Il secolo breve

Si può raccontare un intero secolo attraverso i giochi da tavolo?

Editoriale
Giochi

Nel 1994 lo storico inglese Eric Hobsbawn (1917-2012) pubblica Il secolo breve (in originale The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 1914-1991), un importante saggio che analizza e contestualizza il ventesimo secolo contrapponendolo a quello che lui stesso ha in precedenza definito il Lungo XIX secolo (a sua volta analizzato in una serie di tre saggi: The Age of Revolution: Europe 1789-1848, The Age of Capital: 1848-1875 e The Age of Empire: 1875-1914).

Senza entrare troppo nei dettagli – anche perché il libro, che pure ho comprato da tempo, devo ancora leggerlo: ma la cosa, lo capirete presto, è ininfluente, dato che lo uso come pretesto –, quello che Hobsbawn descrive, pur con un dettaglio giocoforza meno approfondito rispetto a quanto fatto per l'Ottocento, è quell'enorme, folle, tremendo frullatore di vite umane che è stato il secolo concluso una ventina di anni fa, di gran lunga il più sanguinoso della storia dell'uomo.

Lo storico di estrazione marxista ne parla di un blocco pressoché unico in cui, una dopo l'altra, hanno fallito le utopie comuniste, fasciste e capitaliste, suddividendo la materia trattata in tre fasi comunque distinte: quella della catastrofe, che ha termine con la fine della seconda guerra mondiale; quella dell'oro, se non altro da un punto di vista privilegiato come quello dell'occidente, che finisce al reale scoppiare del calderone mediorientale con la guerra del Kippur del 1973; infine quello della frana, che accompagna il derelitto mondo contemporaneo fino alla caduta del gigante sovietico e, con esso, a uno dei pilastri che legavano insieme il secolo breve, quello appunto delle ideologie totalitarie.

Ripensando tuttavia al ventesimo secolo, non necessariamente accogliendo il punto di vista di Hobsbawn (e quindi allargando il discorso sia agli anni di fragile pace della Belle Époque che chiudono un po' in ritardo l'Ottocento, sia al disordinato mondo postsovietico che ha lasciato in eredità un decennio – quello degli anni Novanta – che in molti percepiamo nostalgicamente dolce, ma che ha conosciuto immani catastrofi come le guerre nei Balcani e lo sfacelo del popolo russo) è facile rendersi conto di quanta influenza esso abbia avuto anche nei confronti degli autori di giochi da tavolo, tanto da chiedermi se fosse possibile, in qualche modo, provare a raccontare l'intero secolo attarverso i titoli ivi ambientati.

Gli anni zero: la falsa illusione

Il nuovo secolo inizia – nel 1901, mi raccomando – appunto con gli echi ottocenteschi, le impressioni parigine; ma anche con la forza propulsiva della tecnologia (i dirigibili, gli aeroplani) in un contrasto dal forte sapore cyberpunk con l'immarcescibile e il secolare (i grandi imperi, gli omicidi politici).

Il mondo sta ribollendo nel sottosuolo, pronto a esplodere; ma per il momento può ancora godersi senza apparenti problemi i grandi eventi come le esposizioni internazionali.

Expo 1906

Nel titolo ideato da Remo Conzadori e Nestore Mangone e pubblicato nel 2015 dalla Gotha Games i giocatori vestono i panni di una delle quaranta nazioni presenti all'esposizione di Milano; lo scopo è quello di completare progetti e invenzioni grazie a un ingegnoso meccanismo di piazzamento tessere (o, meglio, di polimini) che, per poter essere soddisfatti, devono essere posizionati adiacenti alle rispettive risorse (energia, lavoro manuale o meccanico, materie). Per ogni risorsa, inoltre, si ottengono punti ulteriori in base a chi è avanti nei rispetivi tracciati dei brevetti.

Le azioni sono scelte mediante la scelta di una delle carte azioni che si hanno in mano, uguali per tutti i giocatori (che sono fino a un massimo di quattro). Questo comporta una componente tattica e di interazione in un gioco, altrimenti, tutto sommato strategico. Tra gli effetti delle azioni, spostare tessere sulla plancia personale, aumentare i finanziamenti, sviluppare l'accademia che a sua volta permette di disporre di carte azioni potenziate, spostare i segnalini nell'aria brevetti del tabellone comune.

Il gioco termina dopo dieci round, oppure all'esaurimento dei brevetti, oppure ancora quando un giocatore completa il quinto progetto. Poi si calcolano punti un po' ovunque.

Nonostante l'aspetto da tetris, insomma, si tratta di un gioco tutt'altro che leggero, di quelli che piacciono agli amanti di gestionali e rompicapi vari. Da notare che il gioco, che non è necessariamente lungo (a meno di pensatori seriali; ma vabbe', quello non è colpa dei giochi da tavolo) dispone anche di una buona modalità in solitario.

anteprima

Gli anni dieci: il salto nel baratro

Per qualche anno la polvere viene ancora nascosta sotto al tappeto, sebbene nel mondo non manchino i conflitti e le tragedie: prima tra tutte, quella celeberrima del Titanic, aprile 1912.

L'assassinio di Sarajevo è però lo spartiacque della storia: non è un caso che il saggio di Hobsbawn parta – e, ironicamente, termini – proprio dal 1914. Quell'intricato sottobosco di rancori, ideologie, contrasti religiosi ed economici, dispute geografiche e rivendicazioni territoriali esplode in tutta la sua immane violenza, verso la carneficina della prima guerra mondiale nel suo complesso e in una serie infinita di conflitti locali, alcuni le cui ripercussioni avrebbero influenzato il corso stesso della storia (la rivoluzione russa, tanto per fare un esempio), altri di carattere tutto sommato locale, per quanto estremamente sanguinosi. Ne è un ottimo esempio la guerra civile finlandese.

All bridges burning: red revolt and white guard in Finland, 1917-1918

Nel 2020 l'importante catalogo della Gmt si arricchisce con questo titolo di V.P.J. Arponen, che sostanzialmente riscrive il sistema Coin per tre giocatori.

Nel lungo, violento processo che ha portato alla sua indipendenza, la Finlandia ha dovuto venire a patti con la sua posizione estremamente strategica, vuoi per lo sbocco sul Baltico, vuoi per il lungo confine condiviso con l'impero zarista e, soprattutto, per la vicinanza con la sua capitale, San Pietroburgo.

Dopo anni di forzata convivenza con l'ingombrante vicino, quando quest'ultimo ha dovuto fare i conti con gli eventi del 1917, nel Paese nordico si è creato una sorta di vuoto di potere che ha visto fronteggiarsi i cosiddetti bianchi, guidati dal Senato, conservatore, e spalleggiati dal secondo Reich tedesco; e i rossi, influenzati dai bolscevichi e che facevano leva su operai e contadini.

Il gioco prevede una terza fazione, quella della socialdemocrazia moderata, e si articola attraverso una serie di carte evento, che regolano l'ordine di azione. Per il resto la struttura collaudata dei Coin rimane fedele a sé stessa, pur con le debite modifiche. Ne esce un gioco riuscitissimo, non a caso considerato per l'ingresso nella rosa degli otto del Magnifico nella sua annata.

Gli anni venti: il mondo nel caos

Vincitori e vinti affrontano un dopoguerra che è difficile per tutti che comincia tra le vampate del furore rosso e termina con quella che è forse la più grande crisi economica della storia. Nel mezzo per i vinti si creano i prodromi dell'oscurantismo che caratterizzerà i decenni successivi; mentre i vincitori, in quelli che non a caso sono passati alla storia come gli anni ruggenti, sono alle prese con i loro fantasmi: 

Bootleggers

[s83m] Un bel gioco vecchio stile, ambientato negli anni del proibizionismo. I giocatori sono dei piccoli boss intenti a far profitto con il contrabbando di liquori: per riuscirci dovranno avere la giusta dose di cattiveria, intuito e un po' di fortuna.

I giocatori giocheranno segretamente delle carte scagnozzo numerate per determinare l'ordine di gioco. L'ordine di turno servirà per ottenere carte evento (per ottenere abilità passive o eventi ad attivazione unica) o per ottenere carte camion. Poi vi sarà una fase di produzione liquori e un'importante fase di trasporto: i camion ottenuti hanno una diversa capacità di trasporto e si potrà contrattare per far caricare prima un determinato carico rispetto ad un altro, raggiungere una determinata destinazione o anche noleggiare lo stesso.

Ma ancor più determinante sarà la seconda fase del trasporto, cioè l'arrivo nei vari bar e la vendita del liquore. Infatti, in ordine inverso, si sceglieranno i bar di destinazione, ciascuno dei quali sarà aperto solo con un certo numero di scagnozzi posizionati, con solo una determinata quantità di alcool da acquistare e un diritto di "prelazione" per chi avrà la maggioranza di scagnozzi su di esso; gli altri venderanno in ordine di turno, sempre che il proprietario non blocchi la vendita.

Non è finita: per rendere tutto ancora più interessante c'è anche la possibilità che la polizia faccia una bella retata, distruggendo tutta la produzione del turno.

Insomma: bastardate, alleanze infrante e un bel po' di fortuna in un titolo veramente ben ambientato.

recensione

Gli anni trenta: fascismi e terrore

Il modello lo conosciamo bene: è l'Italia fascista. Ma è uno degli allievi di Mussolini a segnare la storia: salito al potere spinto dal popolo dopo anni di lavorio e di abbassamento dell'asticella (ricordiamolo sempre), Adolf Hitler instaura in una Germania uscita distrutta dalla prima guerra mondiale il più terrificante regime mai conosciuto sul suolo europeo (insieme alla coeva dittatura stalinista: proprio negli anni Trenta hanno luogo, tra gli altri, l'atroce Holodomor ucraino e le sanguinosissime grandi purghe).

Se è vero che nel resto del mondo divampano guerre (tra Cina e Giappone, per esempio) e atrocità coloniali (non ultime quelle italiane in Etiopia) il decennio ha infatti il suo momento culminante nella Mittel Europa, dove in pochi mesi si assiste a eventi epocali come l'Anschluss austriaco (marzo 1938), la notte dei cristalli (novembre dello stesso anno) e, infine, l'invasione della Polonia nella più spaventosa delle date della storia: 1° settembre 1939. 

Democracy under siege

[s83m] In questo interessante gioco di simulazione, da due a tre giocatori (quest'ultima la configurazione migliore) impersoneranno tre differenti ideologie – nazismo, comunismo e democrazia – che si scontreranno per la supremazia culturale e politica negli otto anni antecedenti lo scoppio della seconda guerra mondiale.

Il titolo è un card driven diviso in appunto otto turni (gli anni) suddivisi a loro volta in tre o quattro round.

In ogni round ogni giocatore cercherà di attuare l'azione di una carta politica, tirando un dado e applicando vari modificatori, e risolverà una carta evento. Nel caso in cui l'azione politica fallisca, il giocatore potrà comunque fare un certo numero di azioni in base ai punti segnati sulla carta. Le azioni serviranno per portare le varie nazioni sotto la propria area di influenza, cercare di annettere diplomaticamente e militarmente forze minori e rafforzare la propria fazione economicamente e militarmente.

Alla fine di ogni round ci sarà una fase amministrativa di ricavi in denaro e forza militare, a beneficio delle riserve di fazione. Tutto ciò che non viene speso per mantenere alleanze con le forze minori, si tramuterà in punti vittoria.

Gioco complesso ed estremamente lungo – si sforano senza problemi le quattro ore –, Democracy under siege richiede dedizione e conoscenza delle carte (oltreché dell'inglese); ma è un titolo in grado di ripagare l'impegno, soprattutto se si ha una buona conoscenza storica dei turbolenti anni in cui il gioco si inserisce.

Gli anni quaranta: la carneficina e la cortina di ferro

Il decennio chiave della storia recente europea e mondiale è diviso nettamente in due parti dallo scoppio delle due bombe atomiche dell'agosto 1945. Prima, la seconda guerra mondiale e i macelli che ha generato; dopo, il rapido e travagliato evolversi degli eventi – sfere di influenza, confini contesi, conferenze – che in pochissimi mesi ha gettato le basi per quella che sarebbe diventata la guerra fredda: un enorme conflitto globale, combattuto su più fronti non solo militari, più o meno direttamente, tra le due superpotenze uscite vincitrici dalla seconda guerra mondiale. In tutto questo si assiste però, almeno in occidente, alla riscoperta di quella democrazia che, pur con tutti i suoi difetti e i suoi limiti, si pone come condizione necessaria per qualsivoglia aspirazione di ripresa per ogni Paese uscito distrutto dal conflitto.

Churchill

Gioco assai peculiare nel catalogo Gmt, il titolo del 2015 – autore Mark Herman, non uno qualsiasi – consente ai tre giocatori (non due: tre) di mettersi nei panni dei leader di una delle tre potenze egemoni dell'Alleanza impegnata nella disperata guerra contro l'Asse nippo-nazifascista: Franklin Delano Roosevelt (poi eventualmente Harry Truman), Iosif Stalin (storicamente l'unico ad aver partecipato a tutte le principali conferenze dell'epoca, fattore non di poco valore che ha certo avuto il suo peso) e, appunto, Winston Churchill.

Durante queste conferenze si affrontano differenti tematiche e, mediante l'utilizzo della carte (si tratta infatti di un gioco card driven), si spostano dei segnalini lungo dei tracciati che spingono verso una delle tre parti. Tali tracciati tengono conto in modo ovviamente astratto non solo la situazione bellica a scala globale, ma anche gli aspetti economici, politici e sociali connessi alla guerra. Quest'ultima, poi, nei suoi fronti principali, è schematizzata nella metà di destra del tabellone e organizzata anch'essa a tracciati che, senza entrare nel dettaglio, rappresentano mediante l'utilizzo di bot l'evolversi degli eventi con le necessarie astrazioni, prima tra tutte l'utilizzo del dado con i modificatori del caso.

Degna di nota la risoluzione del gioco: vince infatti chi fa più punti solo se il distacco dell'ultimo arrivato è entro un certo livello, segno che il mondo ha trovato un suo equilibrio e l'equilibrio ha trovato una sua guida. Se però una delle tre parti prende troppo il largo, ad avere la meglio nel lungo termine potrebbe essere la coalizione degli altri due, guidata quindi da chi in partita è arrivato secondo. (Sempre che a fine partita l'Asse sia stato sconfitto: in caso contrario si ricorre a un piccolo algoritmo legato al lancio del dado.)

Un gioco particolare, Churchill: forse non un capolavoro, sicuramente tra i più originali mai concepiti.

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Gli anni cinquanta: l'equilibrio instabile

Il mondo della guerra fredda, a prima vista congelato nelle sue parti, è in realtà un calderone che ribolle in più parti, sempre più intensamente. Mentre i francesi vengono umiliati a Dien Bien Phu scoppia la sanguinosissima guerra di Corea; e perfino internamente alle superpotenze il clima è incandescente: da una parte si assiste alla caccia alle streghe comuniste, mentre il fronte opposto deve fare i conti con la pesante eredità lasciata da Stalin. Il cuore pulsante del conflitto è tuttavia l'Europa, spaccata in due tra filo-atlantisti e membri del patto di Varsavia, firmato nel 1955. Proprio negli stati cuscinetto dell'Unione sovietica si avvertono enormi malumori e divampano vere e proprie proteste, spesso soffocate nel sangue, come nel giugno del 1953 a Berlino Est o, tre anni dopo, nel cuore della capitale ungherese.

Days of Ire: Budapest 1956

[Sir_Alric_Farrow] Dávid Turczi sceglie come tema per quella che diverrà la sua prima opera di spessore uno degli eventi storici più importanti avvenuti nella propria terra natia, ovvero la rivoluzione ungherese. Più nello specifico i sette turni della partita incarneranno la settimana cruciale dell’ottobre 1956 durante la quale i membri della resistenza locale riuscirono temporaneamente a respingere dalla capitale gli eserciti russi che la occupavano da oltre dieci anni.

Dal punto di vista delle meccaniche si presenta come un’alchimia tra i celebri Twilight Struggle e Pandemic: difatti un partecipante controlla le forze di occupazione e cerca di debellare gli insorti gestendo al meglio la propria mano di carte evento; d’altra parte gli altri contendenti, da uno a tre, sono tra loro alleati e comandano i moti sovversivi, in una corsa sulla mappa volta a mitigare gli effetti più drammatici provocati dall’avversario.

Gli ungheresi possono avvalersi di molti combattenti, ciascuno di essi dotato di un’abilità peculiare oltreché di un’identità; mentre il sovietico schiera anonimi ma numerosi miliziani, letali cecchini e devastanti carri armati, da evitare o arginare per quanto possibile con armi da fuoco, barricate e molotov. Le forze di occupazione utilizzano anche l’arma della propaganda che si contrappone all’orgoglio di un popolo sotto giogo nell’ambito di un confronto nel confronto relativo all’opinione pubblica, che sovente guarda con sospetto ad azioni e decisioni particolarmente brutali o sanguinose.

A decretare la vittoria finale occasionalmente potrà essere la schiacciante superiorità su campo di una delle due parti oppure, con più probabilità, il conteggio alla conclusione del settimo turno degli eventi rimasti ancora attivi. Va detto che esiste altresì una variante per la modalità solitario-cooperativa: in tal caso la guida della fazione sovietica è delegata a un mazzo d’intelligenza artificiale.

Pur costituendo indubbiamente un prodotto meritevole di attenzione, Days of Ire: Budapest 1956 è ben lontano dal poter essere considerato un capolavoro perché a livello di svolgimento effettivo non riesce mai nemmeno ad avvicinarsi all’efficacia dei giochi cui si ispira e dai quali prende in prestito in maniera sin troppo palese le idee seminali, considerando anche un senso di ripetitività che va a indebolirne la rigiocabilità già dopo una decina di partite. Il pregio indiscutibile è la maniera in cui riesce a raccontare l’evento storico che ne è premessa concettuale, anche grazie a numerose immagini dell'epoca, lasciando immergere i partecipanti in un contesto di avvenimenti, immagini e moderata tensione molto ben tratteggiato e calibrato.

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Gli anni sessanta: il cemento e il muro

Dopo anni di continua emorragia di persone verso la Repubblica federale tedesca, il governo filosovietico della Ddr decide di forzare la mano e, nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, i cavalli di frisia cominciano a circondare l'exclave occidentale di Berlino Ovest. Quello che negli anni si evolverà in una muraglia controllata a vista da centinaia di soldati armati e autorizzati a sparare, una ferita che non può cicatrizzarsi nel cuore dell'Europa, diviene immediatamente il simbolo della seconda metà del secolo in Europa. Non che le cose altrove vadano meglio, dato che nel 1962 il mondo è sull'orlo della distruzione atomica, gli Stati Uniti sono ricoperti di sangue e in Cina i morti della rivoluzione culturale di Mao si contano a milioni.

Soprattutto in occidente l'ingente aiuto statunitense spinge tuttavia a guardare verso il futuro: crescono i consumi e gli investimenti e l'Italia stessa dimostra di avere le capacità per ritagliarsi un posto di primaria importanza nel mondo, venendo finanche osteggiata (come probabilmente nel caso della morte di Mattei) e passando oltre a naso turato su catastrofi vergognose (basta la data: 9 ottobre 1963) in nome di un progresso che non vuole saperne di interrompersi e che porterà, alla fine del decennio, l'uomo sulla luna mentre sulla terra, come canta Davide Van de Sfroos in una sua bella canzone, non si smette nemmeno per un secondo di ammazzare.

Twilight Struggle

Se si parla di guerra fredda il primo gioco che viene in mente è il capolavoro di Ananda Gupta e Jason Matthews, pezzo forte dello sterminato catalogo Gmt.

I due giocatori si mettono alla guida delle due superpotenze dell'epoca e, alternandosi giocando carte dalla mano, cercano di influenzare e, se necessario, rovesciare i governi del mondo, al fine di garantirsi l'egemonia culturale del pianeta.

Proprio le carte sono l'elemento caratterizzante del gioco per via del loro doppio utilizzo: come evento storicamente avvenuto (ma non necessariamente nelle stesse condizioni e con gli stessi esiti), oppure come motore per le operazioni sul tabellone, più o meno incisive, più o meno impattanti sull'equilibrio del gioco.

Emblematico è il tracciato del Defcon, che tiene traccia del livello di contrasto tra Stati Uniti e Unione Sovietica e, qualora raggiunga il livello uno, porrebbe fine a partita e umanità per via di una guerra nucleare.

Ambientatissimo negli effetti di gioco sia pure in una cornice tutto sommato astratta (alla fin fine si gioca per tre ore a cambiare dei segnalini con dei numeri), per quasi cinque anni numero uno della classe, Twilight Struggle è ancora oggi uno dei giochi più amati di sempre: che piaccia o meno, basta una partita per capire perché.

Recensione
partita commentata numero 1

partita commentata numero 2

Anni settanta: gli anni di piombo e l'odore del napalm

Un decennio strano, a suo modo emblematico, quello dei Settanta. A livello globale sembra di assistere a un lieve rilassamento che fa ben sperare, la musica leggera raggiunge l'apice della sua creatività e il mondo viene stupito da film come Guerre stellari e scienza e tecnologia fanno passi da gigante (nel 1979 viene certificata la debellazione del vaiolo), nonostante una grave crisi petrolifera e finanche imparando da tragedie enormi come quella di Tenerife; ma è perlopiù pia illusione, perché l'uomo è l'uomo e non è proprio capace di smentire la sua natura: il sangue continua a scorrere a fiumi nell'Irlanda del nord, nelle città italiane, nei martoriati Paesi africani, nelle dittature sudamericane, in Vietnam, in Libano, in Afghanistan.

Quello dei Settanta è un decennio caratterizzato da eventi epocali (giusto per citarne alcuni, le dimissioni di Nixon, l'elezione del primo Papa non italiano da mezzo millennio – un polacco: scelta emblematica –, l'omicidio di Aldo Moro); ma anche, come detto, di grande fermento sociale e culturale – si arriva dritti dai movimenti del 1968 – e di importanza enorme nell'economia del mondo odierno.

Peccato che a scuola non ci si arrivi mai.

Fire in the Lake

Copertina di Fare in the Lake, wargame sul Vietnam
Posto che l'articolo non vuole essere una monografia sul catalogo della Gmt, è innegabile che sia proprio l'editore statunitense la fonte principale di titoli a carattere storico. Non fa eccezione il capolavoro della serie Coin, peraltro già incrociata: a firma della vecchia volpe Mark Herman (ancora lui) e del più giovane talento Volko Ruhnke, Fire in the Lake racconta con straordinaria efficacia l'evolversi di una delle più tragiche pagine della storia umana, quella della guerra del Vietnam.

I quattro giocatori (o meno, con i bot; ma diciamo quattro, perché i giochi andrebbero giocati nella loro configurazione migliore) vestono i panni delle quattro principali forze in campo, più o meno regolari come da tradizione della serie (che, lo ricordo, è la contrazione di "controinsurrezione"): il Vietnam del nord, filocomunista, e i suoi alleati nel sud, i viet-cong (l'unica, reale fazione insurrezionista di questo gioco), contrapposti al debole governo fantoccio di Saigon, il Vietnam del sud, e il suo forte alleato, gli Stati Uniti, molto soggetto però all'opinione pubblica in patria e dunque non necessariamente devoto interamente alla causa. Beninteso: vince solo una delle quattro fazioni e, se necessario, occorre arginare anche il proprio alleato.

Il sistema, con le carte evento caratterizzate da una sequenza di eliggibilità e che descrivono tutti gli aspetti principali del conflitto, dall'agente arancio all'ignobile massacro di My Lai, è quello classico dei Coin; ma è proprio con Fire in the Lake (e con l'unione di due degli autori di punta della Gmt) che tale sistema trova la sua sublimazione. 

recensione

Gli anni Ottanta: l'inverno e la primavera

L'elezione alla Casa Bianca del repubblicano Ronald Reagan è una doccia fredda per le speranze di pace nel mondo: la guerra fredda, a più di trent'anni dal suo confuso inizio, vive forse il periodo di tensione massima per le sorti del mondo. Ma una delle due parti, quella sovietica, è allo stremo delle forze e a un certo punto implode sotto colpi sempre più forti e sempre più impossibili da nascondere, come nel caso del disastro di Chernobyl del 1986. Tanto mal vista in patria quanto ammirata nel mondo, l'Europa che esce dalla guerra fredda deve molto alla figura di Michail Gorbačëv: senza di lui, probabilmente, l'eccezionale risveglio delle identità nazionali orientali che sfociò nella primavera del 1989 non sarebbe stato altrettanto pacifico (con la sola, sanguinosa eccezione della Romania che si sbarazza dell'ingombrante Ceaușescu).

Nel 1989, appunto, l'evento simbolo è ovviamente legato ancora una volta al muro di Berlino, che crolla tra grandi abbracci sotto gli occhi ormai inermi di un regime che non esiste più. Sembra la rinascita per un intero continente, per l'intero mondo.

Sembra.

Wir sind das Volk!

Capolavoro classe 2014 dei talentuosissimi Richard Sivél e Peer Sylvester, il gioco della Histogame, primo Goblin magnifico, è un eccellente card driven per due giocatori (quattro con l'espansione 2+2, che introduce Stati Uniti e Urss) abbinati ciascuno a una delle due Germanie della seconda metà del Novecento: quella federale, prospera e proiettata verso il futuro; e quella democratica, col suo manifesto di felicità a nascondere i muri insanguinati.

Card driven più tecnico e decisamente più complicato (non solo: pure decisamente più asimmetrico) di Twilight Struggle, titolo a cui è spesso associato più che altro per motivi di ambientazione e meccanica principale, Wir sind das Volk! – il titolo, "Noi siamo il popolo!", poi mutato in "Noi siamo un popolo!", è uno dei più celebri slogan delle cruciali manifestazioni del 1989 – si avvale per l'appunto del doppio utilizzo delle carte (evento od operazione). Lo scopo è quello di costruire le infrastrutture nel territorio, ma anche di garantire un tenore di vita adeguato e, nel caso dell'Est, di sopprimere le rivolte di piazza. Al termine di ciascuno dei quattro round di gioco si effettua una lunga, articolata fase punteggio che contribuisce non poco all'osticità di un titolo che, per amore di ambientazione, non esita a ricorrere a pesanti eccezioni (su tutte, la gestione di Berlino Ovest e di Berlino Est).

Un gioco dunque non immediato e che richiede impegno, anche da un punto di vista di approccio per via di materiali spartani (ma che consentono di avere un prezzo bassisimo per la qualità del titolo: raramente si è visto un simile rapporto qualità/prezzo); ma, superati gli scogli, è tutto mare cristallino.

> recensione

Gli anni Novanta: tra nostalgia e sogni disillusi

Che quella del 1989 sia stata solo una parentesi di speranza lo si intuisce quasi subito quando Saddam Hussein decide l'invasione del Kuwait scatenando la guerra del golfo e un nuovo fronte, l'ennesimo, per gli Stati Uniti d'America.

Non sono messi però meglio gli avversari di un tempo, dilaniati da una crisi terrificante che lascia spazio a corruzione, povertà e condizioni difficili che favoriscono la futura oligarchia russa. Senza contare il disastro della situazione cecena.

La stessa Europa, del resto, se da una parte ne esce rinforzata (riunificazione tedesca, creazione dell'Unione Europea, resa finale dell'Ira), dall'altra assiste impotente all'atroce guerra jugoslava. Non va tanto meglio in Italia, soprattutto nei primi anni del decennio, caratterizzati dalle stragi di mafia e dal clamore suscitato da tangentopoli.

Eppure sono gli anni della giovinezza di tanti di noi, del topowalkie, di Solletico, delle Spice Girls: è normale ricordarli con affetto, dopotutto.

This war of mine

this_war_of_mine_-_copertina
Cooperativo che in realtà è un solitario tratto dal celebre videogioco del 2014 nel quale si cerca di far sopravvivere un gruppo di civili rimasto incagliato nell'interminabile, sanguinoso assedio di Sarajevo, This war of mine porta la firma di Michał Oracz e Jakub Wiśniewski ed esce nel 2017 per la Awaken Realms.

Nel gioco si guidano tre persone, ciascuna col proprio carattere e le proprie esigenze (le sigarette, per esempio, ché in condizioni estreme tutto può contribuire a quel minimo di morale necessario), con lo scopo di fronteggiare tutte le minacce – cecchini, fame, malattie – utilizzando quel che si trova nel rifugio e, se necessario, spingendosi all'esterno (cosa simulata con un mazzo di carte) e combattendo.

Il tutto a fronte di un regolamento certo complesso, ma introdotto per gradi grazie a un diario che fornisce la necessaria linea guida al giocatore. Il resto lo fa un fascicolo con tutta una serie di stringati, ma numerosi capitoli di testo che hanno il compito di fornire al gioco il necessario substrato narrativo.

This war of mine è sicuramente fortunoso e lungo (tanto che talvolta si consiglia di giocare direttamente al videogioco); ma chi apprezza il gioco in solitario ha ben chiare le idee, estremamente positive, su questo titolo.

> recensione

Dall'epoca della bella Otero e dei dirigibili fino alla minacca globale del millennium bug il mondo è cambiato parecchio; ora un nuovo secolo si affaccia alla storia tra le macerie di due grattacieli abbattuti.

Ma questa è un'altra storia.

Commenti

Interessante articolo e proposte di giochi allettanti. 

Di solito commento pochissimo ..ma quando leggo articoli così interessanti e ben scritti...Non posso fare a meno di lodarli!! Bravo Darcy e bravi i ragazzi che hanno scritto i contributi dei singoli giochi!

Non si può che ringraziare il Signor Darcy: articolo da applaudire.

questo pezzo ... è bello forte! grazie!

Che bell'articolo, complimenti 

Articolo molto interessante. Ciò che trovo peccato è il focalizzarsi sulle guerre, quando si parla di storia.

Perché non parlare ad esempio dei profondi cambiamenti che hanno portato con sé la rivoluzione sessuale, l'emancipazione femminile, la rivoluzione interpersonale (usando la terminologia di Enrico Cheli), oppure perché non parlare del profondo cambiamento che ha portato con sé l'avvento di Internet?

 

Elijah scrive:

Articolo molto interessante. Ciò che trovo peccato è il focalizzarsi sulle guerre, quando si parla di storia.

Perché non parlare ad esempio dei profondi cambiamenti che hanno portato con sé la rivoluzione sessuale, l'emancipazione femminile, la rivoluzione interpersonale (usando la terminologia di Enrico Cheli), oppure perché non parlare del profondo cambiamento che ha portato con sé l'avvento di Internet?

 

Perché non ricordo giochi tipo 1968: flowers in guns.

Bell'articolo e proposte di gioco interessanti. Grazie.

Gran bell'articolo.. Mi raccomando, nel 2122 aspettiamo quello su questo secolo...

I giochi non sono il mio genere, ma l'articolo è molto approfondito e ben argomentato!

Articolo stupendo.. dal quale traspare la passione per la storia dell'autore.. complimenti!

@ Signor Darcy

Curioso il numero di like che ha ricevuto la tua battuta. Il mio commento in realtà non era una critica rivolta a te, ma era riferito a chi lavora in ambito storico e di riflesso agli autori di giochi da tavolo che propongono tematiche storiche.

Ci si lamenta che escono titoli sempre sulle stesse tematiche, ma qui appare lampante come di aspetti interessanti da proporre nei giochi da tavolo ce ne sono ancora parecchi.

Però probabilmente è più semplice proporre l'ennesimo titolo sui miti di Chtulhu.

P.S.:
Scrivere un articolo sulle tematiche poco o per nulla sfruttate nel mondo ludico potrebbe aprire nuovi orizzonti.

Elijah scrive:

@ Signor Darcy

Curioso il numero di like che ha ricevuto la tua battuta. Il mio commento in realtà non era una critica rivolta a te, ma era riferito a chi lavora in ambito storico e di riflesso agli autori di giochi da tavolo che propongono tematiche storiche.

Ci si lamenta che escono titoli sempre sulle stesse tematiche, ma qui appare lampante come di aspetti interessanti da proporre nei giochi da tavolo ce ne sono ancora parecchi.

Però probabilmente è più semplice proporre l'ennesimo titolo sui miti di Chtulhu.

P.S.:

Scrivere un articolo sulle tematiche poco o per nulla sfruttate nel mondo ludico potrebbe aprire nuovi orizzonti.

L'avevo intuito. Del resto viviamo in un'epoca dove non si riesce più a pubblicare nemmeno Puerto Rico, quindi il ricorso a Cthulhu immagino sarà una strada sempre più battuta.

Resto comunque abbastanza convinto del fatto che l'oggetto di studio per un creatore di giochi da tavolo storici possa difficilmente fare a meno dell'aspetto bellico, anche solo per l'aspetto delle "fazioni": il Novecentonè tra le altre cose il secolo della relatività, della comprensione atomica, dei grandi musical, tutti campi che farei fatica a inquadrare in un gioco da tavolo, onestamente.

Gran pezzo! 

 

Ioria74

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