Complimenti. Bell' articolo. Da vecchio giocatore di diplomacy molto apprezzata e condivisa la deterrenza del metagioco.
Ovvero: creare il re. In senso lato: stabilire il vincitore (della partita)
DEFINIZIONE: difetto riscontrabile nei giochi da tavolo da tre giocatori in su. Si verifica quando un giocatore, che non ha più speranze di arrivare primo o, comunque, di migliorare la propria posizione in classifica, decide volontariamente la vittoria della partita a favore di un altro tra coloro che ancora competono per ottenerla.
Un po' di chiarezza e comportamento “etico”
Il fatto che sia specificato che il giocatore non ha più speranze di arrivare primo è una parte fondamentale, perché intanto distingue il kingmaking dal bash the leader, inoltre evita di scambiare per kingmaking tutti i casi in partita in cui si cerca appunto di limitare il giocatore in testa.
Il problema si presenta dunque sul finale di partita, quando si delineano i possibili vincitori e gli esclusi da tale possibilità possono fare mosse che danneggiano solo qualcuno dei giocatori in testa.
Nella definizione viene specificato anche “o di migliorare la propria posizione”. Questo perché il più delle volte è difficile trovare una situazione in cui effettivamente non sia possibile fare qualcosa di buono e scegliere tra una mossa migliore e una peggiore, nell'ottica di recuperare qualche posizione.
Qui entra però in gioco anche il gruppo e la percezione del singolo. Ci sono infatti gruppi/giocatori per i quali conta anche la posizione relativa in classifica a fine partita, per cui un secondo posto sarà sempre meglio di un terzo; ma ce ne sono molti altri per i quali il secondo posto è come l'ultimo e conta unicamente chi vince.
In questi ultimi casi il kingmaking sarà decisamente più avvertito che nei primi, dato che qualsiasi mossa di un giocatore ormai tagliato fuori dalla vittoria potrà essere interpretata come kingmaking, se va a sfavorire uno di quelli che ancora lottano per il primo posto, indipendentemente dal migliorare o no la sua posizione.
Anche l'avverbio "volontariamente" è essenziale nella definizione: una vittoria concessa a un altro per mezzo di una mossa inconsapevole o è banale sfortuna (se è frutto di effetti imprevedibili dati da variabili aleatorie, da scelte bizzarre, da azioni simultanee, ecc.) o è solo una mossa "sbagliata" (ad esempio, data dal limite della capacità di analisi del giocatore).
Tanto più è alta l'interazione in un gioco, che sia di tipo diretto o indiretto, tanto più la possibilità di kingmaking emerge nelle fasi finali.
In, generale vale il principio di massimizzare il proprio punteggio, per due motivi:
- la cosa può essere più prevedibile per tutti, inclusi quelli in testa, che terranno conto e cercheranno di prevedere questa cosa;
- giocare al proprio meglio anche se si sta perdendo è in fondo la cosa più etica da fare.
Tuttavia esistono comunque situazioni al limite, in cui qualcuno potrebbe trovarsi davanti a mosse per lui equivalenti, che non gli fanno guadagnare altro. In questo caso il sentire comune è quello di fare una mossa, se possibile, “a vuoto”, ovvero qualcosa che non influenzi per nulla il resto della situazione al tavolo. Si potrebbe argomentare che in fondo anche questo è kingmaking, perché magari fare qualcosa avrebbe dato la vittoria a chi in quel momento è secondo, ma vale sempre il principio per cui se non si può guadagnare nulla per sé, meglio non perturbare la situazione vigente: anche questo può essere “calcolato” da chi si sta contendendo la vittoria.
Va distinto il kingmaking dall'accanimento di un giocatore verso un altro per motivi di gioco (o meglio di metagioco). Un torto subito in partita che si riverbera nella condotta di chi l'ha subito per tutto il resto della serata, non è un problema di kingmaking derivante dal gioco, ma di relazioni personali, derivanti dai giocatori stessi.Esempi
I giochi ad alta interazione sono quelli in cui maggiormente si presenta il problema, specie se dalla proprie mosse deriva non solo un vantaggio mio, ma anche sempre una perdita per qualche avversario.
Nei giochi di maggioranze (es: El Grande, Specie Dominanti, Raja) questa cosa è particolarmente evidente: ogni volta che si piazza un pezzo sulla mappa, lo si fa a proprio beneficio, ma anche a discapito del punteggio di qualcun altro. In questi casi, nella fase finale della partita, fare un piazzamento “a vuoto” dove già si ha una maggioranza, è probabilmente meno giusto che non andare comunque a massimizzare il proprio punteggio. Il problema arriva se il punteggio aumenta in ugual misura, ma svantaggiando due diverse persone: in questo caso probabilmente sceglierei di piazzare a vuoto.
Nei gestionali la cosa è più subdola ma altrettanto verificabile. In un piazzamento lavoratori, ad esempio, uno spazio azione occupato può discriminare tra vittoria e sconfitta. Anche in questo caso le situazioni a volte sono più fumose e meno prevedibili.Ad esempio Vanuatu ha un sistema di gestione delle azioni per cui chi rimane in minoranza di gettoni su uno spazio prenotato li perde senza poter eseguire l'azione programmata. All'ultimo round non è semplice occupare spazi “neutri” da parte di chi è indietro, così come non è facile per chi sta in testa prevedere le mosse ottimali dei possibili kingmaker.
Questo, di contro, porta specularmente al vantaggio inaspettato di percepire meno il kingmaking – e quindi meno il difetto – rispetto a giochi con interazione diretta, in cui azioni e conseguenze sono palesi.
Il lato positivo del kingmaking
Il kingmaking può in qualche modo essere sfruttato in modo positivo in due situazioni, se vogliamo agli antipodi.
Nei giochi di forte diplomazia (Diplomacy, Trono di Spade, Advanced Civilization), riuscire a non inimicarsi troppo il tavolo col metagioco può consentire di non subire kingmaking nelle battute finali, in virtù di patti rispettati e favori scambiati.
In questo caso è come se il kingmaking possibile (fortemente possibile), fungesse da deterrente per un metagioco troppo spregiudicato e fastidioso.
Un altro esempio virtuoso è in alcuni specifici collaborativi. L'esempio migliore è King of Siam (aka The King is Dead) giocato a squadre: il compagno deve spendersi per far vincere l'altro e soprattutto far perdere gli avversari.
Come evitare il kingmaking
Il sistema più semplice è analogo a quello per il bash the leader, ovvero occultare in parte o tutti i punti vittoria, o dare obiettivi nascosti di fine partita.
Non è detto che funzioni, anzi: in entrambi i casi, proprio non sapendo con esattezza chi sta lottando per la vittoria, il rischio di fare kingmaking con qualche mossa azzardata sale. Il fatto è che, scomparendo la volontarietà, il difetto viene reso meno percepibile e quindi più sopportabile.
Un altro esempio pratico lo prendiamo sempre da King of Siam, che nella versione a tre giocatori propone una soluzione drastica ed efficace: non è possibile effettuare l'ultima mossa della partita se questa non porta il giocatore alla vittoria. In pratica gli si impedisce, da regole, di decidere lo scontro a favore di uno degli altri due, senza trarne personalmente alcun beneficio.
Naturalmente adottare una soluzione di questo genere non è spesso possibile (qui lo è grazie alla linearità e alla matematicità delle meccaniche).
Conclusione
Archiviato il livoroso kingmaking, passiamo senza alcuna recalcitranza al suo acerrimo nemico: l'evanescente runaway leader.
Si ringrazia tutto il gruppo del Goblin Magnifico per la consulenza e in particolare Matteo "Iugal" Franceschet per la revisione.