Tra quelli che ho giocato il primo capolavoro da citare è Le Havre. Non fatico a ritenere tali, nel loro genere, anche Pandemic e Dixit.
Nella lista non vedo un gioco degno di nota come Planet Steam, ottimo titolo di speculazione.
Al pari del 2007, il 2008 è ricco di spunti e contribuisce al proseguimento dell'epoca d'oro dei giochi da tavolo, con alcune punte di diamante.
Per chi si fosse perso il primo articolo, in cui sono spiegati i criteri con cui vengono redatti tutti gli altri, lascio qui il link, in modo tale che uno possa andare a recuperare l'introduzione e farsi un'idea.
In breve si tratta di selezionare i giochi migliori senza barriera alcuna, da quelli per bambini ai wargame per grognard, di anno in anno, con una sola discriminante tra quelli proposti in lista: una soglia che divide i capolavori dai giochi "solo" ottimi.
Eccolo qui, possiamo dire senza paura, uno dei giochi più influenti mai fatti. Dominion prende le carte e le toglie dai ruoli classici a cui erano relegate nei giochi (azioni, eventi), per “inventare” il deck-building che si fa durante la partita, partendo da un mazzo base uguale per tutti e poi scegliendo come personalizzarlo con continui acquisti da un mercato comune. I giocatori in questo modo differenziano le strategie tra loro, ma anche partita dopo partita, date le innumerevoli combinazioni possibile per il mercato, esponenzialmente aumentate dalle successive espansioni.
Dominion non si ferma però qui: le carte che danno punti vittoria non hanno una funzione attiva nel gioco: inserirle nel mazzo troppo presto significa appesantirlo, pregiudicandone il buon funzionamento. Occorre quindi prendere il giusto tempismo per far girare bene il tutto.
Si dice spesso, non a torto, che Le Havre sia il piazzamento lavoratori più essenziale mai prodotto; e in effetti ogni giocatore di lavoratore ne dispone di uno solo, anche se mangia per quattro. Il regolamento è davvero semplicissimo: ogni turno è costituito infatti da una breve fase di gestione delle risorse comuni e da una singola azione, sul tabellone oppure sfruttando il lavoratore su una carta qualsiasi. Sono proprio queste ultime a fare poi il gioco, permettendo la gestione di ben sedici diverse risorse (diciassette se contiamo anche i franchi). A fine round, come detto, bisogna sfamare il lavoratore, e qui possono essere dolori.
Gioco che dà il meglio di sé in due, massimo tre giocatori, pena il prolungarsi in eterno della partita, Le Havre contende ad Agricola lo scettro di miglior gioco di Uwe Rosenberg, uno che di bei giochi quando vuole se ne intende.
Una licenza azzeccatissima e valorizzata fino in fondo con le meccaniche scelte. Il gioco gira intorno alla gestione della flotta, con problemi messi in evidenza da carte estratte, che propongono diversi modi di risolverli e chiedono ai giocatori di interagirvi, giocando carte coperte di diversi colori e valori, a simulare le caratteristiche dei personaggi interpretati e le loro...energie attuali (la loro mano di carte). Fra i giocatori possono esserci interessi e obiettivi diversi a spingerne alcuni (cylon o simpatizzanti) ad agire da sabotatori usando colori non utili a risolvere i problemi affrontati. Alcuni problemi sono poi più fisicamente rappresentati da miniature di astronavi nemiche di vario tipo da affrontarsi più fisicamente con caccia e cannoni o seminandole con un talvolta pericoloso salto nell'iperspazio. Non manca così la parte di azione, ben integrata al normale flusso di gioco. Numerose espansioni e una recente riambientazione a "stile Lovecraft" ne testimoniano il suo mai tramontato successo.
Nasce uno dei brand più noti e longevi nel campo dei collaborativi. Pandemic ha un’idea molto semplice: prendere un mazzo di carte Città che faccia espandere quattro malattie in giro per il mondo. Il mazzo è però in parte prevedibile ed i giocatori sono chiamati a gestire una corsa contro il tempo tra il contenimento dell’infezione e la ricerca della sua cura definitiva, che è poi la condizione di vittoria. Sbilanciarsi troppo da una parte o dall’altra porta spesso alla sconfitta.
La forza di Pandemic sta nel poter essere giocabile anche in famiglia, ma di avere un livello d’interesse alto anche per giocatori abituali, grazie anche al livello di sfida modulabile e ai calcoli probabilistici che sottende.
Numerose, negli anni a venire, le espansioni, tra cui raccomandata Sull’Orlo dell’Abisso e gli spin-off, tra cui ricordiamo Alta Marea e La Caduta di Roma.
Nel lontano 1977 un gruppo di giovani autori dopo aver stilato una lista di tutti i difetti di game-design esistenti decide di porsi un obiettivo: vedere se fosse possibile creare un gioco che li incorporasse tutti. E fu così che la Eon Games pubblicò quel cafolavoro imperituro di Cosmic Encounter, la più famosa royal rumble spaziale che ad oggi vanta un’infinità di edizioni e può fregiarsi di esser stata la fonte di ispirazione di Magic The Gathering, diamante del buon Garfield.
In Cosmic Encounter i giocatori vestiranno i panni di razze aliene che se le danno di santa ragione con l’unico scopo di essere i primi a fondare 5 colonie nei pianeti avversari. La struttura di gioco è semplice: un mazzo del destino identificherà il giocatore attaccante e il difensore. Seguendo l’ordine di turno si potrà patteggiare per l’una o l’altra parte mandando astronavi in supporto. Simultaneamente i due contendenti selezioneranno segretamente una carta attacco o negoziato e si riveleranno per vedere chi dei due avrà vinto lo scontro o stipulare un accordo. In caso di vittoria l’attaccante vincitore e i suoi alleati potranno insediare una loro colonia nei pianeti avversari, oppure il difensore e i suoi alleati potranno pescare carte. Comunque sia qualsiasi fosse il perdente perderà per sempre tutte le astronavi coinvolte nel Warp, un enorme sciacquone cosmico.
Semplice no? No. Tutto quello che ho appena detto verrà completamente stravolto dai poteri completamente folli delle razze aliene: dalla razza Specchio che inverte i valori numerici delle carte attacco, al Perdente che vince…se perde; dallo Zombie che fa tornare in gioco le sue astronavi sconfitte dal Warp, al Gambler che può imbrogliare sui valori di carte giocati.
Carte sbilanciate, poteri ingiusti, bastardate non-sense. Tutto quello che il buon game-design moderno aborra; ma Cosmic Encounter se ne frega e resta ancor oggi il miglior party-game spaziale mai creato.
Quando ancora le app neanche esistevano, Vlaada Chvàtil se ne esce con un gioco collaborativo da fare in tempo reale con l’ausilio di… un CD. I giocatori impersonano i membri dell’equipaggio di una nave spaziale spedita in avanscoperta nei quadranti più pericolosi della galassia. Ogni giocatore, a seconda di ciò che dice la traccia audio, dovrà programmare davanti a sé una striscia di carte azione per fronteggiare minacce e guasti che rischiano di far esplodere la navicella. Il tutto in pochi minuti di tempo, col ritmo incalzante della traccia audio che scorre e la necessità di assoluta coordinazione con i compagni, pena una fine ignominiosa.
A distanza di anni, è ancora oggi uno dei migliori collaborativi puri e sicuramente uno dei più ansiogeni e tesi, evitando anche il problema del giocatore dominante, considerando che ciascuno ha già un sacco di problemi ad amministrare le sue azioni.
Un party game che ha segnato la storia del gioco. Partendo da fantasiose e bellissime immagini surreali, un giocatore deve dare una definizione, che può essere una parola o anche solo una singola frase. Gli altri selezioneranno segretamente, dalla loro mano, un’immagine adatta. Poi tutte vanno mescolate e lo scopo sarà far indovinare l’immagine giusta solo a pochi, perché se la indovinano tutti o nessuno, chi ha dato la definizione non prende punti.
Dixit ha dato il via a tutta una serie di giochi basati sulle immagini e sulla fantasia, ma rimane ancora oggi uno dei più validi party game in questa tipologia.
Nel 1997 la Avalon Hill decise di capitalizzare il successo del nuovo sistema card driven-point to point dopo il successo di Annibale e commissionò a Simonitch e Berg un multiplayer ambientato dopo la morte di Alessandro il Grande che avesse come tema le lotte tra i suoi Diadochi (all’inglese Successors). Era ormai un gioco rarissimo da trovare quando nel 2008 venne ristampato con modifiche e miglioramenti da parte della GMT.
Si tratta di un wargame leggero, asimmetrico, controllo territorio e condizioni vittoria variabili. Diverso dagli altri giochi con meccanica analoga per avere una fase di movimento dei generali fissa e non dipendente dalle carte.
Scopo del gioco è determinare chi regnerà sull’Impero di Alessandro, ci si può riuscire in tre modi diversi: legittimazione istantanea a 18L, che si ottiene accasandosi con le donne della famiglia reale e controllando i parenti di Alessandro, ognuno dei quali fornisce punti Legittimazione, ma soprattutto seppellendo la salma di Alessandro nel luogo deputato (10L); reggenza, ovvero controllare l’erede al trono al turno giusto ed essendo il Diadoco con il maggior numero di punti vittoria + punti legittimazione; punti vittoria, vittoria istantanea al livello previsto per ciascun turno, oppure a fine partita essere quello che ha più punti vittoria. Solo il giocatore con più punti vittoria (Usurpatore) può essere impunemente attaccato dagli altri, se attaccherete un altro Diadoco perderete punti legittimazione e soprattutto la protezione che vi offre lo status di Campione.
All’inizio del gioco due Diadochi vengono assegnati casualmente ad ogni giocatore ed ognuno di loro ha un diverso esercito e posizione geografica, abilità specifiche e una diversa capacità di marcia e di combattimento. I punti vittoria salvo casi speciali (Ellesponto, flotte) sono forniti principalmente dal controllo delle varie provincie dell’impero che devono essere conquistate area dopo area salvo quelle che avete all’inizio. Per svolgere il proprio compito i giocatori possono usare i Diadochi oppure generali minori, negli ultimi due turni è possibile far entrare in gioco anche un terzo Diadoco per ogni fazione.
Il gioco ha un setup estremamente variabile che cambia e rende ogni partita diversa. Sfortunatamente a volte si registrano combinazioni particolarmente sfavorevoli, ma è un aspetto peculiare del gioco, bisogna conviverci e fa parte del suo fascino. Ricordate che nulla è perduto e che ogni Diadoco porta l’anello di Alessandro nello zaino.
Le battaglie sono in un certo senso deterministiche in quanto ogni dado tirato per un valore più basso dell’abilità in battaglia del generale viene automaticamente modificato al valore di questa, le perdite inflitte sono in ragione della forza del proprio esercito, e soprattutto sono bagni di sangue in cui eserciti possenti si sciolgono come neve al sole. La disperazione per il giocatore è in agguato. Gli assedi sono una faccenda lunga ma fondamentale.
Si tratta di un titolo perfettamente ambientato in cui le regole speciali e le carte vi consentiranno di rivivere le guerre dei Diadochi.
Il gioco non scala benissimo e dà il suo meglio in 4 o 5 (con l’espansione o la quarta edizione) anche se è possibile giocare in 2 o 3. La durata è importante anche se variabile e l’esperienza insegna che è possibile vincere fine dal terzo turno. Se arriverete al quinto turno riuscirete a finirlo in una serata solo se tutti sono giocatori veloci. Con pensatori al tavolo e quattro o cinque turni mettete in conto un pomeriggio lungo o due serate.
L’anno scorso è stato ristampato dalla Phalanx in una quarta edizione migliorata e lussuosissima che vi consente di giocare fino a cinque per contendersi l'impero del Grande Macedone. Localizzazione italiana a cura di Pendragon molto ben fatta.
Uno dei solitari più atipici mai creati. Wargame tattico estremamente immersivo e simulativo con mappa modulare costituita da carte che evidenziano punti di interesse tattico del territorio, e un sistema card-driven che integra prove di azione, fuoco, danni e randomizzazione di scelte, tutto in un unico mazzo di carte. Il sistema di FoF rilegge in chiave qualitativa la nozione di attacco tramite il concetto di “volume di fuoco” e sottolinea il fenomeno dell'"attrito del comando”: nella scala gerarchica che struttura la compagnia che occorre guidare in missione, più si è distanti dal centro di comando, meno gli ordini risultano efficienti. L’assenza di impulsi o fasi di fuoco negli scontri rende la caoticità e il continuum dell’azione tattica. Regolamento lacunoso, colmo di gergo militare, praticamente già dalla comprensione vi sembrerà di strisciare nel fango del campo di battaglia, ma esperienza di gioco piena e appagante. Richiesta molta dedizione e amore per il dettaglio tecnico.
----- SOGLIA DEL CAPOLAVORO -----
Probabilmente il piazzamento lavoratori più accessibile anche ai casual gamer, tanto da essere considerato un vero e proprio classico, Stone Age mette i giocatori alle prese con la gestione di una tribù preistorica, tra necessità di procacciarsi il cibo, costruzione di edifici rudimentali, collezione set di attrezzi e di carte punteggio. Degna di nota (e, in qualche caso, di critica ingiustificata) la meccanica di raccolta, legata ai dadi: se ne lancia uno per ogni lavoratore piazzato e si ottiene una risorsa ogni certo numero di punti, dai due del cibo ai sei dell’oro. Semplice ed efficace, come del resto il gioco stesso, che in questo modo compensa una longevità magari non eccezionale.
Chi mai potrà considerare un gioco di corsa coi cani da slitta? È invece un vero capolavoro di originalità che, con poche carte gestite in set da tre modificabili solo giocando un nuovo numero alla volta e una pista segmentata in modo particolare e con "limiti di velocità", mette in campo una corsa dove pare di sentire lo slittamento da forza centrifuga a ogni curva, la pressione dei piedi (o la mano? Mai guidato una slitta con cani) del pilota sul freno, dove si sente la disperazione della slitta portata al limite dell'incontrollabilita che abbatte alberi o punta quella di un rivale per trovare modo di smorzare il proprio eccessivo slancio. Insuperato.
Uno degli LCG più tecnici mai realizzati. Nel Trono di Spade ciascuno compone il proprio mazzo utilizzando una casata di Westeros (o più di una) e carte neutrali. Lo scopo è arrivare per primo a 20 punti potere, ma gli scontri sono di tre tipi: per uccidere personaggi in campo, per far scartare carte e all’avversario e per ottenere direttamente potere. Il giocatore ha anche, assieme al classico mazzo personale di 60 carte, da cui pesca la mano, un mazzetto di 7 carte Plot, che sceglie di turno in turno e che ne dettano la strategia per tutta la partita.
Molto controllabile, tecnico e particolare, è stato uno degli LCG competitivi più apprezzati degli ultimi anni. Nel 2015 esce la seconda edizione, aggiornata e rivisitata.
Un piccolo gioiello di economia che, con semplice meccanismo, rispecchia le leggi di mercato della domanda e dell’offerta. I giocatori vestono i panni di investitori finanziari che hanno a che fare con nove materie prime. Possono comprarle o venderle, sempre al prezzo corrente, con lo scopo di far fruttare i propri investimenti. Saranno poi gli investitori stessi a determinare l’andamento sul mercato di tali bene, giocando delle carte positive o negative per ogni bene, con il limite, però, di aver accesso alle informazioni contenute solo sua una parte delle carte in gioco e non su tutte. Il tocco finale è dato dalla meccanica che esclude dalla possibilità di vincere chi è stato più avido, ovvero chi ha accantonato meno soldi per i propri finanziatori.
Una simulazione semplice, intelligente e cattiva del mercato azionario.
Si ringraziano per i contributi: sinclair, s83m, Il Signor Darcy, linx, Peppe74, Rosengald, Iugal, Gen0, Pennuto77, dave2306, cosarara, dimarco70, Fabio Cambiaghi
Tra quelli che ho giocato il primo capolavoro da citare è Le Havre. Non fatico a ritenere tali, nel loro genere, anche Pandemic e Dixit.
Nella lista non vedo un gioco degno di nota come Planet Steam, ottimo titolo di speculazione.
Per me Le Havre indiscusso numero 1.
Tra i nn citati mi sono piaciuti:
Confucius
Il nome della Rosa
Tinners' Trail
Comuni
Planet Steam
Wealth of Nations
Steel Driver
Sator Arepo Tenet Opera Rotas
Kamisado
Zack & Pack
Menzione speciale x Container the second shipment che porta il gioco ad un livello superiore!
Le Havre secondo me è il capolavoro di Rosenberg...lo preferisco ad Agricola.
sapete se per caso è prevista una qualche ristampa di Le Havre?
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