I 100 Giochi - We the People

La variante di Magic più diffusa al mondo

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We the People
  • Genere: card-driven game.
  • Target: giocatori media esperienza.
  • Scalabilità: 2 giocatori.
  • Meccaniche principali: card-driven.
  • Meccaniche secondarie: risoluzione combattimenti con le carte, maggioranza ad area, mappa point-to-point.
  • Importanza storica:  Primi anni Novanta. Al game designer Mark Herman è venuta un’idea: fare un bel gioco sulla guerra d’indipendenza americana. La Rivoluzione, insomma. Solo che ha due problemi: uno legato al contenuto del gioco e un altro legato al gioco storico in quanto tale. E, in effetti, le due cose sono anche connesse.
    Partiamo col primo, ovvero il tema di questo nuovo titolo che il nostro Mark ha in testa. Strana guerra quella in cui i Britannici vincono la maggior parte delle battaglie, ma perdono il conflitto perché… beh, in buona parte perché, a un certo punto, si stufano, i costi superano i benefici e, alla fine, che ci importa di quattro colonie straccione dall’altra parte del mondo? Che poi, alcuni dei comandanti britannici sotto sotto pure simpatizzavano per questi “americani”, magari c’erano anche imparentati, ci si erano sposati, avevano perfino combattuto insieme contro i francesi venti anni prima… insomma, sì, una guerra strana. E come fai a ricrearla con le meccaniche del wargame tradizionale? Gira che ti rigira, Mark torna sempre alla stessa risposta: non puoi. O almeno, non puoi se vuoi ottenere qualcosa di nuovo che riesca davvero a catturare questi aspetti così singolari di asimmetria e irregolarità, mettendoli al centro della tua simulazione.
    E così passiamo al secondo problema, lo stato di salute del gioco storico che non era proprio floridissimo in quei primi anni Novanta. Le minacce a quella che era stata fino ad allora una vera e propria supremazia venivano da tante direzioni: videogiochi, giochi di ruolo, giochi da tavolo, giochi di carte collezionabili… Ecco! Le carte collezionabili. Herman se le ritrova davanti quando sua figlia, un giorno, gli fa provare Magic: The Gathering. Al nostro basta una partitella veloce per capire che su quei foglietti di carta c’è del potenziale, e parecchio.
    Cosa succederebbe se invece di far risolvere tutto con pedine, griglie sulla mappa e tabelle, ampliassi invece la sfera decisionale del giocatore tramite le carte, facendo che sia lui a manipolare in maniera diretta eventi “esterni” come le crisi politiche o l’intervento improvviso di altre potenze in altri luoghi anche fuori mappa? Succederebbe che, così facendo, reinventerei il gioco storico, creandone un’altra branca del tutto nuova. I giochi guidati dalle carte, card-driven game appunto. CDG per gli amici.
    Quindi, ricapitolando, Herman dà al giocatore la possibilità di impiegare per la vittoria sia dinamiche cinetiche (movimento delle truppe, battaglie, rifornimenti) che non cinetiche, facendo sì che sia l’uso di una carta a scelta del giocatore a far partire un evento speciale, oppure a muovere un determinato comandante. Aggiungiamo a questo un po’ di simulazione politica, con la mappa che deve essere riempita di centri di consenso, a seconda di quando e dove vinco una battaglia, o sempre grazie alle carte, ed ecco qui una bella simulazione politico-militare, semplice, rapida da giocatore, innovativa e maledettamente attraente.
    Quel che succede, ovviamente, è che, dopo We the People, non solo Herman creerà altri card-driven game (For the People, Empire of the Sun…), ma anche il suo amico Mark Simonitch porterà a ulteriore compimento questa nuova soluzione nell’epico Hannibal, mentre il suo allievo Volko Ruhnke partirà da qui per destrutturare il tutto prima con Labyrinth e poi con la serie COIN.
    Quelle, però, sono altre storie. Mark la sua Rivoluzione l’aveva già bell’e che fatta, e la porta verso questo nuovo genere di simulazione era ormai aperta.
  • Elementi di innovazione/twist: ovviamente il principale elemento di rottura è costituito dalle carte. Intendiamoci, non è che prima non esistessero nei giochi storici cose come mazzi di carte eventi, o speciali, o di accompagnamento. Mai, tuttavia, queste carte erano state così al centro del processo decisionale del giocatore, permettendogli di inserire elementi politici, diplomatici, economici e altro all’interno della sua strategia. Una strategia che si arricchisce anche di un ulteriore livello di bluff e sviamento: "Avrà o no una carta per rispondermi attivando quel generale? O in realtà mi ha solo distratto con le sue manovre perché adesso, con un’altra carta, potrà piazzare tutta una serie di segnalini politici sulla mappa senza sparare un colpo?"
    Sono proprio i segnalini politici a rappresentare l’altra grande novità. Di per sé c’erano già in altre simulazioni meccaniche per attestare il controllo politico di un dato territorio ma, anche in questo caso, il rapporto con il livello militare, e in generale con la strategia del giocatore, è molto più stretto che in passato. Ogni battaglia vinta genera nuovi segnalini politici, molte carte li fanno piazzare al di là delle battaglie sul campo, la stessa vittoria si basa più sulla diffusione delle idee patriottiche (o dei gruppi di lealisti) che sul numero di colpi di cannone sparati.
    In teoria anche le battaglie vengono risolte in maniera innovativa, con un apposito mazzo di carte indipendente, ma questa soluzione non avrà molta fortuna: ripresa anche in Hannibal, si rivelerà forse l’unico elemento un po’ faraginoso del sistema e, infatti, i card-driven game successivi la abbandoneranno quasi integralmente, ritornando alle care vecchie tabelle per la risoluzione dei combattimenti.
    A ogni modo, tutte queste novità creano la base dei card-driven game e il motivo del loro continuo successo a decenni di distanza: facilità delle regole (molte eccezioni sono attivate solo dalla singola carta, che le spiega a dovere), integrazione di più livelli nella simulazione, maggiore accessibilità del gioco, che in effetti si avvicina almeno nell’aspetto agli eurogame e similari.
    Da qui, poi, si partirà per altre evoluzioni. Privilegiando l’aspetto politico avremo Twilight Struggle, mentre focalizzandosi su quello militare arriverà Paths of Glory. Maggiori elementi di asimmetria, poi, condurranno Ruhnke prima a Wilderness War e poi al magistrale Labyrinth. E così via, di gioco in gioco, per una “Rivoluzione lunga” che, dopo decenni, continua a sfornare nuovi titoli, tutti però debitori al capostipite We the People.
  • Longevità e alternative: il grande successo del genere card-driven e la proliferazione dei titoli al suo interno, però, ci porta a una domanda: con così tante alternative, vale la pena di farsi un giro al “vecchio nonno” We the People? Beh, certamente una partitella la si può fare. Chiaramente alcuni elementi del sistema non sono invecchiati bene come altri (soprattutto le battaglie), i mazzi non sono il massimo in quanto a calibrazione degli eventi, alcuni punti delle regole hanno la macchinosità tipica del gioco sperimentale ma, in linea di massima, la struttura regge benissimo ancora oggi e, in effetti, è anche interessante vedere come si sono affrontate per la prima volta, con questo nuovo strumento del card-driven, le dinamiche di un conflitto così complesso e sfaccettato.
    Tuttavia, un’alternativa forte, al di là dei tanti altri card-driven game che già abbiamo esaminato, c'è sicuramente (e l’ha realizzata lo stesso Herman nel 2010) Washington’s War. Più che una riedizione, una vera e propria rivisitazione del vecchio classico, con la revisione di molti elementi, una veste grafica migliorata e, in generale, uno snellimento delle procedure. Washington’s War è stato inoltre concepito come introduzione effettiva al genere card-driven in quanto tale, approfittando della semplicità generale di We the People. Questo è forse il miglior tributo a un gioco che tanto impatto ha avuto nella storia ludica: riconoscere l’efficacia e l’essenzialità del suo approccio, capace di restituire ai giocatori dinamiche complesse e multidimensionali all’interno di un sistema assolutamente accessibile, giocabilissimo e molto coinvolgente.

Commento

La domanda è semplice: ma prima di We the People, nessun gioco aveva mai trattato con tale ampiezza tutti gli aspetti della guerra d’indipendenza americana e, soprattutto, i loro intrecci?

Certamente qualcuno c'è stato. Viene in mente, per esempio, 1776 (Avalon Hill, 1973) che, in effetti, utilizzava le carte tattica per risolvere le battaglie (e che forse in questo ha ispirato Herman), o anche lo sperimentale The American Revolution 1775-1783 in cui il consenso politico in un territorio era comunque un fattore fondamentale (in questo caso, ispirando probabilmente i titoli della serie Birth of America della Academy). Tuttavia, anche in questi titoli le innovazioni erano sì forti, ma ancora un po’ staccate tra di loro, non inserite in quel flusso organico e incredibilmente dinamico che ritroviamo invece in We the People e in tutti i giochi card-driven che ne sono derivati.

Ecco, questo è il punto. Mettendo le carte al centro del flusso di gioco, e non relegandole più solo a un elemento accessorio o meramente informativo, Herman semplifica in maniera esponenziale la gestione della simulazione, permettendole di diventare al tempo stesso più dettagliata e comprensiva, come anche più giocabile e accessibile. In questo modo, i giocatori si concentrano sul gioco, non sulle regole, avendo dunque il margine cognitivo sufficiente per poter includere più dimensioni (oltre quella meramente militare) nel loro ragionamento strategico. Una visione più ampia della Storia, incentrata sul rapporto problematico tra livello militare, politico, economico e perfino culturale.

Simulare di più, simulare meglio, simulare più facilmente. Le caratteristiche fondamentali del lavoro di un grande game designer del gioco storico. Le caratteristiche fondamentali di Mark Herman.

 

Commenti

We The People è un giochino, un fillerino che Avalon Hill chiese ad Herman e che questi apparecchiò in tutta fretta. Il gioco non era un granchè già allora (infatti lo vendetti subito dopo, dopo  aver fatto poco più di una decina di partite che, negli anni 90, per me erano pochissime), oggi sarebbe non intavolabile. Della simulazione non aveva nulla, se non il fatto che le battaglie erano eventi da evitare e si passava il tempo a piazzare segnalini di controllo politico e magari muovere qualche esercito. La risoluzione delle battaglie con il mazzo di carte era già allora un meccanismo fallato, goffo e inutilmente lungo. L'unico aspetto positivo era costituito dalla durata, estremamente breve, attorno all'ora e mezzo per una partita completa. In una serata ricordo che si facevano partite andata e ritorno e che il commento con gli amici era che se non fosse stato per la mappa, gli standee dei comandanti e i soldati sulle pedine poteva essere considerato un astratto. 

Herman ebbe la geniale intuizione dei punti operazione da abbinare ad una mappa Point to Point, ma la parte di conflitto veniva penalizzata dalla nefanda risoluzione delle battaglie adottata (pur avendo aggiunto quell'altra ottima intuizione dell'intercetto).

Per cui è giusto dare a questo gioco il titolo di groundbreaker e capostipite ma sarebbe giusto precisare che questo titolo deve la sua gloria imperitura al successo dei titoli che l'hanno seguito, non tanto al proprio valore.

Infatti il genere è stato portato al successo da Simonitch (a cui Herman appaltò la realizzazione e lo sviluppo di Hannibal 1996, con carte a doppio uso, proprietarie, per il movimento navale Successors 1997 carte fato, carte sopresa, carte generali e soprattutto l'abbandono del mazzo battaglia a favore di un diverso sistema con il dado che teneva conto di forza in campo e modifiche date da generale ed altro), dallo stesso Herman (For the People 1998 che a mio avviso ha costituito il vero momento di maturazione del sistema point to point - card driven) e da Ted Reicer (Path of Glory 1999 che l'ha portato alla gloria imperitura contribuendo anche a portare interesse alla 1GM argomento fino a quel momento piuttosto negletto)

Non so se, e come, Washington's War abbia implementato le modifiche e come sia il gioco giocato. State però alla larga dall'originale We the People.

PS: aggiungo anche che me lo ricomprai dopo Path of Glory, ma riprovato una sola volta con l'amico Luca M. lo rivendetti subito. 

  

"ma ha anche dei difetti" cit.

Ma quindi Warhammer non è nella lista dei 100? Per "demerito" o perché non considerato gioco da tavolo? 

Fabrizio scrive:

Ma quindi Warhammer non è nella lista dei 100? Per "demerito" o perché non considerato gioco da tavolo? 

Abbiamo pensato che rientrasse più in una sfera a sé stante che comprende i giochi di miniature, intesi come quelli in cui ci sia una forte componente modellistica e scenografica, significativamente più impegnativa dei giochi da tavolo e complementare al gameplay. Quindi escluso per scelta, non per demerito.

Ci può stare, ma anche io sono un po' perplesso dall'assenza di Warhammer. Capisco la questione modellistica, ma di fatto la schiera di giocatori veri negli anni è stata ampissima e il gioco ha avuto un'influenza molto forte anche sul mondo in generale dei giochi da tavolo, fosse anche per le decine di giochi che ne hanno ripreso ambientazione e parte delle meccaniche. Sarebbe quasi come escludere Magic perché ha una forte componente collezionistica.

Comunque questa serie è stata veramente ottima, anche se forse qualche titolo secondo me poteva essere sostituito da altri più influenti, ma poche cose. Potrebbe essere interessante un articolo finale con i grandi esclusi, quei giochi che nelle vostre consultazioni hanno sfiorato l'inserimento nella lista

Chiarissimo, anche se rimango anche io un po' perplesso, considerato che nella lista a mio parere ci sarebbe stato spazio più che sufficiente per coprire la categoria, magari tagliando qualche altro gioco "di nicchia" (personalmente ho trovato un po' ridondante la selezione dei wargame).

Lo dico da non-giocatore di Warhammer e solo per una questione di "completezza storica" considerata l'influenza del gioco nel nostro hobby (probabilmente pari a Magic e D&D).

Ciò non toglie nulla all'eccezionale lavoro che avete fatto con questa iniziativa. Ancora complimenti!

Posso dire la mia? Apprezzo il lavoro svolto, ci mancherebbe, ma sono stati inseriti tanti Wargame, ma non c'è Warhammer e non ci sono i giochi ruolo.

Ma nel sottotitolo i giochi di Ruolo compaiono.

Tullaris scrive:

Posso dire la mia? Apprezzo il lavoro svolto, ci mancherebbe, ma sono stati inseriti tanti Wargame, ma non c'è Warhammer e non ci sono i giochi ruolo.

Ma nel sottotitolo i giochi di Ruolo compaiono.

Ma no dai, il sottotitolo è "giochi da tavolo che hanno fatto la storia": su questo non ci sono dubbi.

Inserire i gdr avrebbe richiesto almeno altri 100 nomi e sarebbe comunque stato off topic. E anche se capisco la contestazione su Warhammer (io stesso ho iniziato da lì), rimane pure lui principalmente un gioco di miniature

Per i wargame invece prendervela con Masini che ha detto che avrebbe dichiarato guerra se fossero stati meno di 20 😅

In ogni caso sarà molto interessante vedere il listone finale e relativi commenti 

Agzaroth scrive:

 

Tullaris scrive:

 

Posso dire la mia? Apprezzo il lavoro svolto, ci mancherebbe, ma sono stati inseriti tanti Wargame, ma non c'è Warhammer e non ci sono i giochi ruolo.

Ma nel sottotitolo i giochi di Ruolo compaiono.

 

 

Ma no dai, il sottotitolo è "giochi da tavolo che hanno fatto la storia": su questo non ci sono dubbi.

Inserire i gdr avrebbe richiesto almeno altri 100 nomi e sarebbe comunque stato off topic. E anche se capisco la contestazione su Warhammer (io stesso ho iniziato da lì), rimane pure lui principalmente un gioco di miniature

Per i wargame invece prendervela con Masini che ha detto che avrebbe dichiarato guerra se fossero stati meno di 20 😅

In ogni caso sarà molto interessante vedere il listone finale e relativi commenti 

No, scusa, intendevo proprio il sottotitolo del sito: "La Tana dei Goblin: community italiana dei Giochi da tavolo, di carte e di ruolo". E di giochi di carte ne sono stati inseriti. Wargame anche, astratti anche. Quindi non capisco il senso di non citare anche solo D&D e Warhammer, giusto per mettere due bandierine.

Giochi di Ruolo però sono proprio un altro universo rispetto ai gdt, con pubblici spesso anche differenti. Secondo me aveva poco senso mescolarli per citare giusto D&D. Warhammer se ne può discutere, ma i gdr sono convinto abbia avuto più senso lasciarli fuori.

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