Se siete in cinque e proprio non volete lanciarvi in una fantasmagorica briscola chiamata (pensateci bene, eh), né ammassare carrarmati viola nel Siam e verdi in Brasile, niente paura: ci sono tanti giochi che fanno al caso vostro.
Davvero: tante, tante scatole che aspettano solo di essere aperte.
Credetemi: lo so per esperienza.
Riempitivi, giochi per le feste e titoli che talvolta convincono perfino i genitori restii
Camel Up
Noto anche come
Camel Cup a causa di una nemmeno troppo astrusa lettura alternativa del logo sulla scatola, questo titolo di Steffen Bogen ha vinto lo
Spiel des Jahres nel 2014, quindi qualcosa di valido deve pur averlo. Nella fattispecie, si tratta di una corsa di cammelli governata dal dado e arricchita dalle scommesse dei giocatori che, per ogni tratta della corsa, devono fare i loro pronostici -e possibilimente arricchirsi (vince infatti chi alla fine della corsa ha arraffato di più). Degni di nota la piramide per i dadi e i cammelli in legno, sagomati in maniera tale da poter essere impilati per esigenze di gioco, che in questo modo si mantiene imprevedibile fino alla fine. Gioco per tutti, questo
Camel Up fa decisamente quel che gli si chiede - e in una mezz'ora scarsa.
Cyclades
Titolo del solito Bruno Cathala e di Ludovic Maublanc edito nel 2009,
Cyclades è un gioco di civilizzazione liofilizzato nei tempi (si sta nell'ora e mezza) e soprattutto nelle
meccaniche, al punto che l'unica risorsa è il denaro. Sfruttando i
bonus concessi dagli dei mentre nei prati e nei mari della Grecia scorrazzano diverse creature mitologiche, i giocatori devono cercare di fondare metropoli (con
set di edifici o grazie ai filosofi), oppure conquistare quelle avversarie. Sono previste delle battaglie - terrestri e marine - risolte a modificatori e lanci di dado più o meno influenti: questo può essere un fattore che fa storcere il naso a qualche purista - insieme al prezzo importante, s'intende (quest'ultimo giustificato dalla qualità delle carte e delle miniature). Il gioco è stato più volte espanso con monumenti, titani e antiche rovine. Le illustrazioni sono di Miguel Coimbra, il bravo disegnatore di
7 Wonders padre, figlio ed espansioni tutte.
Dixit
Altro gioco da tavolo premiato con lo
Spiel des Jahres, il capolavoro classe 2008 di Jean-Louis Roubira è un gioco che non invecchierà di un giorno, almeno fino a che l'uomo avrà fantasia. Al netto della bella scatola segnapunti coi relativi coniglietti di legno, il gioco consta di un mazzo di carte di grande formato, illustrato nelle prime uscite - numerosissime le espansioni, una delle quali,
Odyssey, amplia addirittura il gioco fino a dodici partecipanti - da Marie Cardouat. Proprio i celebri disegni - stranianti, oscuri, desolanti e onirici - dell'illustratrice francese sono una delle chiavi dello straordinario successo di
Dixit. La meccanica di gioco, semplice e geniale, fa il resto: un giocatore sceglie una delle sue carte, le abbina un indizio - né troppo ovvio, né troppo astruso, se vuole vincere - e lascia che tutti gli altri dapprima giochino una delle loro carte e, dopo che queste ultime sono state mescolate, tentino di indovinare quale sia la sua. Gioco da colpo sicuro. Immarcescibile.
For sale
Leggi il regolamento di
For Sale (gioco che vide la luce nel 1997, in piena preistoria) e non gli dai due lire; poi lo provi - complice anche una bellissima riedizione a opera di
uplay - e
scopri che questo titolo è un gioiellino. Ancora oggi. Il gioco è diviso in due distinte parti: nella prima i giocatori, partendo con la stessa somma di denaro, devono contendersi all'asta le abitazioni disponibili nel turno, ciascuna delle quali ha un valore che va dalla topaia
uno alla stazione spaziale
trenta. Nella seconda, offrendo al buio uno degli edifici conquistati, bisogna accaparrarsi gli assegni migliori sganciati dai compratori del momento. Chi si arricchisce di più vince; chi non ha il gioco, è probabile che arricchisca ancora Stefan Dorra.
Semenza (Bohnanza)
Semenza non è tra i primi titoli che vengono in mente parlando di Uwe Rosenberg; eppure questo
party game - nemmeno troppo breve, peraltro - è un piccolo, ancorché valido concentrato di programmazione, contrattazione e un pizzico di alea. I giocatori vestono i panni di coltivatori di fagioli e cercano di collezionare il maggior numero possibile di semi delle varie tipologie, in particolare quelli più rari e remunerativi. La particolarità del gioco è quella di non poter ordinare le carte in mano a proprio piacimento: vanno giocate - o vendute, o sbolognate - nell'ordine di acquisizione. Non è un gioco che si tira fuori spesso, ma sa regalare bei momenti.
Sheriff of Nottingham
Titolo del 2014 che reimplementa precedenti uscite, questo gioco di
draft,
bluff e collezione
set di Sérgio Halaban e André Zatz ha saputo dividere la platea tra appassionati e
detrattori come pochi altri, perlomeno nel suo segmento. I giocatori impersonano dei mercanti che intendono portare in città le loro merci - legali o di contrabbando che siano - dichiarandola alle autorità. Uno di loro, a turno, impersona il pingue sceriffo di Nottingham (il vecchio bracalone, insomma) il quale, a sua discrezione e nonostante i tentativi di corruzione, può decidere di esaminare il carico di uno di loro. La parte in torto - sceriffo o commerciante - deve pagare una penale. Si tratta del classico gioco dal regolamento scarno e traballante che però, con la giusta compagnia, può davvero divertire (è un requisito che si elenca spesso, quello della giusta compagnia, e in fondo è sempre vero; per certi giochi, tuttavia, è davvero fondamentale).
Titoli per i quali eventuali giocatori occasionali non vi guarderanno indignati
Citadels
Il capolavoro di Bruno Faidutti, la cui prima edizione è del 2000, è un piccolo gioiello caratterizzato da ruoli nascosti, poteri variabili e costruzione edifici. Dopo aver scelto segretamente uno degli otto ruoli disponibili (per esempio l'assassino, che può far saltare il turno di un avversario, o il condottiero, che può distruggere un quartiere altrui), in ordine, quando interpellato dal re, ogni giocatore deve svolgere un'azione (guadagnare monete o pescare carte edificio), può costruire un edificio e, soprattutto, sfruttare gli effetti del suo personaggio. L'interazione è molto forte, la meccanica solidissima, mentre la durata può allungarsi più del preventivato al crescere del numero dei giocatori (diciamo che l'ottimo può essere in cinque oppure in due, a seconda di quello che si chiede a un gioco). L'espansione, in genere inclusa, comprende ruoli alternativi e nuovi quartieri. Un vero e proprio classico, recentemente ripubblicato con una nuova grafica (sebbene la vecchia sia stupenda).
Cosmic Encounter
Gioco che vanta più reimplementazioni (se ne parla dal 1977) che partite portate a termine, in
Cosmic encounter i giocatori interpretano una razza aliena che controlla cinque piane
ti e, mediando tra battaglie e diplomazia, deve conquistare cinque di quelli altrui. Gioco di carte e di gettoni impilabili con
bluff, poteri variabili e quant'altro, si tratta di un vero e proprio classico dell'esplorazione spaziale. Più guidato dei tipici giochi di diplomazia e con un altissimo tasso di alea, è un gioco che fa del divertimento la sua ragion d'essere - a quanto pare, riuscendoci.
Descent: Viaggi nelle Tenebre (Seconda Edizione)
Reimplementazione ad autori vari del celebre gioco di Kevin Wilson, questo titolo dell'anno di grazia 2012 è probabilmente uno dei
dungeon crawler per antonomasia (col termine, piuttosto fastidioso ancorché di grande diffusione, si intende l'esplorazione di sotterranei di varia natura randellando mostri improbabili per accaparrarsi tesori inspiegabili: si tratta, come facilmente prevedibile, di una meccanica - passatemi il termine - particolarmente cara agli amanti di giochi di ruolo). Nel gioco, che prevede un
master, c'è tutto quello che ci si aspetta da un titolo della categoria: regolamento complicato, punti azione per i personaggi giocanti, dadi da tirare come se non ci fosse un domani, poteri variabili, gestione carte. Il gioco è stato a sua volta reimplementato, come potrete scoprire - se già non lo sapete - tra poco. Ma prima si parla d'altro, ché anche l'ordine alfabetico vuole la sua parte.
Kemet
Stesso anno (il 2012) per questo gioco di Jacques Bariot e Guillaume Montiage che, per ambientazione e tipologia - una sorta di gara a obiettivi in un lontano passato a cavallo tra
mitologia e realtà - ricorda il precedente
Cyclades. Ogni turno è articolato in due fasi: la notte, in cui si acquisiscono punti preghiera (la valuta del gioco) e si giocano le carte di intervento divino; ed il giorno, in cui i giocatori eseguono le azioni vere e proprie, tra le quali l'innalzamento di piramidi, l'acquisizione di tessere potere (necessarie per poter schierare le creature mitologiche) e il reclutamento di unità. Lo scopo - di sconvolgente originalità - è quello di ottenere un certo numero di punti vittoria. Sorta di ibrido tedesco-americano con una componente di civilizzazione, una manciata di alea che non guasta e, peraltro, con una durata tutto sommato contenuta (intorno alle due ore),
Kemet è un gioco che si rivela adatto a diverse categorie di giocatori - o perlomeno ai loro gruppi, quando questi ultimi lo propongono come compromesso dopo tre o quattro nobili rifiuti.
Railways of the World
Nel 2005 Glenn Drover (
Age of Empires III: vedi poi) e Martin Wallace pubblicano a quattro mani questa riedizione del precedente
Age of Steam, che reimplementa la stessa meccanica vista anche in
Railroad Tycoon. Quale che sia il titolo, si tratta di un ferroviario nel quale i giocatori devono costruire le loro linee e sfruttare i treni per il commercio di risorse. Come in molti giochi della - chiamiamola così - saga nazional-ferroviaria di Wallace, a condire il tutto la fase d'asta (molto cara all'autore), carte azione e una plancia che occupa tre quarti dell'Idaho. Nelle ristampe è già inclusa la mappa del Messico, più stretta quanto a spazi e quindi ideale da due a quattro giocatori. Rispetto ai giochi precedenti è migliorata anche l'ergonomia - ma è comunque un gioco di Wallace: non aspettatevi miracoli.
Star Wars: Assalto Imperiale
Dalla
Fantasy Flight Games arriva un gioco di schermaglie solido e vario, in pratica la reimplementazione della seconda edizione di
Descent nell'universo dei balocchi di
Star Wars,
tra colpi di spade laser, respiri affannati e wookie cucciolosi. Il gioco è organizzato in
scenari collegati da una campagna ed è proprio questa la versione consigliata per cinque giocatori, ciascuno dei quali muove un personaggio attraverso varie missioni, ognuna con mappa e obiettivo differenti. Uno dei giocatori manovra le forze imperiali, spostando le loro pedine e crcando in tutti i modi di mettere in difficoltà i buoni. Un sistema di punti esperienza consente di acquisire sempre nuove abilità e personalizzare il proprio personaggio e la propria fazione. Tanti tiri di dado - ma anche strategia e tattica - in uno dei giochi di schermaglia più apprezzati degli ultimi anni (al netto del fatto che il marchio
Star Wars renderebbe apprezzati anche dei cotton fioc di carta vetrata).
Titoli per giocatori che sanno il fatto loro
Age of Empires III: L'era delle scoperte
Gioco di Glenn Drover del 2007,
Age of Empires III: L'era delle scoperte è un piazzamento lavoratori che strizza l'occhio all'altra sponda del gioco da tavolo - quella del nuovo mondo - grazie alla sua notevole interazione. I giocatori, come lascia immaginare il nome da nostalgia videoludica, vestono i panni di avventurieri/mercanti - in percentuale variabile - che devono arraffare merci e risorse necessarie per spedire coloni oltre Atlantico, finanziare le loro esplorazioni e finanche le loro battaglie contro indigeni e avversari. L'ambientazione si fa sentire e, nonostante qualche problema di ergonomia e di componentistica, è tutt'oggi un titolo più che valido.
Caos nel Vecchio Mondo (con l'espansione The Horned Rat)
Di per sé, questo titolo del 2009 che porta la firma di Eric M. Lang, (il futuro responsabile di
Blood Rage) regge fino a quattro giocatori; è però l'apprezzatissima espansione
The Horned Rat a dargli una nuova, notevole veste per cinque giocatori: nei panni di uno degli dei del caos, i giocatori - ottenendo benefici dalle conquiste ed evocando creature e cultisti - devono garantirsi il controllo del territorio, finanche devastando intere regioni. La caratteristica del titolo è che, dovesse la partita finire - al più in un paio d'ore - senza che nessuno raggiunga una delle condizioni di fine vittoria, il gioco provoca la sconfitta di tutti i giocatori, come a simboleggiare la vittoria dell'umanità sulle forze del male. Gioco di maggioranze con forte componente bellica, è tuttavia un gioco meno americano di quanto si possa pensare: anche i dadi, che pure ci sono, influiscono fino a un certo punto. Tra i difetti - come per tutti i giochi di maggioranze - la scarsa scalabilità. Ma stavolta siamo in cinque; giusto?
El Grande
Grande classico del 1995 a firma Wolfgang Kramer e Richard Ulrich,
El Grande è tuttora tra i migliori giochi di maggioranze. I giocatori impersonano famiglie nell'orbita della corte spagnola e, scegliendo tra cinque carte disponibili in ogni turno, devono contendersi il controllo delle regioni non lesinando colpi bassi e rimozioni forzate di cubetti -
meeple nella nuova
Big Box, comprensiva di tutte le espansioni - e senza sottovalutare le implicazioni mnemoniche connesse al celebre
castillo. A fronte di una grafica un po’ spartana e di una certa astrattezza, il titolo ripaga con trovate di notevole eleganza (per esempio nella gestione dell'ordine di turno) e un’interazione diretta davvero difficile da trovare in un gioco alla tedesca. Non scala bene; ma in cinque - e anche in quattro - è ancora tra i migliori giochi in circolazione.
Tout court.
Hansa Teutonica
Questo titolo di Andreas Steding edito nel 2009 è una sorta di bigino del gioco da tavolo alla tedesca: ha infatti una durata contenuta, un'ambientazione che nemmeno sto a descrivervi perché tanto non c'è, punti azione da spendere, cubetti e cilindretti e quant'altro che ogni lanciatore di dadi giudicherebbe quantomeno abominevole. Eppure, questo gioco di costruzione reti e
scalzamento lavoratori spicca per scalabilità, eleganza e - inaspettatamente - anche per una certa interazione non proprio all'acqua di rose. Certo, è astratto come un quadro di Kandinskij.
Imperial/Imperial 2030
Imperial è probabilmente il vertice della produzione di Mac Gerdts, autore i cui giochi presentano un'eccezionale rapporto tra profondità e complicazione, essendo generalmente caratterizzati da regolamenti piuttosto semplici ed eleganti. In
Imperial (2006) e nella sua reimplementazione futuristica del 2009 - la quale presenta piccoli accorgimenti alle meccaniche non sufficienti tuttavia a farlo considerare un gioco a sé - i giocatori rappresentano dei finanziatori che agiscono nell'ombra, influenzando i governi delle potenze (europee o mondiali a seconda del caso) per aumentare il loro profitto. Quale dei due titoli scegliere è soggettivo: molti - non tutti - tendono a preferire
Imperial 2030, sacrificando un'ambientazione decisamente migliore (gli albori del Novecento) in favore di un gioco per certi versi migliore. In ogni caso si cade in piedi, perché in questi due giochi l'implementazione della rondella è pressoché perfetta.
In the Year of the Dragon
Uscito nel 2007,
Nell'Anno del Dragone è probabilmente il titolo che - ancor più di
Die Burgen von Burgund - riesce a creare un punto
d'incontro tra sostenitori e detrattori di Stefan Feld, piacendo spesso più ai secondi. I giocatori, nei panni di nobili cinesi in cerca di prestigio, devono assoldare monaci, costruttori, donzelle e chi per loro e, possibilmente, muoversi per tempo così da sopravvivere alle immani tragedie che il gioco sbatterà loro contro, mese dopo mese, nemmeno si intitolasse
Nell'anno dell'Erario. L'interazione è sì indiretta, ma è talmente feroce e opprimente da ricordare quella al tavolo degli aperitivi a un matrimonio. Come spesso succede nei giochi di Feld, al tracciato dei punti vittoria si unisce anche quello dell'ordine di turno, in questo gioco più importante che mai, data la necessità di un continuo bilanciamento tattico tra azioni efficaci e tentativi di risalita. Per anni introvabile o quasi, il gioco è stato recentemente ristampato: fateci un pensierino.
Principi di Firenze
Wolfgang Kramer e i due Ulrich (Richard e Jens Christopher) nel 2000 se ne escono bel belli con un piccolo classico di aste e piazzamento tessere. In P
rincipi di Firenze i giocatori impersonano i membri di una famiglia aristocratica della città toscana nel periodo del Rinascimento e dovranno assumere costruttori, artisti e compagnia cantante per aumentare il proprio tornaconto e - soprattutto - i punti vittoria a fine partita (detta così, potrei aver descritto metà della produzione di giochi da tavolo mondiale, ma fatevelo bastare). Due le parti del turno: appunto le aste, anche molto feroci, e la fase azioni, caratterizzata da un'interazione ai minimi termini. Il tutto con grafica discutibile, materiali spartani ma funzionali e una fastidiosa strategia dominante arginabile con regole
ad hoc. Nel complesso, un titolo decisamente profondo e nemmeno troppo lungo da giocare. Da non confondersi con
Principi del Rinascimento (di cui a breve), gioco che con le aste, la città di Firenze e le famiglie nobiliari ha ben poco da spartire. In meno rispetto a questo gioco, s'intende.
Space Alert
Può esistere una rassegna di giochi da tavolo senza citarne nemmeno uno di Vlaada Chvátil? Certo, che diamine; ma non è questo il caso. Nel 2008 il genietto ceco, uno capace di spaziare tra un capolavoro
allucinante come
Through the Ages e una piccola gemma come
Nome in Codice - per tacere di quel gioco dove è riuscito a far passare i cubetti marrone come la merda - propone nientepopodimeno che un collaborativo in tempo reale, della durata di mezz'ora circa, con ambientazione spaziale e meccanica principale di tipo
card driven (ossia "guidata dalle carte", come in
Twilight Struggle, per intenderci). Sono le carte, giocate simultaneamente, a permettere infatti ai giocatori di programmare le proprie azioni e consentire loro di uscire indenni da un settore spaziale sconosciuto. I tempi di gioco, rapidissimi, sono dettati da un cd audio: fattore questo che, se da un lato aumenta il coinvolgimento generale, dall'altro contribuisce pure a limare i difetti tipici di questa tipologia di giochi - primo fra tutti quello del giocatore dominante, che qua - letteralmente - non ha il tempo per tenere i suoi sermoni. Al netto di una scalabilità non eccellente, probabilmente
Space Alert è tra i migliori collaborativi di sempre.
Titoli per giocatori irrecuperabili
1830: Ferrovie e capitani d'industria
Il gioco, che porta la firma di Francis Tresham ed è stato pubblicato nel 1986, è tra i più celebri e celebrati titoli della galassia degli
18xx, serie creata proprio da Tresham con
1829 e caratterizzata da ferroviari nudi e crudi che poco lasciano all'occhio e molto pretendono dal cervello. Non fa eccezione questo titolo per il quale dovete mettere in conto tre, quattro, perfino sei ore.
1830 è un gioco di costruzione reti ferroviarie con una spiccata vocazione borsistica: i giocatori infatti interpretano gli azionisti di varie compagnie ferroviarie. I guadagni delle ferrovie, in particolare, possono rimpolpare le casse delle stesse a discapito degli azionisti stessi, oppure tramutarsi direttamente in appetibili dividendi per questi ulitmi. Grafica spartana e molta sostanza, insomma: se volete approcciare i
18xx, questo titolo - il cui nome originale è
1830: Railways & Robber Barons - può essere un buon punto di partenza (al limite preceduto da
1889, una sorta di versione liofilizzata in salsa nipponica).
Automobile
Ancora Martin Wallace per questo azionario con poteri variabili edito nel 2009 in una prima edizione dalla componentistica di livello basso perfino per il prolifico autore inglese (fort
unatamente col tempo le cose sono migliorate, tanto che il gioco è riemerso dalla sorta di oblio nel quale si era rintanato: destino questo curiosamente simile ad altri giochi del valido autore britannico). Nei panni di costruttori, i giocatori dovranno produrre automobili sempre più moderne e decidere su quali modelli puntare e quali abbandonare, in virtù della propensione del pubblico acquirente per il nuovo - un po' come per i giochi da tavolo, insomma. In
Automobile, tutto quanto - come, cosa e quanto produrre - è volto solo a fare più soldi possibile; i poteri di cui prima sono assicurati da una manciata di personaggi realmente esistiti, da Ford a Chrysler. Gioco estremamente punitivo e del tutto inadatto ai neofiti,
Automobile è probabilmente uno dei capolavori misconosciuti dei giochi economici. Nel 2015 la meccanica del titolo è stata ripresa da
Ships, gioco che questa volta verte sulle navi, così da evitare l'altrimenti inevitabile espansione
Marchionne.
Battlestar Galactica
Se
Space Alert è tra i migliori collaborativi puri di sempre, questo titolo (2008) del brillantissimo Corey Konieczka - sorta di fuoriclasse dello sfruttamento licenze - è tra i più apprezzati semi-collaborativi con ruoli nascosti (cosa che vuole essere un complimento, anche se, detta così, è un po' come dire che Georgatos è il miglior greco che abbia mai giocato nell'Inter). Tratto - peraltro molto bene - dalla prima stagione della nuova serie omonima,
Battlestar Galactica è un molosso - può richiedere anche quattro o cinque ore - con meccaniche di
bluff, spostamento-e-azione e pesca di carte, il tutto impreziosito da votazioni segrete e da tanta, tanta ansia per gli eventuali traditori
cylon nascosti nell'equipaggio, con lo scopo di sabotare la missione degli umani.
Battlestar Galactica scala bene ma non benissimo (probabilmente meglio in numero dispari) e richiede parecchia attitudine tra i giocatori: immaginatelo come un gigantesco
The Resistance: Avalon, altro titolo che - senza la parte di metagioco - perde parecchio. In definitiva una produzione imponente con ottimi materiali - una costante della
Fantasy Flight - e una miriade di espansioni che vanta un seguito di appassionati non da poco, tanto che qualcuno - esatto: lui - l'ha definito "il
Puerto Rico degli americani".
Principi del Rinascimento
Recentemente ristampato per la gioia dei sostenitori del buon Martin Wallace, questo capolavoro ormai vecchietto (è del 2003) ha ancora molto da dire in una meccanica - quella
delle aste - particolarmente cara all'autore tanto quanto clamorosamente sgradita a buona parte della popolazione giocante mondiale. I giocatori impersonano una delle famiglie nobiliari (per esempio gli Este o i Bentivoglio) impegnate a conquistarsi posizioni di prestigio nelle principali città italiane del Rinascimento - che, per inciso, sono le stesse di ora. Per raggiungere tali scopi, i giocatori possono acquisire truppe militari ed ergersi a campioni delle città stesse, influenzarne nobiltà e mercanti, ingaggiare artisti, finanche fare eleggere al soglio pontificio un membro della propria dinastia: tutto questo, appunto, tramite aste. Si può inoltre aggiungere che
Principi del Rinascimento ha una pur piccola componente azionaria: la particolarità del punteggio è, infatti, quella di considerare il valore finale delle cinque città, rendendo quindi necessaria una grande pianificazione nella scelta delle relative tessere da acquisire durante il gioco e, di conseguenza, agevolando colpi bassi e guerre per convenienza. Insomma, lato estetico dimenticabile e scarsa presa su molti giocatori non devono convincervi del contrario:
Principi del Rinascimento è un gran gioco.