Bell'articolo.
A mio parere questo aspetto di cui parla l'articolo proprio per la sua profondità può risultare a chi non è avvezzo ai gdt un po' opaco e faticoso: tuttavia la diffusione e fortuna commerciale di questo gioco ha mostrato che un gioco, quando è ben fatto nella sua globalità, può rendere digeribile a tutti anche i suoi aspetti più "spigolosi".
Seasons è uno di quei giochi che è riuscito nell'impresa di coniugare un profondo gameplay a un'estetica ai massimi livelli.
Esiste, in questo senso, una linea ideale che collega tre giochi – 7 Wonders (2010), Seasons (2012) e Splendor (2014) – che in un certo senso afferma la scuola di game design francese all'interno del contesto euro, dando appunto risalto e importanza a un gusto estetico prima spesso trascurato, con prodotti giocabili anche da casual gamers, ma al contempo soddisfacenti anche per gli abituali.
Non tutte le ciambelle di questo percorso sono riuscite col buco, spesso peccando nella parte di gameplay, ma certamente i tre citati sopra hanno tracciato un percorso ideale che si è poi imposto e allargato a macchia d'olio a tutto il settore (con anche conseguente aumento dei prezzi, va detto).
Al di là però dei meriti artistici, Seasons è un gioco competitivo di combo e draft di carte e dadi, in cui diversi aspetti di gioco meritano una menzione.
Oggi mi soffermo su uno di quelli che spesso sfuggono, o vengono trascurati, forse perché si verifica nella cosiddetta fase preparatoria della partita... senza però rendersi conto che quella fase è propedeutica a buona parte della partita stessa, quantomeno a tutta la sua parte strategica.
A questo punto ogni giocatore ordina queste carte in tre mazzetti da tre carte ciascuno, contrassegnati da segnalini numerati. Il gioco è suddiviso a sua volta in tre “anni”, ovvero tre insiemi variabili di round (il conta-turni avanza a velocità variabili, a seconda dei dadi prelevati dai giocatori ad ogni turno) e il giocatore è autorizzato a prendere in mano e ad avere disponibili le carte di un determinato mazzetto solo all'inizio del corrispondente anno.
Tre carte saranno dunque subito disponibili in mano al giocatore, le altre sei arriveranno a circa 1/3 e 2/3 di partita.
Il meccanismo del draft non è ovviamente una novità e lo troviamo, senza andare lontano, in uno dei giochi già citati, ovvero 7 Wonders. In cui però assume un significato prettamente diverso e molto più tattico: si ha una visione strategica di come dovrebbe crescere la propria civiltà, ma le carte scelte vengono subito giocate e il loro utilizzo regolato su una base più contingente e immediata.
In Seasons il draft è unico e iniziale, poi altre carte verranno pescate nel corso della partita, ma sempre casualmente. Inoltre la divisione in tre parti costringe il giocatore a focalizzare subito un piano strategico, fatto di una costruzione iniziale di un motore di risorse, di uno sviluppo intermedio e di una chiusura per massimizzare i punti e potersi permettere le carte più costose. Inoltre, sapere cosa ci arriverà in mano nel giro di qualche turno, consentirà di orientarsi verso risorse specifiche e preparare il terreno alle carte future.
È un tipo di programmazione strategica che ha pochi eguali in giochi di questo genere e che ha contribuito ad accentuare il senso di originalità e profondità del gioco, ancora oggi considerato – a ragione – un capolavoro del mondo dei giochi da tavolo.