Per scherzo una sera in famiglia ci è venuto in mente di associare ad ogni gioco un film.
All’inizio la cosa era nata cercando il film che meglio raccontava un gioco (o viceversa), ma associare Alien a Nemesis e Salvate il soldato Ryan a Memoir ‘44 sembrava poco più di uno sforzo mnemonico e dopo un po’ siamo passati a qualcosa di più ardito.
Eccovi quindi le mie dieci associazioni libere, quasi dei consigli dati non sulla base dell’ambientazione quanto delle sensazioni, del tutto personali, suscitate in modo affine da film e giochi da tavolo.
Tre metri sopra il cielo
Se vi è piaciuto questo ca-po-la-vo-ro di Luca Lucini del 2004, tratto dall’ahimé bestseller di Federico Moccia, allora il gioco da tavolo che fa per voi non può essere che Monopoli. “La storia d'amore tra Babi e Step, troppo diversi per stare insieme” (cit. MyMovies) è la storia di questo gioco senza tempo. Ideato nel 1903 da Elizabeth Magie come strumento didattico, ha invece allietato intere generazioni di ragazzini, in una girandola di soldi senza fine. E infatti la sensazione che il tempo non passi mai è la stessa che potrete percepire giocando a Monopoli e guardando il film...
Vacanze di Natale
Il film cult di Carlo Vanzina, uscito nel 1983, è quanto di più spensierato e divertente gli anni ottanta abbiano potuto esprimere. Nella mia generazione tutti l’hanno visto, così come tutti hanno giocato almeno una partita a RisiKo! Non avete sentito parlare di questi due moloch? Allora siete davvero ai margini della gaussiana e dovete provare entrambi, per poi passare felicemente a qualcosa di più recente.
Amici miei
Mario Monicelli, sempre sia lodato, di capolavori ne ha fatti… e nel 1975 gli uscì questo straordinario affresco di quattro amici che non si rassegnano al passare degli anni e ne combinano di tutti i colori, con faccia da sberle e supercazzola pronta (supercazzola, antani, prematurata: quanto del mio lessico attuale devo a questo film!). Se vuoi provare le stesse emozioni dei protagonisti ma sei troppo timido per agire senza un pretesto, organizza una partita a The resistance (anche nella sua variante Avalon). Imparerai a mentire, raccontare frottole restando serio; ma soprattutto a distanza di tempo ti ricorderai delle avventure passate in compagnia e capirai di aver speso bene il tuo tempo.
Underworld
Gli appassionati di vampiri e licantropi non possono non conoscere il film che nel 2003 ha lanciato Len Wiseman nella sua ben poco stellare carriera di regista. Se ti piace il genere, Underworld lo puoi guardare e riguardare e non ti stuferà mai. Esattamente la sensazione che mi dà giocare a Nemesis: divertimento e due buone ore di rilassamento mentale, mentre la tensione ti attanaglia le viscere. Ma per noi uomini c’è di più: come non collegare le seducenti curve di Kate “Selene” Beckinsale, fasciate di latex, con le avvenenti forme dell’esploratrice nel gioco di Adam Kwapiński?
A distanza di tre anni entrambi i titoli saranno seguiti dai rispettivi sequel Underworld: Evolution e Nemesis: Lockdown. Il primo è al livello del suo padre cinematografico (poi la serie degrada): è per questo che ho dato fiducia al secondo finanziandolo.
I soliti sospetti
Un altro regista che debutta col botto per poi navigare appena sopra la mediocrità è Bryan Singer, che nel 1995, a soli ventinove anni, dirige Kevin Spacey, Gabriel Byrne e Benicio Del Toro in questo perfetto thriller con finale a sopresa. Suspense, intrighi, indizi e sospetti (appunto) si avvicendano senza sosta per centosei minuti che scorrono come secondi. Un po’ quello che mi è accaduto nei cinque episodi di Detective: A Modern Crime Boardgame: ore e ore per ciascun episodio, tazza di caffè in mano come un vero investigatore, volate tra un interrogatorio e un raffronto di impronte.
L’ultimo dei Mohicani
“Robusto e arioso”: così mi ricordo finiva la recensione del mitico Morando Morandini. Cos’altro dire della trasposizione cinematografica del capolavoro di Fenimore Cooper, magistralmente diretta nel 1992 dal grande Michael Mann? Ogni volta che lo rivedo ne colgo sempre meglio la perfezione stilistica; e ogni volta che rigioco a Puerto Rico riassaporo la bellezza di un capolavoro senza tempo, un orologio che gira magnificamente anche a distanza di anni e di centinaia di partite, ogni volta uguale e ogni volta diverso. Un po' come gli sguardi intensi e indelebili delle sorelle Monroe.
Pulp Fiction
È uscito nel 1994. Avevo 21 anni e tutto il mondo davanti, come in quel film di Virzì. E mi spaccò: detiene il mio record di visioni al cinema: quattro, comprese le visioni all’aperto. E poi quante volte in tivù, su Vhs, Dvd, blu-ray; è un mio problema, lo so, ma un giorno ne uscirò, forse con l’aiuto di uno bravo – lo stesso che forse mi condurrà fuori dal tunnel di Through the ages. Sì, perché negli ultimi anni, un po’ per colpa di Vlaada Chvátil un po’ per colpa di Paolo "romendil", mi sono insabbiato di brutto in quest’altro capolavoro assoluto. E chi la pensa diversamente, come per il cult di Tarantino, forse non ha capito proprio tutto.
Apocalypse Now
Qui siamo oltre. Il 1979 fu l’anno di film rimasti, nel proprio genere e non solo, delle pietre miliari: Alien (Scott), I guerrieri della notte (Hill), Fuga da Alcatraz (Eastwood), Interceptor (Miller), Brian di Nazareth (Jones), Brood (Cronenberg). Ma il capolavoro di Francis Ford Coppola è avanti di cento anni: una spirale sempre più delirante lungo un fiume di orrori e degenerazioni, mentre il sangue ti ribolle nelle viscere... Non sono sensazioni che un gioco da tavolo possa ricreare. Non senza la giusta compagnia attorno a Il trono di spade: il gioco da tavolo. Lo sguardo allucinato del colonnello Kurtz è stato il mio, in almeno un paio di partite; e, se preferite la versione cinematografica redux da tre ore e ventitré minuti, allora dovete provare in otto giocatori l’espansione La madre dei draghi.
La sottile linea rossa
Arriviamo a Terrence Malick, che nel 1998 ci offre un’onirica riflessione sulla guerra: nello specifico la conquista di Guadalcanal durante la seconda guerra mondiale. Tosto, in tutti i sensi… e infatti bisogna approcciarlo con lo spirito giusto e l’adatta predisposizione d’animo. La stessa predisposizione che un mero giocatore da tavolo deve avere per assimilare il regolamento di uno stupendo wargame come Annibale e Amilcare (rivisitazione del vecchio Hannibal: Rome vs Carthage, uscito due anni prima del film).
Il settimo sigillo
Chiudiamo in bellezza con un classico del passato, del regista che per primo, nel 1957, ha creato un intero film (e che film!) attorno ad una partita a un gioco da tavolo. Ingmar Bergman pone Max Von Sydow da una parte, la Morte stessa dall’altra e, al centro, una scacchiera. Oggi, abituati ai frenetici montaggi di serie Tv e blockbuster made in Usa, ritagliarci novantacinque minuti per lasciarci conquistare da un film del genere sembra purtroppo un’impresa titanica – pari, forse, ad approcciare un gioco come Pax Renaissance, di durata analoga, e quindi breve se raffrontato ai colossi citati qui sopra, ma che richiede una ferrea dedizione e una sconsiderata passione per il monumentale Phil Eklund. Provateci. Con entrambi.