Complimenti Sir Alric, bellissima recensione.
"Ho bisogno di una nemesi, altrimenti mi distruggerò. E di una nemesi non nell'infinito, chissà dove e chissà quando, ma qui, sulla Terra, che la possa vedere anch'io". (Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov).
L'essenza di molti eroi è definita dalla loro natura, dalle motivazioni che li muovono e dalle caratteristiche che li rendono unici. Condizioni disperate o estreme mettono alla prova questi paradigmi, costringendoli a conoscere i propri limiti e a superarsi, superandoli. Di solito questo avviene attraverso il confronto con l'operato di un agente adeguato, personificato nella fattispecie da un temibile figlio di buona donna, o per meglio dire la propria nemesi.
Sherlock Holmes, maestro di logica deduttiva, ha nel machiavellico Professor Moriarty la propria nemesi. He-Man, depositario dei poteri ancestrali del Castello del Teschio Grigio, ha nella perpetua e crudele ambizione di Skeletor la propria nemesi. Per Batman, paladino della giustizia forgiato dal contrasto tra una culla dorata e il sangue che l’ha indelebilmente macchiata, la nemesi è l'entropica e imprevedibile astuzia del Joker. E qual è la nemesi del potente Sir Alric Farrow, una vita passata a fare crawler nei dungeon, campione di spada, pugna e sotterranei? Semplice. I cubbbetti e i giochi coi cubbbetti. Due mondi divisi come cielo e terra, come i mari e le fiamme.
Eppure, per temprare una spada invincibile occorrono fuoco ed acqua.
Eppure, in natura esiste, infinito alla vista, il filo dell'orizzonte.
Il tenebroso Sir Alric oggi condivide con voi le proprie impressioni riguardo il gioco che si è preso stabilmente il tavolo degli eroi da quando è arrivato nella mia magione. Non v'è stato un giorno, uno solo, senza almeno un po' di Chronicles of Drunagor da quando mi è arrivato.
Premesse sulle impressioni
Nato come giocatore da tavolo ai tempi di Heroquest, penso di aver giocato Advanced Heroquest e il primo Warhammer Quest più degli stessi autori. Dai tempi di Space Hulk, fino a Jaws of the Lion, Sir Alric li ha provati tutti i giochi di un certo tipo. Come dico spesso, ho mandato in pensione, anticipata e non retribuita, più cattivi dei dungeon crawler (e affini) io col mio maglio che la previdenza medievale. Unica eccezione, Bloodborne, perché ho promesso ad un fratello di spada di giocarlo con lui a fine estate nella versione in lingua italiana.
Un guerriero respira, onora un proprio impegno, espira, abbatte un mostro. Senza sosta. Senza esitazione. Senza dubbi. Magari ci vorrà tempo. I mulini a vento degli Dei macinano lentamente, ma molto molto finemente.
Veniamo a noi. Come capire il valore delle impressioni e i parametri dell’imponente Sir Alric? Il suo gioco preferito di questo genere è Gloomhaven. Ho giudicato molto degni anche Conan della Monolith (per la meccanica dell’energia e per la resa di alcune dinamiche d’azione), Gears of War (per l’intelligenza artificiale) e il già citato Jaws of the Lion.
I giochi ai quali ho dedicato più ore in assoluto sono la prima e la seconda edizione di Descent - Viaggi nelle Tenebre. Questione di fede. C’è chi è ateo, chi credente. Io sono descendente. Delle loro lacune e di come sono invecchiati si può parlare tranquillamente, in maniera matura, civile. Poco prima di essere gettati nelle segrete del mio castello.
Sono stati apprezzati moderatamente, al netto di vari difetti, Sword & Sorcery, Assalto imperiale, Blackstone Fortress, Perdition Mouth, Forbidden Fortress (e Shadows of Brimstone), Darklight. Ma non hanno meritato un posto nella Sala degli Eroi.
A Castel Farrow non è stata gradita la presenza di Dark Souls, Dungeon Saga, Warhammer Quest - Silver Tower, Massive Darkness, Mice & Mystics. Via, lontano dalle nostre mura!
Non sono stati citati tutti, bensì solo quelli che sovvenivano alla mia mente nel tempo di un boccale di sidro, tanto perché ciascuno possa tarare le impressioni che seguono sulla base di gusti simili o meno.
Infine, è giusto dire che ho provato solo il gioco base de Le Cronache di Drunagor, più le due espansioni Il Deserto di Sfregio-Inferno e il Drago NonMorto. Niente Luccanor, niente aggiunte, nient’altro.
Le Cronache di Drunagor, l'era dell'oscurità
(breve, ma mica tanto breve, panoramica sul gioco in due parole, o forse ventimila parole, per chi non lo conoscesse).
Trattasi di gioco da tavolo, di genere dungeon crawler con miniature, completamente cooperativo e per un numero di giocatori compreso tra 1 e 5, incentrato su combattimenti tattici ed esplorazioni, su mappe composte da tessere divise in caselle a quadretti, progressivamente rivelate durante l’incedere dei protagonisti. Esiste una modalità competitiva, ma è solo una variante sviluppata in maniera non approfondita. I nemici degli eroi saranno gestiti da un sistema di intelligenza artificiale. Non richiede applicazione, né strumenti tecnomantici di altro tipo. Può essere giocato in forma di partita singola, ma è stato concepito per dare il suo meglio giocando una campagna che lega molti scenari uno dopo l’altro.
Cosa contraddistingue in maniera più spiccata codesto gioco da altri di genere simile? Secondo me sono sei aspetti:
- (I) il meccanismo dei cubbbetti azione;
- (II) scenari a tre dimensioni, con mappe che si sviluppano su più livelli, e porte rivelatrici;
- (III) l’eroe, definito da una combinazione di identità, classe e ruolo all’interno del gruppo;
- (IV) il tracciato dell’Iniziativa;
- (V) il ruolo svolto dall’Oscurità;
- (VI) il libro delle interazioni.
(I) Il meccanismo dei cubbbetti azione e le condizioni di sconfitta
(ovvero, la sintesi di Sir Alric, questa sconosciuta)
I malvagi cubi che in altri giochi rappresentano noiosi lavoratori, raccolti di grano, fasci di legname (che se occupi il siniscalco delle questioni del volgo!), qui vanno a rappresentare le epiche azioni degli avventurieri sotto il vostro controllo. Probabilmente la scelta dei cubbbi, al posto di lucide gemme affini ai tesori dei dungeon, o di token medievaleggianti, è stato un deliberato affronto da parte della casa produttrice brasiliana nei confronti di Castel Farrow. Qualcuno l’ha pagata cara per questo. Ovvero il “nemico finale” della campagna, sul quale ho sfogato la mia acredine. Non sul drago non-morto. Per quello non è stato necessario molto livore, purtroppo…
Comunque.
In ogni turno ciascun eroe può compiere tre azioni. Una è un movimento "gratuito", di tre caselle, che può essere eseguito tanto ortogonalmente, tanto in diagonale. Le altre due richiedono la spesa di un cubo cadauna, a scelta tra quelli a disposizione del vostro eroe. I cubi sono di diversi colori: quelli gialli sono dedicati agli attacchi in mischia, alla resistenza e alla forza fisica, quelli rossi agli attacchi a distanza, alla mira e alla precisione, quelli verdi al dinamismo, alle evasioni, alle acrobazie e all’agilità in genere, quelli blu alla saggezza, al misticismo e alla sfera mentale del vostro personaggio. A grandi linee e con eccezioni. Vi sono altri colori legati a casi specifici. Ovviamente diversi eroi avranno una diversa disponibilità di cubbbetti. Come potete immaginare, il personaggio scelto da Sir Alric era più giallo del sole.
L’azione associata allo spazio cubo appena occupato verrà immantinente eseguita e poi resterà bloccata finché quel cubo non verrà rimosso. Ciò tipicamente accade quando l’eroe compie un’azione (gratuita, non costa cubi) di recupero: lo deve fare obbligatoriamente quando resta senza cubi a disposizione ma può farlo anche prima, se giudica la propria dotazione non adeguata alla situazione che sta affrontando (deve avere non più di due diversi colori di cubi nella riserva). Li riporta quindi tutti nella riserva, rifiatando. Ma in quel momento acquisisce un cubo nero (o più d’uno, in certi casi come quando si giocano le avventure singole), maledetto e pregno di tenebra, che deve porre su una delle proprie abilità, bloccandola.
È la rappresentazione dell’Oscurità che va a corrompere l’eroe man mano che perde lucidità e che le sue difese interiori aprono pericolose brecce. È possibile rimuovere cubi neri con azioni speciali legate alla purificazione dalle forze oscure, alla meditazione o alla propria forza d’animo, ma non è un qualcosa di banale o scontato. L’altro meccanismo che va a bloccare gli spazi azione sono i cubbbetti viola: nel momento in cui un eroe perde tutti i suoi punti vita, deve acquisire un cubo viola Trauma che deve giustappunto collocare su una delle proprie abilità. Rappresenta le gravi ferite che ne limitano l’azione. Tuttavia, seppur parzialmente limitato e sofferente, continuerà l’avventura.
Cubi neri e cubi viola costituiscono anche la condizione di sconfitta per gli eroi. Se un eroe arriva a possedere sei cubi neri, o se un eroe che ha già un cubo viola vede nuovamente azzerarsi i propri punti vita, il gruppo perde lo scenario. Le condizioni di vittoria invece sono correlate allo scenario stesso e molto spesso si scoprono giocandolo.
Alcune azioni-effetti sono delle reazioni, attivabili al di fuori del proprio turno: ad esempio un eroe può schivare un attacco, riducendo il danno subito, contestualmente spostandosi. Anche la protezione fornita dalle armature viene attivata in codesto modo.
Vi sono poi abilità/azioni di colore grigio, tipicamente legate a effetti passivi. Inoltre, una buona parte delle azioni non richiedono un cubetto di un singolo colore specifico, ma permettono di collocarne uno a scelta tra due o più colori (comunque indicati nella zona di attivazione dell’azione stessa), ampliando le opzioni tattiche di ciascun avventuriero.
Ogni eroe ha poi delle capacità speciali, dette focus: durante il gioco è possibile “concentrarsi” e preparare quell’azione speciale, aggiungendo appunto un gettone focus ogni volta. Durante il turno dell’eroe sarà possibile scartare un numero di gettoni focus pari al numero indicato da una delle proprie capacità di quel tipo per attivarla automaticamente, in aggiunta alle altre azioni facenti parte della propria attivazione. Ci si prepara quindi durante le fasi più tranquille, per poi dare il meglio di sé o prodursi in manovre spettacolari successivamente.
È possibile usare i due cubetti del proprio turno anche per muoversi una seconda o addirittura una terza volta. Vi sono poi tutta una serie di azioni minori, eseguibili gratuitamente, ma non più di una volta a turno, per ogni tipologia d’azione stessa: scambiare oggetti, aprire forzieri (c’è un dado specifico che ci fa capire se accade qualcosa di brutto nel farlo), aprire porte, esplorare punti di interesse. Alcune di queste possono essere eseguite solo se non siamo ingaggiati da un nemico. I nemici vanno abbattuti prima. Sempre. Trattasi di questione igienica e socialmente utile. Siate virtuosi e impartite loro l’unica lezione che sanno comprendere: un braccio forte, un maglio pesante.
È anche possibile che qualcosa provochi in noi un affaticamento, che comporta il dover rinunciare temporaneamente ad un cubbbetto fino al momento in cui li recupereremo nuovamente tutti.
(II) Gli scenari a tre dimensioni e le porte rivelatrici
La mappa viene rivelata progressivamente attraverso l’apertura delle porte; quest’ultime sono costituite da foglietti di carta abilmente ripiegati a mostrar la foggia d’antica soglia; ma all’apertura della porta, il foglietto-porta verrà spiegato e aperto, rivelando un breve testo per descrivere come prosegue la storia, la mappa della zona successiva con posizionamenti di nemici e dettagli, le regole speciali per quell’area oltre a varie ed eventuali.
Le porte sono numerate e specificamente legate agli scenari, ma presentano un codice a s-barre (le segrete stavolta non c’entrano) tecnomantico che permette di collegarsi al mare della rete, venendo reindirizzati ad una versione alternativa di quella medesima area. Metti che vuoi rigiocare la campagna dopo millemila scenari (diciotto) e ti ricordi ancora tutto. Quindi codeste porte diventano un frammento, delocalizzato, del manuale delle avventure.
(III) Eroe, classe e ruolo
(IV) Il tracciato dell'iniziativa
L’ordine di turno non viene scelto casualmente, non riguarda il senso orario, non è intervallato in maniera regolare o alternata tra avventurieri e nemici. Le Cronache di Drunagor presenta un tracciato, nella forma di una lunga barra orizzontale componibile, che mette in sequenza e sempre nello stesso ordine gli eroi in base al loro ruolo all’interno del gruppo: prima gioca il Difensore, poi il Condottiero, a seguire il Controllore, il penultimo è il Supporto e infine tocca all’Aggressore. Sempre e comunque.
Resta inteso che i turni di attivazione di ruoli che non sono stati scelti (con quattro o meno eroi in gioco) vengono semplicemente saltati. Quando i nemici entrano in azione e vengono collocati sulla mappa, è la loro carta a indicare tra quali ruoli degli avventurieri vanno collocate le rispettive posizioni di attivazione. Il tracciato dell’Iniziativa vede anche posizionati su di essi degli indicatori di effetti speciali che vengono man mano attivati durante l’avventura: le Rune, pescate dall’apposito sacchetto quando lo scenario lo richiederà.
(V) L'Oscurità
L’Era dell’Oscurità. Non un mero sottotitolo d’effetto, bensì una chiara indicazione del tema che emerge e diviene ben concreto anche grazie alle meccaniche: i cubi neri, maledetti, acquisiti quando si effettua un recupero dei cubbbetti usati, pian piano corrompono l’eroe, avvicinandolo a una delle due condizioni di sconfitta. Poi vi sono le inquietanti tessere Oscurità: esse vanno a ricoprire parte del suolo durante le avventure, danno una sensazione di tenebra viva et presente, andando a seguire gli eroi, accompagnano il loro cammino e trasmettendo un'impressione palpabile, concreta, di come il male stia prendendo il sopravvento in questo regno in pericolo.
L’Oscurità danneggia gli avventurieri che camminano al suo interno. Esserne avvolti o averla vicino, va ad aumentare il danno inflitto dai mostri e diminuisce le possibilità degli eroi di andare a segno con i propri colpi. Molti temibili antagonisti vengono potenziati dall'Oscurità. Ricordate, compagni d’arme: non v’è peggior nemico d’uno, oscuro ed evanescente, privo d’un corpo che voi possiate percuotere col vostro maglio. Ma se l’Oscurità in Druganor è il Male, voi eroi e il vostro rintracciarne l’origine, sarete la Cura.
(VI) Il libro delle interazioni
Queste interazioni presentano un’immagine spesso evocativa o d’effetto, con una gamma di possibilità tra le quali tra le quali potremo scegliere cosa fare e a che pagina andare a leggere le conseguenze, in puro stile iper-testo (o storia a bivi): alle volte saranno richieste delle prove tra le più disparate, come di forza, agilità o intelligenza, per le cui probabilità di riuscita, oltre a un fattore aleatorio ad ampio spettro di varianza statistica (tira e prega), conterà anche quanto si è versati in quella tipologia di interazione ovvero quanti cubbbetti possiede il nostro eroe di un determinato colore.
Le impressioni del Prode Sir Alric
Drunagor è un gioco spettacolare e bello a vedersi. Vi piacerà.
E come funzionano poi, a livello di regole? Se sei più in alto hai il 10% in più di colpire qualcuno che si trova più in basso. Pochino, ma il peggio è che accade raramente di trovarsi in questa situazione. Va bene, ma il movimento? Spostarsi dall’altezza "0" all’altezza "1" di una mappa non comporta penalità. Ugualmente dal livello "1" al livello "2". Va bene, ma se invece voglio passare direttamente da altezza "0" ad altezza "2" sto praticamente scalando una parete alta quanto il piano di un palazzo, sicuramente avrò ardue difficoltà… uh, no. Richiede solo il costo di una casella aggiuntiva di spostamento. In un gioco in cui un personaggio si muove gratuitamente di tre caselle a turno, e se vuole impegnarsi può arrivare a nove, il passaggio tra due livelli di altezza estremamente diversi penalizza quanto un colpo di tosse.
Ad agosto esce Descent - Leggende delle Tenebre che, pur richiedendo un’applicazione, quando sei su scale, ponti sospesi e in equilibrio precario, di cose spettacolari e significative ne fa accadere diverse. E non è un gioco che si basa solo su quello.
28 anni dopo.
Drunagor è un’opera del brasiliano Creative Games Studio. Drunagor è stato consegnato mediamente dieci settimane dopo la data di consegna indicata. Che, in ambito di kickstarter, è quasi come spedire il gioco in anticipo. Ambiziosi, creativi, promettenti, veloci. Va considerato perché è veramente degno di menzione.
Peccato per qualche piccolo dettaglio. Chissà se qualcuno, quando sono state progettati i vassoi porta token, ha provato mai a verificare se i token vi entrassero davvero tutti e bene. Chissà, chissà. Qualcuno avrà mai provato a riporre, anche solo una volta, le tessere Oscurità, nei vani preposti? No? Nessuno si è accorto che non c’entrano?
Sicuramente erano febbrilmente occupati in attività di revisione e playtest. Nel frattempo, qualcuno del loro staff, sicuramente spinto da giullaresca simpatia, progettava le dimensioni delle scatole del gioco. Belle, sono belle. E uniche. Nel senso che ciascuna ha dimensioni sue. Ma l’arte non la puoi imbrigliare, l’arte non la puoi chiudere nell’armadio ordinatamente, va messa in mostra nella sua ispirata disorganicità. Una soluzione possibile sarebbe gettare le scatole, coi loro bei disegni, e mettere tutto in un forziere.
Non si sono presi nemmeno una settimana in più, consci che il gioco era già perfetto. A parte qualche sottigliezza. Qualcuna. Apri una certa porta, leggi il foglietto e capisci che le informazioni contenute sono sbagliate. Ti colleghi al mare della rete (col rischio di spoilerarti una campagna lautamente pagata), scoprendo che altri hanno già scritto, su BGG o altrove. E lì, di là, ovunque, c’è un educatissimo “CreativeGameStudio Customer Service Representative” che scrive: “Ciao a tutti, come state? Effettivamente la porta va interpretata come ha scritto poco prima di me quel bravo giovine, non come abbiamo scritto noi sul mitico foglietto porta che vi abbiamo spedito”.
Succede. Pure Mage Knight ha avuto le sue carte sbagliate.
Poi incontri un’interazione sul mitico libro delle interazioni. Fai la tua scelta. Ti ritrovi in un anello cieco della storia. Non se ne esce. Allora torni nel mare della rete (col rischio di spoilerarti una campagna lautamente pagata), e c’è già la discussione pure su questo. Ed è ancora lì, messer cortesia: “Ciao a tutti, come state? Effettivamente il paragrafo da leggere lo ha capito perfettamente il giocatore che ha scritto prima di me. Seguite quello che ha detto lui (qui su questo sito non nostro e non ufficiale del gioco), non il paragrafo del libro interazioni che avete pagato e che vi abbiamo spedito noi".
Chi ha giocato da tavolo per anni sa che queste cose possono accadere.
Poi seguono le regole delle tessere oscurità. Elemento cardine del gioco. Spiegate bene, benissimo, anzi no, spiegate meglio dopo.
Una delle avventure avanzate della campagna, che se fate una certa cosa capite che non è stata testata mica con tutte le combinazioni di eroi e capacità, proprio no. Poi lo scenario della campagna del Drago NonMorto, che ne parliamo dopo assolutamente, ma che rappresenta qualcosa di indecoroso. Quello status-condizione è indicato e spiegato qui sì e lì no. La non spiegazione esplicita, a cavallo tra due avventure, che le rune e l’Oscurità andavano gestite in una certa maniera. E ancora, e ancora. Ogni volta cerco. E trovo. E c’è sempre lui. “Ciao a tutti, come state? Effettivamente avete ragione…”. Solo su BGG questa cosa appare un numero di volte tale da farmi osservare con malevole intenzioni lo spadone e la tastiera.
Drunagor. Bizzarra distribuzione delle informazioni. Avventure testate molto, ben bilanciate, provate con diversi eroi e classi, soprattutto all’inizio. Ma il playtest si è rivelato piramidale. Perché con l’avanzare della campagna, gli equilibri sfarfallano gradualmente e cominciano ad accadere cose strane: picchi di difficoltà o di facilità, a seconda di quello che avete scelto, ma estremi. Tipico delle campagne testate molto all’inizio ma solo con determinati personaggi verso il finale. Ovviamente, per scrivere questa cosa, non ho giocato la campagna una sola volta.
E poi accade l’orrore: distratto dal sidro e dalla battaglia, lascio cercare Lady Farrow, che legge uno spoiler. Lady Farrow odia gli spoiler pure nelle barzellette. Da quel momento in poi decido di scrivere il mio parere al rappresentante molto cortese. Avevo appena terminato la mini campagna del Drago. Il cui finalone è stato bilanciato dal cugino stolto di uno degli autori, e testata da nessuno.
Il rappresentante mi ha risposto, chiedendomi come stavo. Ed effettivamente ha ammesso che c’era stato qualche problema. Ma ha promesso che con l’edizione riveduta e corretta del “manuale delle regole” molto verrà risolto. In versione digitale. Nessuno ha parlato di spedirmi una versione cartacea corretta di manuale delle regole, delle avventure, della porta errata, del libro delle interazioni sbagliato. Lo capisco anche, queste sono cose che fa la Monolith e pochi altri.
Drunagor è un gioco bello a vedersi ed appagante. Vi piacerà.
Io frequento il forum della Tana solo sporadicamente, a intervalli. Eppure, mi vengono in mente i nickname di almeno una trentina di goblin, presi al volo, che testando quelle avventure si sarebbero resi conto degli errori di concetto giocandole anche una sola volta.
Si scrive playtesting e controllo qualità dei testi, si legge rispetto verso i sostenitori della campagna. Perché se miniature, immagini e presentazioni di meccaniche sono la promessa (per attirarmi), il patto, poi funzionalità delle meccaniche e playtesting accurato sono il mantenimento di quella promessa e di quel patto. Non solo del gioco base. Anche delle espansioni.
Ma loro erano al loro primo vero progetto impegnativo. E hanno consegnato rapidamente. Lo hanno fatto per non far aspettare i sostenitori, per farli giocare subito. Nessuno a Castel Farrow ha osato, nemmeno per un istante, gridare (ma dirlo con tono di voce normale sì) che la consegna in tempi rapidi era motivata dal voler lanciare in tempi brevissimi la nuova campagna della ristampa, con l'espansione finale. Speriamo che non correggano solo il manuale delle regole, con la ristampa, ma tutto. Speriamo che rivedano anche qualche scenario. Speriamo che pensino ai sostenitori della prima ora, quelli che hanno permesso al sogno di realizzarsi.
Comunque, Drunagor è un gioco soddisfacente e spettacolare.
L’importante è che al suo interno non vi aspettiate di trovare un vero e proprio sistema di Intelligenza Artificiale. Quello di Drunagor è un sistema più innovativo, più diretto: a Castel Farrow la chiamiamo Prevedibilità Artificiale.
I mostri muovono sempre prima di attaccare. Attaccano sempre dopo aver mosso. Muovono verso il nemico e lo attaccano. Attaccano sempre quello che ha più punti vita. Sempre. Se hanno un’arma a distanza e sono in mischia, prima si allontanano, poi attaccano. Insomma, attaccano. Se possono attaccare più persone, si muovono in maniera da attaccare più persone. Colpiscono automaticamente. Il danno è fisso.
Sempre così? Sempre così.
Ogni mostro? Ogni mostro.
Variazioni? Non scherziamo.
Ce n’è uno di mostro, uno. Che ha la prerogativa Cercasangue. Lui è diverso. Vuole attaccare il più debole degli eroi. Pussavia in un’espansione e mostrati poco, mostro cattivo! Rischi di complicare la questione a questi bravi giovani che vogliono pensare a governare il proprio personaggio, mica affrontare un avversario complesso e multi-sfaccettato.
Diamine.
Sono rimasto stupito dall’idiozia degli autori di tutti quei giochi cooperativi che si sono dannati l’anima nell’ultimo quindicennio per inventare sistemi comportamentali a mazzetto di carte, a carta tarocco, ad applicazioni, ad albero di casistiche, a tabella.
Non serviva tutto questo sforzo. Senza saperlo, Zombicide era un pezzo avanti. Certo, lì sono tutti zombie. Qui nemici diversi. Ma mica vorremo fare come in Gloomhaven, che la gente dopo un po’ ha buttato i mazzetti e si è affidata a un’applicazione gestionale? Giochi intelligenti, mica mostri intelligenti.
Persino un giochino leggerino come Legend of Drizzt, senza complicare le cose, aveva creato un piccolo quadro di casistiche per i suoi mostri. Una carta per tipologia di mostro, due o tre opzioni cadauno. Comunque, leggibili prima, prevedibili, senza sorprese. Deterministico. Ma con varietà e un pizzico di studio, anche poco poco, per ogni creatura. Tutto in una carta.
Le Cronache di Drunagor, nuovo fenomeno cooperativo-dungeon crawler di inizio decennio, spernacchia rumorosamente chi studia mazzi specifici e chi investe in applicazioni: dovrete pensare solo al vostro eroe: i nemici saranno numerosi e forzuti facinorosi che non faranno altro che caricarvi in maniera diretta. Non vi minacceranno mai con la strategia o con una scelta di design, tutt’al più con tanti danni, resistenza ed effetti speciali fissi.
Ma forse l’esperto Sir Alric ha capito. Forse l’obiettivo degli autori è rendere il gioco snello, rapido, lesto. Non si deve perdere tempo con la gestione mostri in Drunagor, bisogna giocare e vivere l’avventura tutta d’un fiato.
Uh, mica tanto.
Ma forse il potente Sir Alric ha compreso. Drunagor vuole essere un gioco il più deterministico possibile, limitando gli elementi aleatori o eccessivamente vari, creando una ragnatela di elementi prevedibili che diano soddisfazione anche al giocatore più teutonico e che mettano al riparo da sorprese.
Uh. Mica tanto.
C’è il dado.
A venti facce!
Si, quel dado dalla mostruosa varianza statistica, che può essere piuma un momento e ferro due istanti dopo. Non parlo dei dadi a sei facce di Cyclades, quelli con due “1”, due “2” e due “3”, che alla fine fanno vincere le guerre praticamente quasi sempre a chi era più forte. No no, proprio quell’infame poliedro che ora dice "3", ma può dire anche "18", così, in leggerezza. Il simbolo american dei giochi american. Deterministico come una Orca Cola rovesciata sul tabellone.
Ma comunque si usa poco. Solo per i tiri per colpire degli eroi. E per i test degli eroi.
Poco è meglio?
Mi sovviene alla mente una partita che ebbi modo di giocare a La Guerra dell’Anello contro un esperto di numeri, statistica e altre amenità, per me che sono esperto di spade e magli. Mentre gli entravo con i troll dentro Lothlorien, trasformando le fontane di Galadriel in una piscina per goblin, lui amabilmente mi spiegava, con una penna e un pezzo di carta che poco prima era stato un tovagliolo del ludopub La Civetta sul Comò, che nei giochi con i dadi, il fatto di avere tanti tanti tiri durante la partita rendeva più probabile che i risultati si avvicinassero alle medie statistiche rispetto ai giochi che di tiri ne prevedevano meno, e che quindi andavano più incontro alle casistiche estreme. Io annuivo e muovevo Sudroni e Mumakil verso le montagne dei nani, preso da guerra e conquista. Ma ora ho rammentato quel colloquio.
In ogni caso tira 1d20 e aggiungi un modificatore, cercando di eguagliare un valore soglia. Almeno si può dire che è una meccanica originale, fresca. Almeno quello. O no? L'avete mai vista da qualche parte?
Dicevamo che il dado non si tira sempre. Se usate una capacità magica, l’effetto è automatico, senza tiri o test. Questo è strano. In molti giochi la magia è potente, misteriosa, ma rischiosa. L’acciaio è limitato, terreno, ma fedele e sicuro. Qui la situazione è capovolta. Sulle prime mi sembrava anti-climatico. Ma apprezzo il tentativo di differenziare in qualche maniera la meccanica degli effetti magici dal resto delle azioni. Preferivo una demarcazione più spiccata ed immersiva, come quella di HeroQuest o Dungeon Saga, ma devo ammettere che alla fine questa regola funziona a dovere e dopo un po’ scorre che è un piacere.
Comunque, il valoroso Sir Alric non vorrebbe sembrare troppo polemico.
Infatti, Drunagor è un gioco divertente e presenta una lunga campagna. Vi divertirà.
L’ha scritta un esperto di giochi. Avete presente la situazione, no? Chi non ha un tizio del vicinato che il giovedì fa il master di Dungeons & Dragons e che per questo si sente un gran bardo? Ecco, questi non sono pagati per scrivere libri o articoli. Il livello è questo qui, i sacchi d’oro quelli pesanti devono andare a coprire miniature e campagna crowfunding. Che la storia sia sempre la stessa tanto lo si scopre a gioco pagato, ricevuto e giocato. Il male antico, gli eroi, il regno in pericolo. Ha sempre funzionato, finché il gioco diverte.
Certo Drunagor non fa molto per costruire una sua mitologia, un mondo pieno di flavour, una realtà in cui vi immergerete, sognando di vederne magari il film. È un simulatore di avanzata, esplorazione e botte. Bisogna muoversi rapidamente, altrimenti i cubetti neri diverranno troppi. Bisogna picchiare duro, altrimenti ci picchia la Prevedibilità Artificiale e prendiamo i cubetti viola. I personaggi vi sembreranno affetti da narcolessia, le volte in cui l’introduzione sarà: “Ti svegli e sei lì, il perché non lo sai, forse è meglio fare qualcosa”.
Va detto comunque che Drunagor è un gioco zeppo di eroi, classi e di combinazioni, sia tra loro che con i ruoli all’interno del gruppo. Vi piacerà.
A meno che non pensiate che questo possa diventare un difetto.
Le combinazioni di costruzione del personaggio sono moltissime. Questo vi rende davvero protagonisti. Avete l’eroe tizio, di classe wow, con ruolo mariuolo? Avete raggiunto la penultima missione della campagna? Ora siete i veri protagonisti. Perché state giocando ma anche perché siete forse i primi a farlo in quella maniera. Lo state testando voi quel personaggio costruito così in quella determinata missione. A meno che non pensiate che i nostri certosini autori abbiano fatto testare davvero tutte le combinazioni possibili nella maggior parte delle missioni.
Come dite? Gli eroi vi sembrano slegati a livello di motivazione dalla storia? La storia non sembra mai parlare ai vostri personaggi? Dei vostri personaggi? E come potrebbe? Come può, chi ha scritto la trama, sapere se siete Jade la paladina o Tork l’orco? Lo sapete che i giochi modulari devono mettere al centro di tutto la missione, perché potenzialmente chiunque deve essere in condizione di affrontarla.
Anche questo è vero fino ad un certo punto. Mettiamo che stiate giocando con un solo personaggio, in solitaria, o magari in coppia. Riporto come la penso sull’argomento, da un discorso fatto ai tempi per Sword & Sorcery, ma che calza ancor meglio.
Sir Alric, per quanto riguarda il fantasy in generale, ha le idee chiare ed ama dividere tutti i tipi di personaggio in due sole categorie. Nette, distinte, separate e lontane come lo sono gli antagonisti del cavaliere nero e le loro speranze di sfuggire al loro destino.
Ci sono cavalieri, guerrieri, barbari, berserker, templari. Gente fiera, diretta, essenziale, micidiale. Li riconosci perché sono i migliori in quello che fanno e perché ciò che fanno è bello e giusto: fare male ai propri nemici e sopravvivere a chi dovesse avere i medesimi propositi nei loro confronti. Pochi trucchi, poche esitazioni, poche storie: vivere è combattere e loro sono i dominatori del combattimento.
Poi ci sono tutti gli altri, quelli che il possente Sir Alric è solito chiamare, con generosità e nel rispetto del codice di cavalleria, gli scappati di casa. Gente che scassina serrature, ama libri e biblioteche, fa giochi di prestigio, evoca altri esseri per fare ciò che non sono in grado di fare da soli. Li riconosci perché non possono brandire armi enormi, perché a volte hanno le orecchie appuntite e perché costituiscono un pavido ammasso d’umanità che, nella vita, deve sempre capire come scalare e aggirare mura e difficoltà, quando la cosa più giusta è buttarle giù le mura, le difficoltà e pure tutto il resto.
In mezzo ci sono duellanti e spadaccini, artistucoli della lama convinti di avere stile se combattono con fioretti e aghi troppo cresciuti, senza sapere che quando il magrolino con lo stuzzicadenti incontra il colosso con la bipenne, il magrolino dura poco. “Infilzali con la punta” va bene al massimo in taverna con i salsicciotti dell'oste. Gli scappati di casa sono stati concepiti, agli albori del genere fantasy, per non avere soltanto il protagonista poderoso e gagliardo sulla scena. Cambia poco, le cose serie le deve sempre fare lui, ma ai cantastorie e scribacchini divertiva l’idea di circondarlo di furfanti-giullari, stregoni sapienti e poco-facenti, religiosi molto devoti e pieni di divieti.
C’è chi disinnesca trappole alle quali il vero eroe comunque sopravvivrebbe. Chi si nasconde tra le ombre quando a nascondersi dalla tua ira che tutto può travolgere dovrebbero essere i nemici. I peggiori sono i maghi, arroganti e complicati. Possono far male, più o meno quanto un guerriero. Ma se gli metti le mani addosso resistono molto meno di un guerriero e a quel punto l’arroganza scompare in un attimo.
Ecco, se giocherete tutta la campagna di Drunagor in solitaria o in coppia, io ad almeno un tizio di sostanza penserei, ascoltate Sir Alric. Che lì fuori c’è gente prevedibile ma poco cordiale: avanzano sempre, attaccano sempre, colpiscono sempre, fanno danno fisso e non ridono alle vostre battute: raccontargli che siete bravissimi a scassinare le serrature potrebbe non servire.
Parlavamo del legame tra trame e personaggi. Ad agosto esce Descent - Leggende delle Tenebre. Costa uno stonfo e ha dentro solo sei eroi, dei quali peraltro NON apprezzo molto l’aspetto e i disegni rispetto a quelli di Drunagor. Ahhhh, se la guerriera di Leggende delle Tenebre somigliasse di più alla barbara del Deserto di Sfregio-Inferno!
Dicevamo, solo sei eroi. Senza scelta del ruolo all’interno del gruppo, senza selezione di classe. Ciascuno dei sei ha tutto il suo kit di avanzamento, molto corposo, con tantissime scelte, ma quello è. Il punto però è che quei sei sono stati testati moltissimo e per tutta la durata della campagna. La campagna è scritta su di loro, accadono cose proprio a loro sei. Perché anche se ne usate di meno, sono tutti presenti nella trama. Vivranno gli eventi da protagonisti perché quelli sono i loro eventi. Io non ho empatizzato molto con i personaggi che ho usato in Drunagor. Mi ha divertito il loro utilizzo, a livello di capacità e su un piano tattico. Ma non è accaduto nulla che me li farà ricordare negli anni avvenire. Mi sono rimasti molto più impressi personaggi di altri giochi, come Assalto Imperiale (con le missioni dedicate!), Case della Follia, Eldritch Horror e persino Time Stories o Tainted Grail. Sono delle formidabili e fredde macchine da guerra, questi qui, e mi piace la cosa. Perfette per chi cerca esclusivamente questo. Da guerriero navigato ve lo assicuro, lo fanno benissimo.
Vorrei adesso dire che Drunagor è un gioco appassionante ed adrenalinico. Vi piacerà.
A meno che non crediate che qualcuno si è impegnato per creare degli intermezzi tra le varie avventure minimamente rilevanti. Niente eventi cittadini, niente indagini, niente scelte, niente forgiature, niente interazioni di collegamento. Niente.
C’è la carta accampamento, che vi riassume in pochi punti quello che dovete fare a fine avventura. In modo che volendo, possiate cominciare subito la successiva.
Prima di eiettare sentenze, dovete rammentare che Drunagor si candida a diventare la pietra di paragone per questo genere di giochi. Sicuramente vi piacerà.
A meno che non siate giocatori pretenziosi che amano valutare con cura i posizionamenti, cercando zone poco raggiungibili dai nemici o dando vita a tattiche di coperture e di interposizioni. Non serviranno. Perché ci si muove in diagonale, l’acqua vi fa perdere al massimo una casella di movimento solo la prima volta che ci entrate dentro durante il vostro incedere, scalare diversi livelli di altezza è uno scherzo, volerete come brezza e le pareti verticali non vi fermeranno.
Se volete, potete usare tre azioni per muovervi di una cosa come nove caselle, sempre se non avete capacità speciali legate al movimento. E le avrete, oh se le avrete. E vale anche per i mostri. Sono prevedibili ma veloci, hanno un movimento medio da centometrista: siamo in una specie di Zombicide deterministico, ma al posto degli zombie abbiamo dei velocisti. Vi raggiungeranno quasi sempre, poco da stare a studiare il posizionamento, anche perché se vi allontanate troppo, vi perdete gli obiettivi e i cubi scorrono. Ma tanto attaccano sempre quello con più punti vita: esponete lui, riempitelo di bonus difensivi e picchiate forte. Sempre. Siete lì per questo.
Alcuni giochi hanno le caselle. Altri hanno le aree. Drunagor ha entrambi. Ha le caselle a quadretti e le aree che raggruppando quadrati di due caselle per due. Usa le caselle per certe cose, come per il movimento. Usa le aree per altre, come il raggio d’azione degli effetti.
Castle Ravenloft, nell’Anno de Signore Supremo 2010, per questo fatto di avere un sistema doppio di caselle e aree, utilizzate alternativamente per diversi effetti, è stato giudicato un gioco dal design confuso e dalle dinamiche poco eleganti. Oltre al fatto delle sue contraddizioni interne, con il dado da "20" per i tiri per colpire ma i danni fissi per eroi e mostri.
Va detto però che a me, sia in un giochino come Ravenloft, e ancor di più in un gioco massiccio come Drunagor, la doppia scelta di caselle-aree mi sembra ben pensata e funzionale.
Drunagor merita molto. Vi piacerà, con i suoi colori sgargianti.
A meno che non siate affetti da daltonismo.
Alcuni giochi sono concepiti pensando anche a giocatori con problemi di questo tipo.
Ad agosto esce Descent - Leggende delle Tenebre. Un gioco moderno, che, pensando anche a chi ha questo problema, presenta dadi di colori ma anche forme diverse. Inoltre, gli indicatori identificativi dei nemici, presentano sia una connotazione cromatica che un numero di tacche diverso tra l’uno e l’altro, proprio per mettere i giocatori affetti da questa problematica sullo stesso piano degli altri.
Per molti sono soltanto aggiunte superficiali. Ma la falange funziona quando riesce a chiudere gli scudi al meglio, anche se uno dei propri membri è ferito. È una questione di attenzione.
Considerazioni finali
Considerato tutto quello che ha scritto, il potente Sir Alric non può ritenere Le Cronache di Drunagor il dungeon crawler definitivo. Troppi problemi, troppi errori, troppi punti discutibili. Non con quell’intelligenza artificiale semplicistica. Non con quella povertà emotiva a livello di coinvolgimento con i personaggi. Non con quella gestione dei movimenti.
Il voto del mai generoso Sir Alric nei confronti di Drunagor è però un 7 pieno. E sarebbe stato anche un po’ più alto, senza alcuni scivoloni a livello di presentazione e playtest. Un voto pari a 7, dato da qualcuno che pone come confini in questo ambito il 9 dato a Gloomhaven e il 4 riservato a Dark Souls. Mediamente il 70% dei voti che ho rilasciato su BGG vanno dal 5 al 6, ho controllato poco fa.
Perché un voto così alto? Dopo tutte queste apparenti critiche?
Perché l'aspetto più importante in un gioco da tavolo è come rende quando lo si gioca, e il temibile Sir Alric con Drunagor si è divertito moltissimo. Come dissi per Conan della Monolith, ma in questo caso ancor di più, al netto di tanti difetti, quando la meccanica fondamentale di un gioco funziona a meraviglia, quando ti fa ragionare e ti mette di fronte a scelte concrete, questo ha un peso enorme sul suo valore.
Giocare a Drunagor è appagante. Il belligerante Sir Alric ama la battaglia. Combattere in Drunagor è avvincente. La scelta di ogni singolo cubetto da usare, da scartare, anche solo il colore, ha su di sé tutto il peso del destino dell’eroe.
È vero, c’è il dado a venti facce. Ma a parte gli "1" e i "20" naturali, che rispettivamente fanno perdere un cubetto di fatica e raddoppiano i danni inflitti, tutto il resto crea un’alternanza tra colpi a segno e altri a vuoto, che finiscono per rendere speciale la magia, infallibile e priva di tiri.
L'Oscurità è tema e meccanica al medesimo istante. È viva, ti segue, ti corrompe. È attorno a te. È dentro di te.
Le interazioni e il loro libro non sono quasi mai decisive, ma aiutano ad immergerti, se non nel mondo o nell’animo dell’eroe, almeno pienamente nella scena e nell’ambiente esplorato.
Detesto l’attivazione dei mostri. Ma hanno il pregio di essere contraddistinti da effetti caratterizzanti e di essere divisi tra un adeguato numero di ranghi e tipologie. Non sono moltissimi ma fanno il loro sporco lavoro.
L’evoluzione del personaggio è soddisfacente. Tante possibilità, che si concretizzano col peso di nuove azioni che si sbloccano. E sul ragionare al meglio, per combattere meglio, combattere sempre, senza sosta. Questo è il bello di Drunagor. Questo è il pane del guerriero.
Consiglio di acquistare il gioco di base Le Cronache di Drunagor a tutti gli appassionati di dungeon crawler. Solo il gioco base. Questi signori al momento non si meritano di più. Il gioco base basta e avanza per godersi il gioco a lungo, e il meglio è tutto lì.
Se proprio non resistete e volete un’espansione, puntate sul Deserto di Sfregio-Inferno. La mini-campagna è passabile e i due eroi barbari al suo interno sono interessanti.
Ma più che prendere espansioni, ascoltate Sir Alric. Prendete solo il gioco base. Vi basterà. E scrivete agli autori. Fategli i complimenti… per il gioco. Ma chiedete correzioni. E cura sulle espansioni. E attenzione.
Si scrive attenzione. Si legge rispetto.
Se siete sostenitori, pretendetelo sempre.
Da guerriero a guerrieri,
uniti nel gioco e nella battaglia.