette di riprendere in mano il gioco dopo settimane o mesi senza particolari problemi. Particolare non da poco, quasi da grande classico del passato.)
Non è tutto oro quello che la gazza si mette nel becco
Il successo del gioco, come detto, gli ha attirato anche diverse critiche e antipatie a pelle, inutile nasconderlo. Molte persone, che l'abbiano provato o meno, appena sentono pronunciare la parola Wingspan diventano paonazze, sputano bile e cominciano a pontificare sui titoli della Splotter Spellen.
In realtà – e la cosa si coglie dopo una sola partita – quello della Hargrave è un titolo fatto bene: non è originale (nelle meccaniche, quantomeno), certo, né nasce con l'idea di cambiare la storia del gioco da tavolo. Però funziona, incuriosisce, finanche appassiona al mondo ormai ipercostoso di questi ultimi.
Non è esente, sia chiaro, da difetti anche pesanti: tanto per cominciare l'interazione. A molti giocatori nuovi, o comunque abitutati a gestionali leggeri, la cosa va bene così; ma in Wingspan, se si esclude quel minimo di contrasto dato dai dadi cibo, dalle tre carte scoperte (poco) o dagli effetti delle abilità rosa (ancora meno), davvero ognuno si fa i cazzi suoi. Il che è anche un aggravante per il secondo, enorme difetto del gioco: la scalabilità. Winsgpan è un gioco da due persone, tre al più. L'ho giocato in cinque, è stato abbastanza eterno: è vero che a. nei turni degli altri puoi pensare la tua mossa (cosa che però, a quanto pare, nel mondo faccio solo io) che tanto quando tocca a te le condizioni di gioco sono rimaste le stesse e b. con l'avanzare dei round le azioni, per quanto più lunghe, diminuiscono; e però è uno di quei giochi in cui davvero la durata è linearmente dipendente col numero di giocatori: una partita dura, che so, venticinque minuti moltiplicato il numero di persone al tavolo.
Ancora, mi è sembrato molto largo: con ventisei azioni a disposizione puoi fare un sacco di cose e a fine partita, se hai un minimo capito come funzionano le cose, puoi avere la plancia schifosamente piena di uova nemmeno fossi uno stabilimento della Calvé (io avrei limato di un tre-quattro azioni almeno, ma – ripeto – ho giocato una volta sola).
Non si tratta, evidentemente, di motivi validi per evitare che un neofita, o un giocatore casuale, ma anche uno più esperto possa trarre godimento dal gioco.
Perché quest'ultimo, lo ripeto, funziona.
Uccelli venite!
Un ultimo paragrafo, me lo concederete, lo riservo all'insopportabile, bolsa goliardia che in Italia circonda immancabilmente questo gioco. Sì, si creano doppi sensi. Sì, magari la prima volta fanno pure ridacchiare. Anche una seconda, se la parola "uccello" la colleghi involontariamente a "mano", "prendere" o "quarantasette centimetri".
Poi però anche basta.