Avrei sicuramente messo Mombasa al posto di Maracaibo e non sono così sicuro di Isle of Skye, ma bene o male siamo lì
Biografia apocrifa del Signor Darcy
Alexander Pfister nasce il 18 ottobre 1971 a Bludenz, paesello del Voralberg, stato federato dell’Austria occidentale che vive di industria tessile, meccanica di precisione e turismo. Metteteci i libri e vedete che Mombasa regge comunque.
Pfister studia economia e fa esperienza lavorativa nel settore finanziario, ché almeno se non sfondava coi giochi alla tedesca poteva comunque diventare l'astro nascente della socialdemocrazia.
Ben presto Pfister entra in contatto con dei produttori – urtandoli durante una fiera – e, nel 2008, riesce a farsi pubblicare il simpatico Yvio: Freibeuter der Karibik, che è una sorta di modulo da tavolo per un videogioco (o almeno così ha raccontato loro), a cui fa seguito Le miniere di Zavandor, che si inserisce nel filone del fantasy classico con cui la Lookout prova a rinverdire i fasti di titoli come La guerra dell'anello della Ares e I cigni di Balaka di Al Bano e Romina. Finalmente, nel 2013 Pfister imbrocca la strada giusta con Händler der Karibik, che l’anno successivo diventa Port Royal, così da mettere fine alle battute DIVERTENTISSIME su quanto sia impronunciabile il tedesco; si tratta di un bel gioco di carte con una gratificante componente di push-your-luck: ossia farcela nonostante l’aver esordito con un gioco per la Yvio.
Nel 2015, con Andreas Pelikan, Pfister pubblica Broom Service, che reimplementa Witch’s Brew dello stesso Pelikan: tra lo stupore generale – pare che per due minuti a casa Knizia non si sia parlato d’altro - i due vincono il Kennerspiel des Jahres, ossia il premio dedicato ai giochi per esperti, che a tutt’oggi è ancora da tarare. Nello stesso anno esce anche Mombasa, collage di meccaniche più o meno slegate tra loro che raccoglie pareri più o meno slegati tra loro.
Nello stesso, lunghissimo anno sono usciti anche quel mistero glorioso chiamato Oh my goods – che tutti hanno solo perché costava poco – e l’allegro Isle of Skye: from Chieftain from King, pubblicato sempre con Pelikan, che porta loro il secondo Kennerspiel des Jahres e l’invito a non partecipare all’edizione successiva, come Binda al Giro del 1930 (almeno stando a quanto indicato nel cosiddetto Rapporto Pelikan).
Nel 2016 escono le espansioni di quanto sopra – ché insomma, si tiene famiglia e non tutti possono permettersi di vendere segreti militari ai russi – e soprattutto Great Western Trail, attuale numero undici su boardgamegeek - che insomma: non male per un gioco sulla transumanza.
Nel 2018 è il turno di Blackout: Hong Kong, gioco che se continua così nel giro di qualche anno potreste trovare nei mercatini delle pulci gratis e con dentro una banconota da cinque euro in segno di scuse; mentre l'anno successivo esce Maracaibo, gioco che ha grande successo nonostante il rischio di pestare merdoni in tema di colonialismo, situazione economica del Venezuela e battute DIVERTENTISSIME sulle canzoni italiane.
Pfister vive a Vienna, perché la scatola di Bludenz gli è diventata troppo piccola.
Tra gli autori che compaiono in questa rubrica, Pfister è probabilmente uno dei più recenti e meno prolifici (oltre che meno famosi).
Per questo motivo, il mio articolo verterà meno sulla filosofia di fondo del designer austriaco e più sui tre titoloni che ne hanno decretato il recente successo. Qualche parola verrà comunque spesa su quali siano le sue idee di buon gioco e su cosa emerga nel complesso dalla sua produzione ludica, ma una volta inquadrato il personaggio credo si possa direttamente passare ad analizzare le sue creazioni più conosciute.
Il giovane di belle speranze Alexander approccia il mondo del game design professionale all’Università di Vienna, quando si appoggia ad un’agenzia per proporre un suo gioco ad un produttore. Il gioco, che risponde al nome impronunciabilmente teutonico di “Freibeuter der Karibik” (Corsaro dei Caraibi), si va ad inserire con altri minigiochi in un prodotto fallimentare, quello della consolle Yvio. Il gioco in sé a quanto pare però piace, tant’è che dal 2008 saltiamo al 2014, anno in cui Alex reimplementa i concetti di Händler der Karibik in Port Royal, un gioco di carte push your luck che conosce un’ottima diffusione fin da subito.
Ma il 2015 è un anno esplosivo dal punto di vista delle produzioni pfisteriane. Esce infatti un titolo che spicca in quanto diversità nell’universo ludico di Alex: Isle of Skye - from chieftain to king. Se all’apparenza il gioco pare essere una copia più complicata (come punteggio e piazzamento) di Carcassonne, in realtà il cuore del gioco è nell’asta nascosta delle tile effettuata ogni turno. Al di là delle sovrameccaniche di catch-up abilmente inserite e di piccoli tocchi di engine building, il core costituito da queste aste ripetute di tiles è qualcosa che risulta al contempo originale e intuitivo. La profondità del gioco è infatti notevole rapportata alla sua durata.Sempre nello stesso anno esce un gioco che segna un solco nella produzione dell’austriaco: Mombasa.
Mombasa è infatti il primo gioco pesante con cui si cimenta Pfister, ed è un vero successo. La meccanica base è quella di handbuilding, dove la possibilità di giocare le carte acquisite è ristretta dalla presenza di colonne e da un refill limitato dalle stesse, ma a questa viene accostata un’impalcatura scarnissima di un gioco azionario.
L’insieme funziona molto bene, e inizia a delineare alcune features che verranno poi riprese da titoli successivi, come Blackout o Maracaibo.
Il 2016 porta con sè quello che da molti è considerato l’apice della produzione pfisteriana. Great Western Trail è un gioco originale per molti motivi, che riesce a riscuotere le simpatie di giocatori casual e l’ammirazione degli hardcore players. Ne parleremo meglio più avanti, ma in GWT si vedono tutti quelli che sono gli elementi caratteristici del design di Pfister.
Nel 2017 vede la luce il semi sconosciuto Tibor il Costruttore, un altro gioco di carte ambientato nel mondo di Oh my Goods che sviluppa ulteriormente l’utilizzo delle carte per molteplici funzioni abbinandolo ad una struttura in capitoli simile alle espansioni del gioco originale.
Il 2019 vede continuare la consacrazione di Oh my goods che in Expedition to Newdale si trasforma del tutto in un vero board game. La componentistica si allarga, la partita si allunga e la fortuna di conseguenza si ritaglia un ruolo minore, ma nel complesso l’esperienza di gioco è molto simile a quella dell’illustre genitore.
Tornando indietro un anno, nel 2018 vede la luce Blackout: Hong Kong, un gioco che abbina meccaniche di handbuilding riprese da Mombasa ad un più anonimo piazzamento cubi su mappa. Per quanto ad alcuni (sottoscritto compreso) il gioco sia piaciuto moltissimo, agli occhi del mercato globale è stato un po’ una delusione. Vuoi per la grafica scura e triste, vuoi per un tema che pare molto più adatto ad un survival coop che ad un engine building euro style, vuoi per problemi di produzione, misprint e problemi di spedizione, il gioco non riscuote i consensi a cui la sfavillante carriera dell’austriaco ci aveva abituati.
Ma nel 2019 Pfister torna con furore, proponendo Maracaibo! Un gioco che potrei descrivere come il riassunto di tutto ciò che l’autore ha fatto in precedenza, e che come GWT riesce a conquistare sia giocatori light che hardcore. Il tema è da sempre uno che piace molto ai giocatori di ogni età (anche se viene contestato sempre più il punto di vista dell’europeo alla conquista degli sventurati nativi), e la componente modulare della plancia dà una marcia in più ad un gioco che ha conosciuto un successo veramente notevole.
Nel 2020 esce CloudAge, un german di livello medio in cui viene riproposta campagna e ampliamento del board già visti nel sopracitato Maracaibo, conditi a uno scarno deckbuilding e ad una struttura del turno intuitiva. Il twist di carte nascoste per ottenere risorse, se riuscito da un punto di vista del divertimento, lascia un po’ il sapore di gimmick se si cerca quello dell’innovazione.
Quindi, cosa dire di Pfister come designer nel complesso? A differenza di altri autori più scafati, non credo si possano individuare nella sua carriera periodi diversi o anche solo momenti di discontinuità; Mombasa è sì il primo gioco pesante ideato, ma lo considero più un inizio che un punto di svolta.
Quel che si può fare è sintetizzare alcuni elementi tipici del suo design per vedere unicità, punti di forza e, perchè no, debolezze:
- Le carte. Per quanto buona parte dei giochi moderni utilizzi carte, TUTTI i giochi di Pfister ne fanno una componente centrale del gioco. Alex le ama perché consentono di creare eccezioni al sistema di regole senza appesantire troppo il gioco intero.
- La durata non definita. Quasi tutti i giochi di Pfister non prevedono un numero di round/turni/azioni definito. Sono i giocatori stessi ad impostare il ritmo della partita e la sua chiusura. Questo consente esperienze di gioco molto diverse a seconda dei giocatori, ed è stata una carta vincente in tutti i più grandi successi dell’autore.
- La scorrevolezza dei turni. I giochi di Pfister non sono certo famosi per essere semplici da digerire. Le regole spesso sono numerose e complicate. Ma una cura particolare viene posta nella sequenza del turno, che risulta sempre lineare, scorrevole e facile da ricordare.
- La costruzione di un motore. Anche nei suoi giochi più semplici e veloci, come Port Royal, Alex non rinuncia a creare la sensazione di costruzione di un motore. Il senso di crescita si avverte in ogni suo gioco, dal più semplice al più complesso.
Infine, per concludere l’articolo, mi concentro un po’ di più sui tre giochi che considero i più significativi dell’autore.
Great Western Trail
Qui i concetti base di Pfister si esprimono all’ennesima potenza. Un deckbuilding lineare e di facile comprensione guida il giocatore inesperto fin dalle prime partite. Il percorso strutturato a giri svela un’interazione altissima per un german di questo tipo, vista la possibilità di costruirsi i propri spazi azione al contempo impedendo i movimenti altrui. Ogni scelta porta una caterva di conseguenze, e nel gioco virtuosismi tattici si sposano ad un piano strategico a lungo termine fondamentale per vincere. La scelta della velocità di movimento aggiunge un layer importante all’attività di engine building e genera profondità senza introdurre complicazione.Perché dovreste giocarlo
Perché è un capolavoro. Perchè la curva di apprendimento è ben strutturata, fin dalle prime partite si intuisce la profondità ma la si esplora pian piano. Per capire come sia possibile mischiare quello che sembra un guazzabuglio abborracciato di meccaniche in un tutt’uno organico e scorrevole che genera complessità.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Perché lo scoglio iniziale del regolamento non è facile da digerire (come ogni scoglio, direi). Perchè alla complessità si accompagna anche una certa complicazione. Perchè l’alea esiste, anche se è strettamente tenuta sotto controllo.Isle of Skye
Un titolo ormai vecchiotto, anche nello stile grafico, ma che a mio parere ha saputo coniugare semplice e complesso in un tempo di gioco contenuto. Il tile matching di Carcassonne sposato ad un’asta molto interattiva è un esperimento veramente riuscito, e per quanto il gioco mi piaccia meno di altri titoli di Alex (sono un amante di titoli più complicati e lunghi) credo si meriti il secondo posto in classifica.
Perché dovreste giocarlo
A fronte di un tempo di gioco tutto sommato simile all’intramontabile Carcassonne offre molta più profondità e gestione strategica della partita. Ogni partita è diversa grazie a obiettivi a breve termine interscambiabili e alla pescata delle tile.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Di sicuro non è un solitario multigiocatore, e la parte dell’asta può risultare fastidiosa a chi è abituato a gestirsi il proprio orticello. C’è ovviamente una sana dose di fortuna coinvolta, e come giocano gli altri al tavolo influenza pesantemente il vostro stesso sviluppo.
Maracaibo
Il gioco in sè non è così denso di novità, come invece i due titoli nelle posizioni più alte, ma riesce perfettamente nel suo intento di mischiare la rondel pfisteriana con un tableu building basato sulle carte alla Terraforming Mars.
Perché dovreste giocarlo
Perché offre diversi pacchetti esperienziali adatti sia a casual gamer (purchè pronti ad affrontare tre orette di partita) che hardcore gamer incalliti. Perchè offre libertà di scelta e partite sempre diverse, ma tirate al punto giusto.
Perché potrebbe non fare al caso vostro
Perché le partite, in particolare se affrontate in maniera casual, possono davvero durare troppo. Perchè il tema, per quanto ben sviluppato, rimane quello di un german, e in più porta con sè considerazioni importanti sul colonialismo.
Giochi principali:
- 2010 The Mines of Zavandor
- 2014 Port Royal
- 2015 Oh My Goods!
- 2015 Mombasa
- 2015 Broom Service
- 2015 Isle of Skye: From Chieftain to King
- 2016 Great Western Trail
- 2017 Tybor the Builder
- 2018 Blackout: Hong Kong
- 2019 Expedition to Newdale
- 2019 Maracaibo
- 2020 CloudAge