Bella recensione Aghza,molto esaustiva,come sempre! Ci sono andato vicino al pledge,componenti e tema mi hanno affascinato sin da subito,poi ho desistito e ho deciso di tenere in collezione solo the gallerist dell'autore. Ricordo una sua intervista alla presentazione di due anni fá a Essen quando disse che i veri giocatori di terraforming mars difficilmente avrebbero apprezzato la sua opera,e in un certo senso questo lo ha creato appositamente per la restante fetta di pubblico,coloro appunto che tm non lo apprezzano. Tu che li hai provati entrambi sei d'accordo con questa sua affermazione?
On Mars ci porta la colonizzazione del pianeta rosso secondo i dettami lacerdiani, con un gioco per 1-4 partecipanti, 90-150 minuti di durata, destinato a un pubblico esperto (14+) e basato su meccaniche di piazzamento lavoratori, costruzione rete, piazzamento tessere.
Molti si sono cimentati con il tema della colonizzazione planetaria, dal fortunato Terraforming Mars di Fryxelius, al recente Living Planet di Boelinger. Lacerda dà la sua personale interpretazione, col suo stile inconfondibile e con la meccanica ormai divenuta suo marchio di fabbrica: l'accoppiata azione + azione esecutiva.
Come si gioca a On Mars
Riassumere qui un gioco di questa portata senza diventare noiosi non è semplice. Banalmente vi rimando al riassunto che avevo fatto per l'anteprima e poi eventualmente al tutorial in inglese di Paul Grogan e in italiano del Meeple con la Camicia.
Materiali, disegni, iconografia, ergonomia
La copertina è probabilmente una delle cose più riuscite a livello visivo, così come il tabellone con la sua sezione di suolo marziano.
Altri disegni praticamente non ce ne sono, dato che tutta la parte cartacea è poi piena solo di icone e colori, senza artwork di accompagnamento. Probabilmente in un gioco dall'impatto visivo già così denso è stata la scelta migliore.
Essendo una produzione Kickstarter, tutta la parte dei materiali è curata e di ottima qualità, a partire dal divisorio interno con i suoi coperchi, ai meeple sagomati e stampati, alle plance con gli alloggi scavati, alle carte, alle fustelle spesse - anche se queste ultime tendono a sbucciarsi un po' agli angoli, forse proprio per lo spessore.
Iconograficamente è carico e nelle prime partite occorre riferirsi spesso al foglio di spiegazione, anche perché alcune icone non sono proprio immediate, ma con un gioco così pieno di roba è comprensibile.
Ergonomicamente occupa un sacco di spazio, tra tabellone e plance sovradimensionate, ma l'unica cosa che non ho trovato pensata bene è la parte di divisorio in cui alloggiano le risorse, che forma una grossa “L” con un altro pezzo che invece andrebbe lasciato nella scatola, costringendoti a mettere tutto il blocco sul tavolo.
Ambientazione e meccaniche
A livello concettuale l'ambientazione c'è tutta. Ci si focalizza su una fetta di territorio, si importano materie prime dall'orbita, si mette su un ciclo produttivo che ha una sequenza logica (uomini estraggono minerali, coi minerali produci batterie, con le batterie estrai l'acqua, con l'acqua fai crescere le serre, le serre producono ossigeno che permette l'arrivo di nuovi coloni e il ciclo ricomincia).
Poi però le meccaniche di gioco fanno perdere completamente questa sensazione di simulazione, risultando spesso scollate da ciò che vorrebbero rappresentare. Qualche esempio: il ciclo delle risorse di cui sopra può essere bellamente saltato e ignorato grazie alle materie prime prese nel mercato; chi costruisce un edificio non è padrone dello stesso, ma questo può venire “migliorato” da un altro giocatore; una mega-corporazione non può agire contemporaneamente in orbita e sul pianeta; al rientro dall'orbita si lanciano sul pianeta risorse a caso, tipo progetti; coi progetti ti omaggiano di una materia prima; in un progetto per colonizzare Marte c'è penuria di ingegneri, tanto che ne esiste uno solo per tipo.
Potrei andare avanti per un'altra decina di righe con esempi ulteriori, ma il punto è che ciò che l'ambientazione ci comunica come simulativo, non corrisponde poi alle meccaniche di gioco. Quello che spesso, in questo genere di giochi, dà l'impressione – nota: impressione – della simulazione è solo la complicazione delle meccaniche stesse e la loro densità, per cui ci sembra che siano toccati tantissimi aspetti del tema scelto.
Aspetti tecnici
Gli elementi di gioco sono tali per cui anche in due il gioco scala bene. Direi anzi che lo sweet spot si attesta a tre giocatori, dove gli obiettivi sono praticamente gli stessi che in due, c'è un gioco più interattivo e una corsa più sentita un po' su tutti e ciò che non scala (tabellone, ingegneri, blueprints, ecc) diviene più conteso. In quattro si avverte una lunghezza della partita forse eccessiva, un downtime a tratti pesante e un'interazione su mappa castrante in determinate situazioni, spesso anche involontarie.
Il setup cambia in pochi elementi, come la disposizione delle tecnologie o i blueprints (però in entrambi i casi sono sempre gli stessi), poi nei bonus estemporanei che trovi sul pianeta, ma è poca cosa. Per fortuna il gioco ha comunque un'ampia gamma di strade perseguibili per fare punteggio, il che lascia libertà individuale su quale percorrere, anche in funzione degli altri. In questo senso la partita “breve” mi è sembrata migliore di quella “lunga” non solo perché dà una minor sensazione di trascinamento, ma anche perché costringe effettivamente a specializzarsi in qualcosa, focalizzandosi su obiettivi specifici e non potendo dedicarsi a tutto con uguale energia.
Dal versante originalità da rimarcare il ritmo di gioco scandito dallo shuttle che fa la spola tra orbita e pianeta a un ritmo sempre più lento. È in realtà una cosa che incide sul gameplay meno di quanto ci si aspetta, ma se non altro ravviva quello che è ormai un trend meccanico applicato da Lacerda a moltissimi suoi giochi, ovvero lo schema fisso azione principale obbligatoria + azione esecutiva secondaria e facoltativa effettuata pagando.
Interazione indiretta, nella norma per il genere, basata sulla corsa a obiettivi comuni e sullo sfruttamento della mappa di gioco, dove, specie in quattro, si può rischiare di rimanere spiacevolmente chiusi dagli avversari.
Quello che devi fare
Va notato che i tre obiettivi che concorrono a chiudere la partita, quelli posti agli angoli del tabellone, di per sé non danno punti vittoria. Danno cristalli, ovvero opportunità per fare azioni esecutive. Cosa non da poco, perché si tratta di raddoppiare il potenziale di un turno, ma il punteggio va poi ricercato altrove.
I punti derivano fondamentalmente da:
- costruire edifici (specie se necessari alla colonia);
- shuttle personali sbloccati e non spesi (poca roba);
- quantità di coloni nel proprio insediamento (che va in sinergia con i razzi sbloccati);
- livello delle tecnologie;
- blueprints attivati (altrimenti sono punti negativi, va in combo col migliorare edifici già costruiti);
- ingegneri (che danno un bonus per gli edifici migliorati di tutti i giocatori);
- contratti (molto remunerativi, ma anche questi danno punti negativi se non soddisfatti);
Tutte queste cose possono essere fatte assieme, ma verosimilmente qualcosa si può anche lasciare per strada e cercare di focalizzarsi su singoli obiettivi specifici. Per esempio, dato che i bonus per costruire quattro tipi di edifici variano di partita in partita, un giocatore potrebbe puntarne uno o due in particolare, cercare di prendere la tecnologia relativa, costruire quasi esclusivamente quelli, prendere i relativi blueprints per migliorarli e l'ingegnere (o i due ingegneri) che entrano in combo con gli edifici stessi. Oppure lasciare perdere del tutto gli ingegneri, sfruttare magari molti shuttle e relativi uomini, migliorare molti edifici di diverso tipo per prendere poi contratti.
Tatticamente il gioco offre buone scelte sia per quel che riguarda la permanenza da un lato o dall'altro del tabellone (specie in quattro, con più concorrenza per il medesimo numero di azioni), che per l'adattamento al gioco altrui su tabellone e sugli obiettivi.
On Mars vs Terraforming Mars
Il confronto tra questi due giochi sarà inevitabile e sostituirà forse l'annoso Agricola vs Caverna.
Terraforming Mars è più semplice come regole, i tempi di gioco possono dilatarsi di più, è più vario e più soddisfacente, perché la sensazione di costruire un motore sempre più forte è decisamente superiore.
On Mars è più ostico e adatto a un pubblico molto meno ampio, ma anche se ci limitiamo ai giocatori esperti, non mi è parso che riesca a raggiungere il livello di complessità e soddisfazione di Terraforming Mars.
Ma magari ci farò un articolo specifico.
Conclusione
On Mars è un gioco di Lacerda in tutto e per tutto. La struttura, lo sviluppo, il gameplay. Se vi piace questo tipo di game design, On Mars non farà eccezione, così come rimane valido anche il contrario. Personalmente non lo trovo un capolavoro, così come non trovo capolavoro nessun gioco dell'autore portoghese, principalmente per mancanza di idee originali e per l'incapacità di realizzare qualcosa di complesso senza necessariamente complicarlo.
L'ho tuttavia trovato meno slegato e lezioso di altri suoi lavori e con almeno un piccolo twist di gioco.
Materiali ****
Grafica/disegni ****
Ergonomia **
Ambientazione **
Regolamento ****
Scalabilità ***
Rigiocabilità ***
Originalità **
Interazione ***
Profondità ***
Strategia ***
Tattica ***
Eleganza *
Fluidità ***
Legenda: – (pessimo/assente), * (scarso), ** (sufficiente), *** (buono), **** (ottimo), ***** (eccellente)